La questione immigrazione è oggi nell’agenda della grande politica internazionale, quella delle grandi scelte, al pari della globalizzazione e della biogenetica. Si tratta di una delle principali sfide poste all'uomo contemporaneo in generale ed alla cultura occidentale in particolare non solo perché riguarda il destino di milioni di esseri umani ma anche la capacità delle società europee e dei valori occidentali di sapersi rigenerare.
La portata della questione è stata ben chiarita da Umberto Eco che distingue tra immigrazione e migrazione. Si ha immigrazione quando una quantità -anche molto grande- di individui si trasferisce da un Paese all'altro, si ha migrazione quando intere popolazioni, a poco a poco, si spostano da un territorio all'altro. Le immigrazioni sono facilmente controllabili dalla politica, le migrazioni sono fenomeni naturali. Sino a che vi è immigrazione i Paesi ospitanti possono sperare di tenere gli immigrati in un ghetto affinchè non si mescolino con i nativi, quando c'è migrazione i ghetti scoppiano e il meticciato diventa incontrollabile.
E’ di tutta evidenza il fenomeno che abbiamo davanti è del secondo tipo, piaccia o non piaccia nel prossimo millennio, a seguito delle migrazioni in atto, l'Europa tutta sarà un continente multirazziale. E del resto questo flusso migratorio per i Paesi europei non è una iattura, anzi. Anche le teste più dure hanno finalmente capito ciò che i demografi spiegano da tempo e cioè che -prescindendo da ogni considerazione umanitaria- i flussi migratori per i Paesi postindustriali a ricchezza obsoleta come il nostro, rappresentano l'alternativa alla triste prospettiva di un invecchiamento senza speranza della popolazione.
Quando milioni di persone sfuggono dalla fame e dalla miseria più profonda nella speranza di trovare un mondo migliore non è facile programmare gli interventi, ma tutto ciò incide notevolmente su tanti aspetti di convivenza e uno Stato moderno non può prescindere da regolamentare il fenomeno. Del resto regolare non significa programmare. La programmazione è sbagliata in economia, come ha dimostrato l'esperienza dei Paesi ove ha prevalso l'ideologia comunista, ma quando è applicata alle persone diventa addirittura tirannia.
A ben vedere la presenza degli immigrati, tocca principalmente due aspetti: il mercato del lavoro e dell’integrazione che sono un “unicum”, e quello dell'ordine pubblico. Diciamo subito ce il disegno di legge governativo, almeno nella sua versione attuale, ci convince per quanto concerne l’aspetto repressivo ma dimostra tutta la sua inadeguatezza e la sua arretratezza per quanto riguarda l’aspetto del lavoro e dell’integrazione.
Cominciamo da ciò che ci convince. Il vero pericolo per la convivenza civile viene dall'immigrazione illegale che nutre oltre alla criminalità ordinaria -sia essa micro che macro- anche il lavoro illegale. Il buonismo impotente, ma soprattutto incosciente, dei governi ulivisti fino ad oggi aveva impedito ogni seria politica di contrasto al fenomeno. Ben vengano quindi le norme che prevedono la confisca dei beni per i colpevoli di favoreggiamento di immigrazione clandestina e quelle che introducono la possibilità per navi militari o in servizio di polizia di fermare in acque nazionali o internazionali imbarcazioni che si sospetta portino clandestini. Altrettanto positive in quanto concrete e non ipocrite sono le norme che disciplinano l’espulsione; il criterio attualmente in vigore, cioè l’intimazione senza accompagnamento alla frontiera, ha chiaramente dimostrato come la maggior parte degli intimati si davano alla fuga e alla clandestinità prima invece di abbandonare il territorio nazionale. Nelle proposte introdotte dal governo l’espulsione con accompagnamento alla frontiera diviene finalmente la regola e certamente ciò non mancherà di dare quei risultati concreti che sono mancati con il blando istituto dell’intimazione. Purtroppo le considerazioni positive si fermano qui.
Per quanto concerne l’aspetto del lavoro e dell’integrazione l’impostazione governativa è sbagliata alla radice. La linea guida del provvedimento infatti è quella di giustificare l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale dello straniero solo in relazione all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa di carattere temporaneo; la durata del permesso di soggiorno per lavoro viene quindi commisurata alla durata del relativo contratto di lavoro.
Si tratta di presupposti sbagliati perché,come avanti argomentato, non siamo in presenza di un semplice deficit temporaneo di manodopera bensì di un fenomeno migratorio di massa. Basti dire che senza l'apporto degli immigrati in un quarto di secolo in Italia si perderebbero più di 10 milioni di persone nell'età di massima attività lavorativa cioè dai 25 ai 60 anni.
Gli immigrati di oggi ed i loro figli saranno gli italiani di domani; è per questo sarebbe giusto creare percorsi di cittadinanza ma anche regole da rispettare e garanzie precise in modo da favorire chi dimostra maggiore attitudine all'integrazione.
Al contrario il disegno governativo arriva addirittura ad eliminare la possibilità per lo straniero di ricorrere all’istituto del ricongiungimento familiare per i parenti entro il terzo grado senza tenere conto del fatto che tutte le esperienze dimostrano invece che le catene migratorie e i ricongiungimenti familiari hanno sempre funzionato positivamente. La presenza della famiglia in qualche modo immunizza dall'emarginazione anche perchè all'interno di questa maturano anche valori come il rispetto dell'ambiente circostante, del lavoro, dell'etica della convivenza.
Una politica intelligente dovrebbe essere diversificata in relazione alle categorie di immigrati cui si rivolge incentivando l'immigrazione desiderabile. Non appaia disumano privilegiare una categoria di immigrati rispetto ad un'altra, ogni politica della migrazione è per forza di cose selettiva. Quali sono gli immigrati da privilegiare? Il cardinale Biffi, senza vergognarsi, ha riferito di auspicare una libertà di immigrazione per i soli cattolici; a noi pare che l'integrazione possa avvenire molto più facilmente con quegli extracomunitari la cui formazione porta ad accettare le nostre regole di convivenza. Se poi sono cattolici tanto meglio per il cardinale. Ma il punto è che a questo tipo di immigrati non si deve proporre precarietà ma integrazione, al più presto.