Adesso è finalmente chiaro a tutti: non esiste alcun complotto eversivo. Esiste invece un ‘disegno’ eversivo, con un solo unico responsabile. Si è incaricato di chiarirlo oltre ogni ragionevole dubbio il fondatore di ‘Repubblica’, Eugenio Scalfari, assumendosene il merito e la responsabilità con il suo editoriale di domenica. Compaiono, accanto a questo ‘grande vecchio’, regista unico del disegno, alcuni occasionali comprimari come, ad esempio, Massimo D’Alema. L’ex leader, ormai isolato e fuori dal gioco, soprattutto dopo la candidatura - Bersani e ancor più dall’appoggio di Letta, ha infatti tentato di accreditarsi come partecipe al ‘grande gioco’ con il modesto mezzuccio di anticipare qualche frammento di notizia rubacchiato da informazioni provenienti dal proprio collegio elettorale. Penoso. Il fatto è che nel vuoto pneumatico di capacità politica del Pd, ‘Repubblica’ esercita appieno un ruolo di supplenza. Non è un giornale vicino all’opposizione: ‘Repubblica’ è l’opposizione. La riprova? La raccolta di firme contro la proposta di legge sulle intercettazioni telefoniche: un’azione politica bella e buona. Con grande chiarezza, Sandro Bondi ha stigmatizzato come questa anomalia sia un pericolo per la democrazia. Un partito si presenta alle elezioni, verifica il consenso con i propri cittadini: ‘Repubblica’, e per essa il suo editore, e con questo i suoi affari e i suoi interessi, no. Non perde mai le elezioni, un giornale. Ma può sempre e comunque fare campagne denigratorie, enfatizzare e drammatizzare notizie, suscitare e alimentare emozioni, produrre effetti destabilizzanti. Si pone quindi il problema delle armi politiche da utilizzare per difendersi dal ‘giornale – partito’. Ne vedo una sola: scoprirne il gioco, denunciare, come stiamo facendo, l’operazione in essere. Il re è nudo, si tratta di dirlo per non subirne l’egemonia. Il caso Minzolini è, sotto questo profilo, emblematico: un giornalista con responsabilità di direzione assume la propria linea editoriale rifiutando di confondere il pettegolezzo con la notizia e viene aggredito violentemente e denigrato. La sua scelta può essere discutibile, come tutte le scelte, nessuna esclusa. Ma qui non si discute, si demonizza, si dice che è un ‘venduto’, si tenta di azzerarlo. Perché tanta violenza? Semplice: perché la battaglia è ‘campale’. Oggetto non è la decisione di Minzolini, ma la possibilità di uscire dal diktat informativo del ‘partito – giornale’, dall’egemonia di cui questo ha bisogno per realizzare il proprio disegno politico. ‘Repubblica’ sa che deve trascinare con se la gran parte della comunicazione italiana in questa permanente guerra del ‘gossip politico’, in questa palude del sospetto e del torbido. Se resta sola, i lettori possono accorgersi che per oltre due mesi ‘Repubblica’ ha quotidianamente pubblicato due o tre pagine sull’inesistente notizia della festa di compleanno della signorina Noemi. Infinitamente meno spazio è stato dedicato, per esempio, alla rivolta in Iran o al nuovo corso della politica mediorentale di Obama. E’ libertà di informazione questa? E’ voler fornire notizie ai cittadini? No: è battaglia politica con armi improprie. La degenerazione del passaggio da giornale politico a ‘giornale – partito’ è già avvenuta, quella da ‘giornale – partito’ a ‘giornale – untore’ è in corso. Se la comunicazione italiana riuscirà a restarne indenne isolando il virus, che è insidioso anche perché inizialmente, come la droga, produce l’euforia di un aumento delle vendite, potremo riconoscere che la civiltà ha prevalso e potremo rivolgerci a Scalfari chiedendogli, appunto: “Usque tandem abuteris patientia nostra”?