Anna Maria Baiamonte

Di 'Adolescence', miniserie crime targata Netflix che ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica, si è parlato e scritto molto. Quattro puntate tutte girate in un unico piano sequenza: una sola ripresa continua senza tagli, come quattro 'pugni' che vanno dritti allo stomaco. Co-scritto e diretto da Philip Barantini, regista e attore di ‘Liverpool’ che nella serie interpreta il ruolo del padre del tredicenne Jamie, accusato dell’omicidio di una compagna di scuola, 'Adolescence' mette in scena i peggiori incubi di una famiglia media, mediamente istruita, mediamente felice, mediamente equilibrata, insomma: ‘normale’ o nella quale chiunque si può riconoscere. Il focus, almeno nelle prime tre puntate, è tutto concentrato su di lui: l’adolescente dal viso d’angelo – non a caso il giovane interprete, Owen Cooper, che di anni oggi ne ha 15 ed è stato incoronato dalla critica come il “il nuovo Leonardo Di Caprio”. Carnefice e vittima, in realtà, la soglia è opaca. Alla base del gesto criminale ci sarebbe, infatti, una violenza subita a sua volta attraverso i commenti social: una forma di cyberbullismo che rimbalza di smartphone in smartphone e ferisce, appunto, come un coltello, portando Jamie a convincersi di essere un ‘incel’. Vediamo di cosa si tratta. Contrazione di “involuntary celibates" (celibi involontari, ndr) la parola designa un ecosistema che vive quasi esclusivamente online, composto da uomini – ma l’universo incel è eterogeneo e comprende ogni orientamento sessuale – convinti di non essere in grado di accedere alla sfera dell’amore e del sesso perché non si soddisfano determinati "canoni di mascolinità socialmente riconosciuti", secondo quanto spiega in un report del 2021 la Radicalisation Awareness Network (Ran): una rete di operatori, professionisti e autorità che lavorano alla prevenzione e contrasto dell’estremismo violento, finanziata dal Fondo per la sicurezza interna della Commissione europea. Insomma, fenomeno complesso e di difficile mappatura, che ha guadagnato notorietà a partire dalla metà degli anni ‘10 del XXI secolo, l’inceldom, il regno degli 'incel', è popolato da individui che si ritengono incapaci di stabilire o mantenere una relazione affettiva o sentimentale, per motivi che non dipendono da loro, ma dalla società contemporanea, che favorisce le donne e opprime gli uomini, soprattutto quelli svantaggiati per avvenenza, posizione sociale, disponibilità economiche. Un concetto sintetizzato nell’acronimo Lsm (Look, status, money, ndr), basato sulla presunta regola dell'80/20, cioè che l’80% delle donne sarebbe attratta dal 20% della popolazione maschile: una minoranza composta dagli uomini più affascinanti e di successo, cioè gli 'alfa' o 'chad'. Una forma di sottocultura che stereotipizza entrambi i generi e può incoraggiare atteggiamenti estremi, correlati alla violenza, alla misoginia, all’autolesionismo fino al suicidio, oltre che provocare isolamento, frustrazione, autocommiserazione, insicurezza e una vasta gamma di complessi mentali. L’ideologia 'incel' si sviluppa in quella che viene chiamata manosfera: uno spazio online che promuove la misoginia e si oppone al femminismo, presente su siti dedicati e forum (tipo incels.is e looksmax.org, tanto per citare i più frequentati); social media tradizionali come X (ex Twitter), Facebook, Instagram e YouTube; servizi di messaggistica, piattaforme più o meno regolari (Reddit e subreddit, 4chan, 8chan/8kun). Secondo una ricerca compiuta dal Centre for Digital Youth Care, all’interno di questi spazi virtuali si addensano diverse comunità: Men’s Rights Activists (MRAs), movimento estremo di reazione al femminismo e al multiculturalismo, il cui obiettivo è di ridurre i diritti degli altri, piuttosto che ottenerne di maggiori per sé; Men Going Their Own Way (Mgtow): uomini “che vanno per la loro strada”, per i quali la società, corrotta dal femminismo, è assimilata a una 'piantagione' dove gli uomini sono gli schiavi e le donne le padrone, che deve essere combattuta in nome dell’autoconservazione del genere maschile; i Pick-Up Artists (Pua), letteralmente “artisti del rimorchio”, altrettanto critici e aggressivi nei confronti del femminismo e dell’emancipazione femminile. Secondo i Pua, le donne sarebbero, più che schiaviste, paragonabili ai portieri o alle linee difensive in un campo di calcio che devono essere ingannate e sconfitte per poter raggiungere l’obiettivo. Per quest’ultimo gruppo, ottenere il favore di una donna attraverso ogni possibile sotterfugio è un’arte, se non proprio una scienza. Per esempio, sminuendone il valore e l’autostima (il concetto si chiama negging, ndr); oppure, riducendone la resistenza fisica e mentale. Tra gli aspetti più controversi delle comunità Pua, al limite dell’illegalità quando non dello stupro, rientrano le Lmr (Last Minute Resistance Tactics): ovvero, le tattiche di resistenza utilizzate se la donna rifiuta, all’ultimo minuto, di fare sesso, nonostante una situazione sessualmente promettente. In Europa, gli utenti 'incel' appartengono a tutti gli Stati dell’Unione, con una maggior prevalenza in Germania. Il fenomeno, tuttavia, ha assunto ampie proporzioni soprattutto negli Stati Uniti e nel Canada, dove alcuni ‘incel’ si sono resi responsabili di attentati di massa. A cominciare dal 22enne Elliot Rodger, che prima di suicidarsi ha ferito e ucciso diverse persone negli attacchi di Isla Vista, in California, nel 2014; o da Alek Minassian, autore della “ribellione incel” che, nell’aprile del 2018 a Toronto, ha ucciso dieci persone lanciandosi con il furgone tra la folla. Passiamo in rassegna un po’ di terminologia 'incel', anche con il supporto di uno studio pubblicato dalla Cornell University. Innanzitutto, ci sono i 'Blackpilled' (letteralmente: “Pillola nera”, ndr), mossi da un generale atteggiamento disfattista di chi ritiene che la propria situazione non abbia margini di miglioramento. Viceversa, ci sono i 'Redpilled' (“Pillola rossa”, ndr), cioè gli 'incel' che aspirano e si impegnano a ottenere maggiore successo, per esempio massimizzando il proprio aspetto fisico (processo chiamato: "looksmaxxing", ndr) anche ricorrendo a pratiche estreme. A differenza dei “blackpillati”, il target dell’odio dei “redpillati” sono, più che le donne, gli uomini 'chad', i pochi fortunati ai quali le donne riservano tutte le attenzioni; i 'Beta-bux' sono, invece, gli uomini 'incel' che hanno guadagnato un’ascesa sociale e un maggiore successo con l’altro sesso, ma solo parzialmente, momentaneamente o periodicamente. Le donne che, consapevoli del proprio appeal, li sfruttano, concedendosi a pochi maschi 'eletti' per non sminuire il proprio “valore di mercato”, sono chiamate ‘Stacy’, rappresentate come promiscue e superficiali, mentre con ‘Becky’ vengono identificate le donne non altrettanto attraenti, spesso trasandate, che però riescono a dominare gli uomini con l’intelligenza. Gli 'incel' stessi, infine, si definiscono ‘normie’ (normali) o ‘virgin’ (vergini). Un linguaggio misogino, affidato all’umorismo per essere reso accettabile, che conferisce una percezione di potere e legittimità a coloro che lo adottano. Va da sé, che la sottocultura ‘incel’ non riguarda solo l’incapacità di trovare un/una partner, ma ha radici profonde nel nichilismo, nel disprezzo di sé e nelle molte insicurezze psicologiche che gli uomini si trovano, oggi, ad affrontare, portandoli a sviluppare una mascolinità tossica. Il fenomeno, ampio e radicato a livello globale, si può prevenire e arginare grazie all’alfabetizzazione digitale, all’educazione di genere e alla demistificazione della sessualità, per consentire soprattutto ai più giovani di acquisire una prospettiva più sana verso se stessi e nei confronti delle donne.


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