“Le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale, una legge in tal senso sarebbe gravemente immorale”.
Così si è espresso il cardinale
Joseph Ratzinger, presidente della congregazione per la dottrina della fede (in passato nota con il nome di congregazione della santa inquisizione).
Ciascuno di noi deve essere grato al cardinale per la chiarezza con cui ha esposto la posizione ufficiale della Chiesa, assolutamente legittima e comprensibile, ma ancor più perché queste parole sono la più inconfutabile spiegazione del motivo per cui
il richiamo ai valori cristiani non può e non deve avere spazio nella redigenda costituzione europea.
Non abbiamo bisogno di spiegare come la nostra formazione culturale prima ancora che politica riconosca i valori universali di uguaglianza e pari dignità sociale senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali o sociali.
Non abbiamo bisogno di spiegare come la nostra cultura giuridica, e la Costituzione, indicano come compito della Repubblica operare per rimuovere gli ostacoli che limitano tale libertà.
Non abbiamo bisogno di spiegare che il pacs è appunto questo, una rimozione degli ostacoli oggi esistenti per consentire una uguaglianza di opportunità a quei cittadini che abbiano, per scelta o per natura, delle opzioni di vita diverse da quelle omologate come normali.
Vogliamo però spiegare che se la costituzione europea contenesse quel riconoscimento ai principi cristiani, che da più parte si richiede, il cardinale Ratzinger potrebbe a ragione sostenere che la convivenza tra omossesuali non solo è
immorale, che è una legittima opinione, bensì che è
illegale perché contraria non solo ad un precetto di etico di natura religiosa (il suo) ma anche ad un precetto normativo (il nostro) che addirittura ha valenza costitutiva.
Ecco perché alle parole del cardinale preferiamo quelle di
John Stuart Mill che due secoli orsono scriveva: “la gente deve essere libera di fare quello che desidera, pensare quello che vuole, dire ciò che gli pare, avere fede nella divinità che preferisce o in nessuna e
seguire lo stile di vita che gli piace a meno che non interferisca irragionevolmente nella vita altrui”.
Ci convince il pacs perché affronta senza ideologismi problemi di convivenza attualmente esisitenti, perché pur avendo una prevalente origine nelle necessità degli omosessuali è concepito e strutturato anche pensando alle coppie eterosessuali non sposate, perché non obbliga nessuno a fare niente ma offre solo possibilità a chi vuole coglierle. Ma anche perché sobriamente
rifugge ad ogni
provocazione a cui talvolta la diversità soccombe, prime fra tutte l’idea, talvolta sbandierata, di un vero e proprio
matrimonio tra gay vissuto e inteso come una sorta di sacramento laico o peggio, la possibilità di
adozione di figli per una coppia omosessuale.
Lo Stato laico non è lo Stato etico, non ha sacramenti, riconosce il pluralismo delle varie etiche - religiose e non - ma non è uno Stato relativista o indifferente; rifugge dalla mentalità prescrittiva per cui chi non proibisce acconsente, ma limita la libertà di ciascuno in modo che questa non rechi danno agli altri.
Ecco perché il desiderio di una coppia omosessuale di essere genitori si arresta davanti al limite, invalicabile, del diritto dei figli di avere un padre e una madre.
Ci convince il pacs perché non è la variopinta manifestazione di orgoglio della diversità omosessuale ma il sobrio approccio di un problema sociale che esiste, che va affrontato e risolto
non in nome della diversità ma in nome dell’uguaglianza dei cittadini, della loro dignità e responsabilità di individui, prescindendo dalla scelta o dalla natura sessuale di ciascuno.
Ora sta al mondo cattolico dare segno di altrettanta sobrietà e tolleranza.