Arturo DiaconaleCaro Marco, io so che tu sapevi fin dall’inizio. E lo so perché la mia opposizione alla tua scelta di dare vita alla Rosa nel Pugno collocandola nel campo catto-comunista prodiano non ha minimamente intaccato la stima che nutro nei confronti del tuo intuito politico. All’inizio della campagna elettorale tu sapevi perfettamente che l’unione con i socialisti di Enrico Boselli non sarebbe mai durata nel tempo. Gli intellettuali snob e la grande stampa bazol-montezemoliana gridavano alla grande novità politica. Un po’ per congenita dabbenaggine, un po’ (penso a Paolo Mieli) in funzione anti-diesse. Ma tu avevi perfettamente chiaro come sarebbe andata a finire. E pur gongolando per la maggiore attenzione mediatica, mai avuta in passato (neppure ai tempi del divorzio e dell’aborto il “Corriere della sera” ti aveva così blandito, coccolato e sostenuto), non dubitavi affatto che la Rosa nel Pugno sarebbe servita solo ad assicurare, per una strada diretta e più garantita di quella che avrebbe potuto fornire l’alleanza con il centro destra, il ritorno dei radicali in Parlamento. Sapevi, insomma, che l’accordo con Enrico Borselli era come uno dei taxi di Enrico Mattei: serviva a portare a Montecitorio un pugno di radicali. Alla fine della corsa ognuno per sé e Dio (o chi per esso) per tutti. Ora il taxi ha svolto la sua funzione. Non in maniera perfetta. Non con l’effetto sperato. Ma la corsa è terminata. E, secondo le più logiche previsioni e la tua proverbiale lungimiranza, la Rosa ha incominciato subito a sfiorire.
I socialisti dello Sdi, delusi dal risultato negativo, scaricano sui radicali la colpa del mancato successo. Si lamentano di essere stati oscurati, di essere stati ’pannellizzati’, di non aver saputo bilanciare efficacemente la loro identità socialista rispetto all’esorbitante marchio del binomio Marco ed Emma. E già parlano di rompere il sodalizio e di entrare a far parte di quel Partito Democratico verso cui sono naturalmente indirizzati dal filo rosso della loro antica tradizione frontista. So bene che la prospettiva non ti preoccupa. Per la semplice ragione che l’avevi ampiamente prevista. Ma nel momento in cui tutto si compie, perché aspettare il divorzio formale, la rottura più o meno consensuale, la separazione di due compagni di viaggio occasionali, che non hanno mai pensato seriamente all’ipotesi del congiungimento e della fusione? Uno che si chiama Marco Pannella ed ha la storia che ti porti sulle spalle, non può aspettare e subire gli eventi. Deve anticiparli. E non può farsi distogliere dall’obbligo di essere se stesso dalla pur interessante prospettiva di piazzare Emma Bonino in qualche ministero e l’amico Daniele Capezzone in qualche sottosegretariato. Prima e durante la campagna elettorale, hai giustamente sottolineato che solo i radicali sono i portatori dell’esperienza e della tradizione liberale, laica, riformatrice esistente nel Paese. Ora che sei riuscito a far rientrare la pattuglia radicale in Parlamento e incominci a perdere la zavorra frontista, hai l’occasione irripetibile di trasformare la Rosa nel Pugno (almeno quella che rimarrà) nel punto di aggregazione di tutta la grande galassia liberale, laica, riformatrice e riformista che esiste nel Paese. Ma per farlo, devi respingere i richiami e le suggestioni delle poltrone. E devi fare ciò che non hai fatto (per legittimo calcolo politico) in questa campagna elettorale. Esci dal centro-sinistra, collocati fuori degli attuali poli e diventa il punto di riferimento di chi vuole liberare il Paese dalle pastoie dell’attuale finto bipolarismo. Se lo fai tornerai ad essere Pannella. In caso contrario, tanto vale che accetti anche tu un ministero o un sottosegretariato nel futuro governicchio-Prodi. Come un Rutelli qualsiasi!


Direttore Responsabile del quotidiano 'L'opinione delle Libertà'
Articolo tratto dalla prima pagina de 'L'opinione delle Libertà' del 13 aprile 2006
Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio