Antonio Di Giovanni

I servizi pubblici, nella nostra attuale conformazione societaria, alimentano in maniera determinante la crescita del sistema economico-sociale. E da ciò deriva la necessità, soprattutto per la pubblica amministrazione (P.A.), di operare nella ricerca di sempre più elevati livelli di efficacia ed efficienza. Efficienza significa ottimizzare l’utilizzazione delle risorse disponibili, perché il “Sistema Paese” necessita di servizi al minimo costo, al fine di far fronte alla crescente competitività internazionale e non certo di una ‘caccia alle streghe’ o di sistemi repressivi che acutizzino ancor di più una non semplice macchina amministrativa. Il Paese non può più affidarsi né alle solite furbizie del passato, né tanto meno alla mera creatività del politico di turno per vincere la sfida della competizione. Serve un’analisi più approfondita della P.A., ovvero quel salto di qualità accompagnato da un profondo rinnovamento comportamentale e non la solita filosofia gattopardesca del “cambiare tutto per non cambiare niente”. La P.A. è utile solo se veloce e in grado di dare risposte rapide e nei tempi giusti, affinché i servizi resi servano da stimolo e non da ostacolo ai processi di cambiamento. Una amministrazione cosi frammentata, invece, in una pluralità di segmenti e settori quasi autonomi, con una forte parcellizzazione delle responsabilità operante al di fuori di una cornice strategica e da una visione di insiemi degli obiettivi finali, finisce con il portare inevitabilmente la P.A. all’indebolimento dell’indirizzo politico e dell’unitarietà, che sono invece i cardini dell’azione amministrativa. Ma le cospicue consulenze esterne, spesso clientelari, a fronte di personale interno specializzato che viene messo in disparte, le copiose spese di rappresentanza e di sprechi in generale a fronte di stipendi che a malapena consentono di arrivare alla 4° settimana, i mezzi e le tecnologie talvolta preistoriche messe a disposizione da un’amministrazione che, invece, dovrebbe essere all’avanguardia, la burocratizzazione professata all’estremo, ecco: è tutto questo che produce i fannulloni. L’essere umano di per sé porta all’interno di un’organizzazione la propria “soggettività lavorativa” e, nello stesso tempo, la propria “complessità costitutiva”. Pertanto, è in questo tipo di struttura che vanno individuate le condizioni in cui è più facile che gli uomini collaborino al raggiungimento dei fini dell’organizzazione. Gli esseri umani non sono macchine e non possono essere trattati come tali. Ed è evidente che, al contempo, il coordinamento è impossibile se le persone non sono disposte a collaborare. Da qui, forse, vale la pena partire con una profonda riflessione, ponendo maggior attenzione ai bisogni e ai valori dei lavoratori integrandoli con i bisogni e i valori funzionali agli obiettivi dell’organizzazione. La P.A. deve dunque perseguire l’ottimizzazione del servizio, attraverso le risorse disponibili, misurando la quantità dei servizi erogati (efficienza) e la qualità degli stessi (efficacia) attraverso l’indirizzo espresso dal vertice politico dell’organizzazione. Non sono tentato, insomma, da una ‘rivoluzione copernicana’. Mi accontenterei piuttosto di significativi investimenti, sia in termini di tecnologie, sia in una vera e propria formazione e riqualificazione del personale a tutti i livelli, definendo e comunicando obiettivi e priorità dei singoli dicasteri, e nel contempo tagliando consulenze inutili e innumerevoli sprechi della P.A. Quindi, egregio ministro Brunetta, avendo avuto modo di conoscerla personalmente durante alcuni incontri politici e conoscendo bene la sua determinazione, spero che lei prosegua in questo suo impegno nel combattere gli sprechi e nel tagliare consulenze inutili senza farsi intimorire dalla ‘casta’, ridando a noi, lavoratori del pubblico impiego, la speranza di poter lavorare meglio e con una retribuzione dignitosa. Vedrà che i lavoratori onesti la ringrazieranno.


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Riccardo Biffoli - Firenze - Mail - martedi 8 luglio 2008 17.23
La ringrazio per il suo articolo. Come dipendente del Comune di Firenze mi ci riconosco. Mi permetta di aggiungere qualche altro particolare di non poco conto. Come si fa, per esempio, a continuare a trovare le migliaia di euro per rottamare alcuni dirigenti? Inoltre vediamo bene cosa, anche in amministrazioni locali di sinistra, la privatizzazione dei servizi sta portando: sfruttamento dei dipendenti delle cooperative di servizi.
La grande incertezza lavorativa (la famigerata flessibilità) porta allo stesso distacco dal proprio lavoro come la vecchia intoccabilità del posto di lavoro


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