I radicali hanno sempre avuto la ventura di essere considerati
di destra dalla sinistra e di sinistra dalla destra. Ricordo il mio primo incontro con un massimo dirigente comunista di allora e di oggi. Lo intervistai per la rivista cui collaboravo, poi gli portai il testo per la revisione. Lo soppesò, alzò il sopracciglio, e mi disse: “Strano, è corretta”. “Perché strano?”, gli chiesi. E questi: “So che sei un radicale, e i radicali sono pagati dal Mossad per fare danno ai comunisti. Non lo dirò mai pubblicamente, ma questa è la mia convinzione”. Erano gli anni ‘80, e tanta acqua è passata sotto i ponti, a sinistra come a destra. Ma dubito che
Buttiglione, ancora oggi, non consideri i radicali, anche quelli che si schiereranno col centrodestra, pericolose
quinte colonne della sinistra. In realtà i radicali, e i liberali in genere, hanno
un’idea della frattura destra-sinistra molto poco ideologica. Stare a destra o a sinistra è
un’opzione storica e politica, dipende dalla
dinamica dei flussi ideologici: a destra contro il comunismo, a sinistra contro il fascismo e così via.
Oggi però, per fortuna, le scelte sono più
complicate. Se fosse vero – come pensava Bobbio - che porre l’accento sulla
libertà individuale è di destra mentre avere come priorità
l’uguaglianza è di sinistra, la partita sarebbe chiusa:
i liberali non sono disposti a transigere sulla libertà, e sono convinti che dalla sua limitazione non nascerà nulla di buono e duraturo. In realtà le scelte politiche sono meno sofisticate: oggi in Europa dobbiamo scegliere
fra Blair e Zapatero (due di “sinistra”) non fra Zapatero e Chirac. E in Italia fra
CdL e Unione, vale a dire fra due coalizioni
composite e spesso confuse, e valutarne le conseguenze su tanti diversi piani, sommando i pro e i contro di una scelta e dell’altra. Personalmente, insieme a
Benedetto Della Vedova, Peppino Calderisi, Carmelo Palma e tanti altri che hanno una storia radicale o liberale ho deciso di dar vita ai
Riformatori Liberali per creare
una opzione laica, liberale, radicale, riformista nel centrodestra perché sono convinto che da un governo di centrosinistra avremmo risposte
conservatrici e illiberali su tutte le questioni di fondo. Prima fra tutte la
collocazione internazionale: le
tre ‘B’ tanto vituperate (Bush, Blair e Berlusconi) hanno dato
una risposta forte e coraggiosa non solo al terrorismo internazionale ma anche alla vera sfida del XXI secolo. Quella che Natan Sharansky – a proposito, anche lui, una grande personalità liberale tacciata da estremista di destra, come Mario Vargas Llosa in America latina – riassume nel
dualismo fra Stati della libertà e Stati della paura. Punire i dittatori, “esportare” la democrazia, lasciar germogliare i diritti civili, la libertà di espressione, di stampa, di religione dove oggi sembra impossibile possano attecchire: questa è
l’unica risposta efficace contro il terrorismo. Libertà e sicurezza vanno di pari passo, è illusorio perseguire la seconda senza promuovere la prima.
Prodi, Rutelli, Fassino che ne pensano (e non cito gli altri)? Dipende dai giorni, mi è parso di capire: nei dì di festa, come quello delle elezioni irachene, concordano con Bush, il resto del mese con se stessi e con la conservazione pacifista delle dittature. In economia?
La legge Biagi? E’ “macelleria sociale” anche se la disoccupazione si è
ridotta a livelli sconosciuti in altre grandi nazioni europee di “mercato sociale” (e il 90% degli occupati in Italia – ho letto - ha il “posto fisso”). Nelle istituzioni?
Il premier forte è il loro incubo (e infatti nella scorsa legislatura ne hanno cambiati tre) anche se concordano che nessun governo è possibile in mezzo ai litigi fra le delegazioni di partito.
Il federalismo? E’ dissolution se lo vota il centrodestra, anche se la
devolution produrrà invece la ricomposizione di uno Stato frantumato dalla riforma costituzionale del centrosinistra.
La giustizia? Tocchiamo ferro e speriamo di sfuggire ai ferri.
La polizia? Si agitano le piazze quando si è all’opposizione,
i manganelli quando si governa.
La scuola? “Scuola pubblica, scuola pubblica, scuola pubblica” scandisce tra gli applausi il leader unionista più “laico e liberale e socialista”. Scuola libera, buono scuola, diciamo invece noi cui
piace la riforma di Tony Blair. Il centrodestra è la soluzione dei mali del nostro Paese?
Figuriamoci. Sulla giustizia
riforme a metà e tanta roba pro domo; sui licei si completa
la controriforma Berlinguer, sull’Università ci si ferma
a mezza strada; si cerca di
restituire dignità e responsabilità al premier ma si cede sulla
proporzionale. Eccetera. Ma, a parte le questioni
etiche (ricordo però che, sulla fecondazione assistita, fra il 1996 e il 2001 dovemmo, in pochi, imbastire un’opposizione durissima alla Camera e al Senato contro una maggioranza bipartisan che puntava nella stessa direzione poi presa dal centrodestra) l’accusa che possiamo rivolgere al
governo Berlusconi è di essersi spesso dimostrato
incerto, lento, indecisionista nell’attuazione del suo programma. Che però è, in larga misura,
un programma liberale, così come i suoi elettori sono, in larga misura, sostenitori di soluzioni liberali. Mi paiono insomma
l’antiamericanismo, il giustizialismo, il conservatorismo sociale e istituzionale della sinistra da un lato,
le carenze e le incongruenze del centrodestra dall’altro, entrambi buoni motivi per
riattivare l’organizzazione di una forza politica di ispirazione liberale e determinazione radicale. E per chiedere a chi ci legge di aiutarci a costruirla, da subito, attraverso gli strumenti che offrono il nostro sito
www.riformatoriliberali.org e la prima assemblea nazionale del movimento, che si svolgerà
a Roma mercoledì 30 novembre dalle 10 alle 18 allo Spazio Etoile, San Lorenzo in Lucina 41. Interverrà
Berlusconi. Vi aspettiamo.
Portavoce Nazionale dei Riformatori Liberali