In Italia, un argomento sempre molto dibattuto e mai passato di moda è certamente quello che riguarda, in particolare, la libertà della donna di scegliere o meno l’interruzione di gravidanza. Laici e religiosi, uomini e donne di destra e di sinistra si sono da sempre scontrati sulla liceità dell’aborto e sul desiderio e sulla necessità, ritenuta tale per alcuni, di riformare la legge che garantisce alle donne la libera scelta di interrompere o meno una gravidanza indesiderata o rischiosa per la vita e la salute mentale della donna stessa. E proprio nel corso della ultima campagna elettorale, tale sentimento morale ed etico ha deciso di tornare alla ribalta, grazie anche alla creazione di un movimento che già dal suo nome si proponeva di sostenere una moratoria sull’aborto, nella speranza di smuovere a tal punto le coscienze, soprattutto quelle cattoliche e laiche che si riconoscono nel Partito delle Libertà, da chiedere una riforma della legge 194 del 1978. Il problema dell’interruzione volontaria di gravidanza è certamente una questione da secoli lungamente dibattuta, sia nel mondo cristiano-cattolico, sia in quello religioso nel suo complesso, sia da una parte di non religiosi che credono nell’obbligatorietà della donna di dover partorire, anche contro la propria volontà e nell’immoralità (non religiosa, bensì “umana”) di non desiderare il portare a compimento la gravidanza. Non vorrei però in questa sede soffermarmi troppo sulle questioni morali, etiche, mediche e umane dell’argomento e, soprattutto, sul ruolo che uno Stato laico come il nostro deve mantenere al fine di tutelare il benessere dell’intera collettività e non seguire i desideri di singoli individui. Vorrei dunque portare ad esempio il caso, o per meglio dire l’esperienza, del diritto musulmano classico a tale proposito e la soluzione teologica cui i giuristi islamici sono giunti nel corso dei secoli. Nella dottrina islamica classica l’interruzione di gravidanza è lecita e legittima e può avvenire entro determinati limiti temporali dal concepimento. A seconda delle scuole giuridiche sunnite (che sono quattro e si dividono in: malichita, sciafiita, hanbalita e hanafita, la cui influenza comprende tutte le regioni medio-orientali che vanno dal Marocco, l’occidente islamico, al Sud-est asiatico, l’estremo oriente islamico) l’aborto può avvenire, a seconda del caso specifico e dunque alle differenti necessità della donna, entro i primi 120 giorni, 80 o 40 giorni, dal concepimento: momenti questi nei quali secondo la dottrina avviene l’infusione dell’anima nel feto. Ma è inoltre possibile ugualmente operare un aborto anche quando questi termini sono passati e quindi quando si ritiene che l’anima sia già stata infusa nel feto, nei casi in cui ci siano seri rischi per la salute della donna, poiché secondo la maggior parte dei giuristi la salute e la vita della donna hanno più valore rispetto a quella del feto, in quanto forma di vita già sviluppata ed eventualmente ancora nuovamente fonte di vita. Tutto questo veniva discusso e legittimato già dal VII secolo dopo Cristo. Credo che difficilmente si possa essere favorevoli all’aborto come sistema anticoncezionale tout court, indubbiamente la scelta ultima e la più drammatica che una donna possa compiere nel corso della propria vita, ma altrettanto non credo che esista nessun uomo o donna che non voglia poter essere libero di scegliere della propria salute e della propria vita, e nessuno Stato, che si professa laico e democratico, ha il diritto di negare tale libertà. Auspico che oggi sia possibile modificare l’idea che noi italiani e occidentali abbiamo del mondo e della religione islamici, cominciando a compiere una distinzione tra quello che la politica nella sua complessità vuole farci vedere e quello che in realtà è la cultura arabo-islamica che tanto ha dato alla storia della costituzione del mondo occidentale, che senza le sue scoperte nel campo della scienza, della matematica, della letteratura, della filosofia e della medicina, forse non avrebbe raggiunto il livello di sviluppo scientifico e culturale che oggi possediamo.