Arturo DiaconaleSabato mattina si è svolta a Firenze l’assemblea nazionale per il polo laico e liberalsocialista promosso da Nicola Cariglia, direttore di “pensalibero.it” e coordinatore del Gruppo dei Centouno. Nel pomeriggio, poi, a Sestri Levante, presso l’auditorium della Madonnina del Grappa, si è aperto il convegno “Informazione e libertà”, organizzato da Ideazione, Tocqueville e L’opinione, per discutere, insieme a blogger e giornalisti, di media, web e pluralismo. Ho Partecipato alla prima e alla seconda manifestazione. Non solo perché in tutti questi anni non ho mai mancato ad incontri dedicati al tema dell’area laica, liberale e socialista o alle questioni dell’informazione nel nostro Paese. Ma soprattutto perché, proprio a causa della ormai lunga esperienza conseguita su questi argomenti, ho pronunciato alle due diverse platee lo stesso, identico discorso. L’osservatorio privilegiato rappresentato da un giornale di tradizione liberale come “L’opinione” divenuto, dalla metà degli anni ’90 in poi, il punto di incontro di intellettuali e politici espressione dei filoni di pensiero liberale, democratico e socialista, mi ha permesso di compiere una tripla verifica.
La prima è che le profonde trasformazioni avvenute dalla prima Repubblica ad oggi non hanno minimamente intaccato il peso e l’influenza culturale di quest’area nella società italiana. E’ vero che il peso politico delle forze politiche che all’inizio degli anni ’90 formavano l’area stessa si è ridotto allo zero. Ma è altrettanto vero che le idee ed i valori di riferimento di quel mondo politico allora minoritario hanno conquistato la maggioranza degli italiani. L’area liberale, socialista, laica, democratica, radicale (definiamola pure come meglio vogliamo) esiste. E’ addirittura più ampia di quella passata. E al suo interno, mano a mano che il tempo affievolisce le appartenenze e gli spiriti di bandiera del passato, i valori e le idee di libertà tendono ad intrecciarsi sempre più strettamente con i valori e le idee della giustizia sociale. Diventano patrimonio comune. Soprattutto in nome della difesa di quella democrazia liberale espressa dalle società aperte dell’occidente che subisce l’aggressione del terrorismo dei fondamentalisti islamici e dei nostalgici di ogni forma di totalitarismo. La seconda verifica è che i vecchi partiti che nella Prima Repubblica rappresentavano quest’area, hanno perso totalmente la loro funzione. Incapaci di adeguarsi alle trasformazioni istituzionali e sociali del Paese, sono diventati delle sorte di centri anziani dove non si gioca neppure a carte ma ci si dilania in continuazione tra singoli e gruppetti, nella disperata nostalgia del tempo passato. Le divisioni vertono su tutto. Dalla scelta delle alleanze (con la Cdl o con l’Unione?) a quella sul tipo di organizzazione da mettere in piedi (tanti Psi o l’unità socialista, un solo Pli o mille organizzazioni liberali, magari legate ad una sola persona, una federazione o il nulla?). Ma tutto questo filosofare viene svolto dimenticando completamente la regola del “primum vivere”. Per cui, come gli strateghi da caffè di Trilussa, i vecchi gruppi dirigenti dei partiti di un tempo si applicano alla politica virtuale finendo sempre più ai margini di quella reale. La terza verifica, posto che l’area c’è ma che non può essere rappresentata dalle vecchie sigle, è che se si vuole che al peso delle idee corrisponda un adeguato peso politico, è necessario lasciare da parte ogni tendenza a ricadere nel teatrino della politica virtuale tipica delle generazioni esaurite per dedicarsi alla organizzazione dei liberi, dei giusti e dei forti con gli strumenti e la mentalità delle generazioni più vive e più propulsive. La proposta è di lasciare da parte il tema delle alleanze per affrontare quello della realizzazione di una grande rete di coordinamento tra le mille iniziative singole e di gruppo di questo mondo. E di farlo usando tutti i mezzi disponibili. Dai giornali cartacei ai siti, dai convegni alle maratone oratorie o alle provocazioni di ogni genere e tipo. Si tratta di dare voce all’Italia reale, proiettata verso il futuro. Contrapponendola a quella formale, che coltiva inutili nostalgie e persegue solo una sterile conservazione del proprio potere.


Articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà'
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