Elisabetta Lattanzi

Dopo la minaccia del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di poter decidere di non intervenire, in caso di aggressione a uno Stato alleato se questo non provvede alla propria difesa, l’Unione europea è piombata nella paura della guerra e, immediatamente, è scattata la corsa ad armarsi. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha velocemente presentato un programma di riarmo, subito approvato in via informale dal Consiglio europeo e, addirittura, senza rispettare rigorosamente i ‘paletti’ di bilancio che solitamente vengono imposti per altre situazioni. La presidente ha affermato che è necessario costruire una difesa comune, perché la Russia rappresenta “un vicino ostile”. Ci si chiede se davvero la Russia potrebbe avere l’intenzione di invadere uno Stato europeo, come per esempio la vicina Polonia o le Repubbliche baltiche. Secondo gli ultimi sondaggi, la maggioranza degli italiani ha paura che possa scoppiare la terza guerra mondiale ed è favorevole al riarmo dell’Ue con conseguente creazione di un Esercito europeo, ma resta la delusione per il destino dei soldi a favore delle armi, piuttosto che alla sanità, alla scuola e alle politiche di welfare. L’opinione pubblica è disorientata; le informazioni che forniscono i leader politici sono spesso poco chiare: dopo il Covid bisogna abituarsi a convivere con la paura della guerra? Improvvisamente, l’Unione europea si è svegliata e si è resa conto di essere vulnerabile? Abbiamo vissuto un lungo periodo di pace, dopo il secondo conflitto mondiale. E non abbiamo fatto i conti con il futuro: ogni Stato ha dormito sogni tranquilli e, sicuro della protezione della Nato, non si è posto il problema di dotarsi di armi nucleari, di droni, di sofisticate attrezzature militari di 'cyber sicurezza', o di aumentare il numero dei militari nei vari eserciti. In ogni caso, il programma per il riarmo dell’Europa prevede 800 miliardi di euro per le spese destinate alla difesa: non era mai stata stanziata una cifra così grande per altri progetti. Ogni volta che il Consiglio europeo proponeva qualcosa, i tempi erano biblici, mentre in questo caso sono risultati fulminei. Il piano è stato criticato dalle forze politiche del parlamento Ue, sia di destra, sia di sinistra, perché troppo frettoloso e illogico. In Italia, il Partito democratico si è rivelato parzialmente contrario, mentre il Movimento 5 stelle lo è totalmente. All’interno della maggioranza di governo, la Lega di Salvini, che è anche vicepremier, ha espresso il proprio disappunto. Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato che “l’Italia farà la sua parte, ma bisogna definire cosa è necessario, distinguendo tra bisogni immediati, come la difesa dell’Ucraina e la strategia sulla sicurezza a lungo termine dell’Ue”. Inoltre, sempre il ministro Giorgetti ha precisato che “il finanziamento per la difesa non sarà a scapito di sanità e servizi”. Trovati i soldi, ci si chiede dove e da chi saranno acquistate le armi. La Germania ha proposto di riconvertire il settore automobilistico (in crisi) in industria bellica; la Francia si sente orgogliosa delle proprie testate nucleari (ma non basterebbero); l’industria della difesa italiana, in particolare la società 'Leonardo', poggia molto sulla componentistica statunitense. Occorre, dunque, non sprecare le risorse, ragionando a lungo termine sulle strategie di difesa, ma con le idee chiare sia sui confini orientali e quelli del Mediterraneo, sia all’interno, contro possibili attacchi terroristici. Per ora tante parole, ma in concreto gli italiani continuano a non capire cosa aspettarsi. E il governo sembra ‘navigare a vista’.


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