Adesso lo sappiamo con la certezza dell'ufficialità: il prof. Carlo
Marcelletti si è suicidato. Il risultato dell'autopsia ordinata dal Pm
attesta un eccesso di farmaci cardiaci che hanno provocato l'infarto
letale. Prima dell'ufficialità il dubbio già albergava in molti. C'è
troppo contrappasso in un cardiochirurgo che muore d'infarto. E poi non
era difficile immaginare che a tanto potesse arrivare un uomo di valore
e di successo, così violentemente scaraventato fuori dalla propria
vita, annullato professionalmente, mortificato dall'accusa di reati
infamanti, diffusi universalmente dalla tecnologia della società
globale ma che hanno un portato di barbara crudeltà medioevale. E'
morto innocente Marcelletti, perché quel processo che doveva appunto
servire a verificare se le accuse corrispondessero al vero, in tutto,
in parte o per niente, non si è ancora svolto. Intanto, la pena
anticipata della distruzione di una vita, sacrificata come tante,
troppe altre, all'altare della vanità del gossip giudiziario, del
feticcio della libertà d'informazione che altro non è che la
celebrazione di un potere devastante e inumano si è consumata.
Irreversibilmente. Che bisogno c'era di andare oltre, di profanarne
anche la morte? Il suicidio, per il momento, non è ancora reato, non
c'è nessuna ipotesi di omicidio o di altri reati, non c'è nessuno
iscritto al registro degli indagati. Che significato ha accertare
ufficialmente ciò che molti amaramente nel proprio intimo già
ipotizzavano, se non dare ai media anche questo ultimo macabro trofeo?
Ci sarà, certamente, nei nostri codici un articolo che consente al
magistrato di procedere in tal modo. Verosimilmente, non c'è abuso di
legge. Ma, riteniamo, c'è abuso di inciviltà, di insensibilità, di
immodestia, di sopraffazione, di onnipotenza, di umanità. E forse, da
parte di tutti, c'è anche abuso di assuefazione. Ai tanti ‘moderati’
che si sono ‘scalmanati’ per il penoso caso di Eluana, ai tanti che si
battono per difendere la vita, una supplica: c'è bisogno, ogni tanto,
di impegnarsi per difendere anche la morte.