Pietro PisanoGiunto nelle sale l’8 dicembre dello scorso anno e approdato il 24 dello stesso mese sulla piattaforma di streaming on line Netflix, il film ‘Don’t look up’ del regista Adam McKay ha polarizzato in maniera drastica l’opinione di pubblico e critica: da chi l’ha bollato frettolosamente come un film didascalico, prolisso e pretenzioso, a quelli che ne tessono le lodi, gridando al capolavoro per il ritratto impietoso e satirico della nostra società alla deriva. Fatto sta che la pellicola ha avuto un grandissimo successo, ottenendo la candidatura per 4 Golden Globe e diventando il terzo film più visto di sempre su Netflix. Si tratta di un'opera che appartiene al genere del kolossal apocalittico e può vantare un  cast stellare: da Leonardo Di Caprio a Jennifer Lawrence, da Meryl Streep a Jonah Hill, passando per Chris Evans, Cate Blanchett, Ariana Grande, Mark Rylance e Timothée Chalamet. Nonostante la grande ambizione di farsi ‘specchio’ del nostro presente, il film ha una trama piuttosto semplice. L’evento portante attraverso cui si muovono le vicende di ‘Don’t look up’ è la scoperta di una cometa, durante una sessione di osservazione astronomica, da parte della dottoranda di Astronomia presso l’Università del Michigan, Kate Dibiasky e del suo professore, dottor Randall Mindy. L’entusiasmo per il sorprendente avvistamento si trasforma subito in terrore nel momento in cui la studiosa, avendone calcolato l’orbita e le dimensioni, pari a quelle dell’Everest, scopre che l'astro è in rotta di collisione con la Terra. Il verdetto dei due ricercatori è agghiacciante: senza un’azione decisa e immediata, la vita sul nostro pianeta finirà nel giro di sei mesi. Dopo aver cercato inutilmente di contattare la presidentessa degli Stati Uniti, la quale sembra trascurare in maniera grottesca il pericolo imminente, i due astronomi decidono di rivolgersi alla stampa per rendere pubblica la notizia, ma anche questa decisione non porterà a nulla di buono: i due scienziati, infatti, non verranno presi per nulla sul serio e, anzi, finiranno per diventare il bersaglio facile di complottisti e creatori di meme. Da questo punto in poi, tutta la narrazione del film non farà che confermare un assunto, ovvero: la verità nella società mass-mediatica è impossibile, impraticabile e nulla può più essere creduto, nemmeno i dati più inconfutabili della scienza. Con una sceneggiatura scritta dallo stesso regista, ‘Don’t look up’ imbastisce una satira feroce dei nostri tempi, in cui negazionismo, infotainment televisivo, ossessione per meme e gossip sono all’ordine del giorno e non si fermano neanche di fronte a una catastrofe planetaria, che potrebbe portare all’estinzione di ogni specie vivente. I riferimenti alla pandemia che ha travolto tutti noi negli ultimi due anni sono alquanto evidenti. Tuttavia, quello che manca al film è un pizzico di equilibrio in più: il voler rimarcare troppo pesantemente una serie di situazioni grottesche, comiche e assurde non fa che rendere la pellicola sbilanciata di fronte alla drammaticità degli eventi, che tuttavia emerge in maniera quasi ‘artificiale’ a fine pellicola, come fosse un corpo estraneo rispetto a tutto ciò che abbiamo visto in precedenza. Altro punto a sfavore è che ‘Don’t look up’ affronta tanti temi della nostra attualità, forse troppi, ma non ne approfondisce nessuno. E questo, alla lunga, ‘sfianca’ lo spettatore, anche a fronte del ritmo dilatato di gran parte del film. La scena post-credit, inoltre, stona con il finale di impronta drammatica, quasi a voler ribaltare ancora una volta il punto di vista giocando con il comico e il grottesco, facendo perdere coerenza interna all’opera in parecchi punti. Di conseguenza, non si può parlare di un capolavoro: ‘Don’t look up’ è semplicemente un film interessante, che esibisce in maniera sfrontata le sue imperfezioni. Un lavoro forse non eccelso, ma prezioso nell’analizzare i nostri tempi e i meccanismi perversi della società massmediatica.





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