Vittorio Craxi

Il Partito socialista non sta soltanto affrontando una difficile campagna elettorale, ma intende, con la sua ritrovata unità, con il suo orgoglio e con il proprio senso di appartenenza ad una grande storia, affermare che difenderà con vigore i principi di una democrazia che vediamo, giorno dopo giorno, messa in pericolo da chi si è fatto largo con arroganza e prepotenza. Noi siamo stati complici involontari, coi nostri errori e le nostre divisioni di tutto ciò. Ma se pensano di chiudere, offendere o svendere la storia socialista ciò significa non conoscere né la Storia, né i socialisti. Noi nasciamo per difendere il mondo del lavoro, siamo cresciuti allargando i confini della nostra cultura politica, per difendere e promuovere i diritti fondamentali e le libertà dell’individuo. Maturiamo, nella nostra esperienza, che è ad un tempo amministrativa, sin dai primi dello scorso secolo e poi, lungo tutto il cammino delle riforme del dopo-guerra, di governo, di responsabilità, della modernità di una vera sinistra, che vince sul terreno delle idee la grande sfida che ci ha opposti, per quasi un secolo, ai totalitarismi di destra e ancor di più di sinistra. Dal loro ‘pulpito’ vorrebbero colpirci a morte e farci pagare un prezzo ingiusto per i nostri errori, ma soprattutto per le nostre qualità: il coraggio e il carattere di non aver piegato la testa di fronte ai poteri forti e alle loro nuove ‘ammucchiate’. Rialziamo la testa, oggi, dopo esserci divisi per anni, difendendo orgogliosamente la nostra identità, il nostro sentirci socialisti come si sentono a Berlino, come si sentono a Parigi, come si sentono a Vienna, come si sentono ad Atene, come si sentono a Londra, come si sentono a Copenhagen, come si sentono nel continente sudamericano, da Santiago del Cile a Lima, nel Perù e in tutto il mondo. Socialisti come a Madrid, dove il compagno Zapatero è stato riconfermeto primo ministro. Vorrebbero spiegarci che in Italia e a Roma non è più possibile essere socialisti, chiamarsi socialisti, presentarsi alle elezioni come socialisti. E invece staremo in piedi per difendere i diritti calpestati: quelli delle donne, quelli dei bambini, quelli dei lavoratori, quelli dei popoli oppressi dalle dittature, dalla fame, dilaniati dalle guerre o sconvolti dal progressivo ed inesorabile cambiamento del clima. Staremo in piedi per difendere le garanzie e i diritti civili: chi, se non i socialisti, a cui furono soppresse le garanzie e le tutele del diritto, possono alzare la voce e invocare giustizia dove giustizia non c’è? Noi abbiamo la nostra storia di battaglie civili, i nostri referendum sulla giustizia e le nostre recenti lotte per il rispetto della legge. Loro hanno fatto leggi su misura per tutelare i forti. Loro hanno preferito Di Pietro con le sue ‘manette’. Siamo in piedi per essere stati critici, ma leali, col centro - sinistra. Siamo in piedi per non aver voluto svendere e chiudere la nostra storia per trenta denari, in cambio di una presenza parlamentare che sarebbe stata soffocata: tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino! Siamo in piedi per non voler raccontare un Italia che non c’è, per non accodarci all’illusionismo di un buongoverno e di una ripresa che non c’è e non ci sarà. Chi ha vissuto con attenzione questi ultimi quindici anni, in Italia, vede dei protagonisti che vorrebbero presentarsi come nuovi, come se venissero dalla Luna e che, invece, sono i veri responsabili dell’attuale disastro, a cominciare dalla vergognosa gestione dei rifiuti in Campania. Loro si illudono di continuare ad imporre un bipartitismo coatto, dopo aver imposto al Paese, per quindici anni, un bipolarismo coatto. Non hanno pudore: si stracciano le vesti parlando del quindicennio appena trascorso, della instabilità del quadro politico, dell’incertezza del futuro, della proliferazione di liste e listarelle che hanno loro stessi coltivato, promosso, difeso e tutelato, ma che oggi sono il cuore della loro offensiva elettorale, avendo temuto l’aborto di una legge illiberale che avrebbero fatto uscire dal ‘cappello referendario’ e che sono riusciti a far rientrare dalla finestra delle elezioni anticipate. Elezioni provocate dall’incoscienza di Berlusconi, che le aveva invocate e di Veltroni che le ha cavalcate per seppellire il centro - sinistra e, quel che è peggio, per tirare il ‘calcio dell’asino’ a Romano Prodi, colpevole di aver accettato il ruolo del ‘figliol prodigo’ che tornava da Bruxelles e che, oggi, viene ’scaricato’ come un parente scomodo. Pensano sia sufficiente, per risolvere i problemi, mettersi d’accordo sulle nomine, sulla Rai, su Mediaset, sulle aziende da privatizzare, sulle aziende da occupare, sulla Chiesa da tutelare, sugli alleati internazionali da ossequiare, anche quando sbagliano in modo vistoso, come accaduto nella vicenda kosovara. Chi non si piega, chi non accetta i compromessi al ribasso, chi non si accontenta di una governabilità nel nome della quale è possibile imporre la paralisi di questi ultimi anni, è un avversario, un nemico da cancellare dalle loro tivù e dall’informazione: insomma, come hanno detto, un ‘rompicoglioni’. Spieghino, agli italiani e agli europei, le loro disinvolte anomalie e quelle che un autorevole esponente del Pd considera ’stravaganze’. La vera stravaganza è che il più grande partito della sinistra italiana non ha avuto il coraggio di fare ciò che Giorgio Napolitano ha spiegato, per anni, come un ‘passaggio’ urgente e necessario: fare un grande partito socialdemocratico ed europeo nel nostro Paese. Veltroni, non avendo ‘parenti’ in Europa, lo spieghi ad Obama. Sempreché Veltroni conosca l’inglese… A questo stato di cose deve reagire la storia socialista, riformista, liberale, libertaria e laica: devono reagire i socialisti. Che lo spirito che ci tramandano i nostri ‘grandi’ della Storia guidi ed illumini la nostra scelta in questa difficile battaglia. In tanti hanno compreso e stanno comprendendo la nostra lotta: uomini di cultura, uomini dello spettacolo e tanti uomini e donne semplici che hanno iniziato a dimostrarci la loro comprensione. Noi sosteniamo e sosterremo, con forza e convinzione, la candidatura di Enrico Boselli alla guida del governo del Paese. Il partito è la nostra comunità e la nostra casa: dovrebbero saperlo bene i cosiddetti socialisti di Forza Italia, che tacciono frustrati e che, inconsciamente, vorrebbero essere oggi qui con noi. Conosco Enrico da quand’ero ragazzo: lo stimo e posso dire di provare un sentimento sincero di amicizia per lui. La determinazione con cui egli difende le proprie idee, che sono le nostre, gli ha fatto meritare la fiducia dei socialisti. E, sono certo, conquisterà anche quella di tanti italiani. Di fronte a cotanta arroganza e presunzione, a tanti saltimbanchi della politica urlata, il suo comportamento è una lezione di stile da cui imparare. Caro Enrico, ti sia vicina l’azione e l’ispirazione dell’emiliano Andrea Costa, uno dei padre fondatori del nostro partito. Ti sostengano i moniti e la tenacia dell’ineguagliabile campione dell’autonomismo socialista, Pietro Nenni. Ti aiutino gli insegnamenti critici e pratici di Riccardo Lombardi e la tempra meridionalista, unita allo slancio libertario, di Giacomo Mancini. Ti sia vivo il ricordo di Sandro Pertini, il primo presidente socialista della Repubblica italiana. Senza Sandro, l’Italia non avrebbe mai avuto a Palazzo Chigi per la prima volta un socialista: Bettino Craxi. Socialismo è libertà ed anche umanità: questa è stata la sua più grande lezione politica, che non dimenticheremo proprio nel mese in cui commemoriamo la memoria di Aldo Moro nel trentennale della sua scomparsa. Il socialismo libertario e umanitario rappresenta le radici più autentiche di un partito del socialismo europeo, che ha nel proprio futuro la propria storia. Oggi dobbiamo compiere un atto razionale di fede per il nostro avvenire e per quello dell’Italia.


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