L’unione fra due cittadini dello stesso sesso, sancita l’anno scorso a Roma presso l’Ambasciata di Francia, ha messo a nudo
l’inadeguatezza della nostra legislazione nei confronti delle coppie di fatto.
Il problema principale, quando si ragiona su determinati temi, non è quello di
violentare il diritto di famiglia, ma di sviluppare una consapevole e ragionevole azione legislativa che ammetta l’esistenza di unioni fra cittadini,
dello stesso sesso o di sesso diverso, così come appunto già previsto dalla legislazione francese e di altri Paesi europei in materia. Sarebbe infatti imperdonabile se accanto al
‘turismo procreativo’ che abbiamo determinato con la legge sulla fecondazione assistita, si creasse anche un problema di
‘turismo matrimoniale’.
Intorno a simili questioni, una Repubblica dimostra la propria effettiva capacità di rispettare
le libertà e i diritti di tutti i cittadini, a prescindere dal loro orientamento sessuale.
La proposta di
Franco Grillini è dunque meritevole di sostegno, oltreché suscettibile di ulteriori migliorie.
Il Nuovo Psi conviene, infatti, sulla necessità di iniziative di legge di questo genere, poiché l’Italia affonda le proprie radici storiche in tradizioni secolari
- quali quella cattolica e dell’associazionismo operaio e contadino - che nel loro scontro, ideologico e dialettico, hanno creato, sul terreno civile, un quadro sociologico ricco di luci, ma
anche di ombre.
La crescita e il consolidamento di una società
indipendente e pluralista ha vissuto alcuni momenti-soglia traumatici e di non sempre semplice decrittazione scientifica:
la crisi della politica e il passaggio da un welfare assistito ad un più moderno sistema di politiche pubbliche ha modificato repentinamente, in questi ultimi decenni,
anche ‘bastioni angolari’ come quello della famiglia tradizionale, problemi intorno ai quali sarebbe, a nostro avviso, profondamente errato rimanere inermi o poco interessati.
La società italiana si sta trasformando
in un’arena in cui ogni attore recita un ruolo trasparente, oppure rimangono forme di analisi e comportamenti sociali
arroccati su schematismi ideologici ipocritamente poco verificabili nella loro operatività e rispondenza sostanziale? Quali sono i fattori da tenere ben presenti per controllare, in base a coordinate valoriali che non trascendano nel moralismo,
un processo evolutivo ordinato della società italiana?
Qui non s’intende ragionare intorno al classico principio della comparazione con gli altri Paesi dell’Unione europea per dimostrare di possedere un bagaglio di conoscenze legislative e accusare chicchessia di mantenere ancorato il Paese intorno a modelli di atavica arretratezza. Tuttavia, un socialista liberale deve utilizzare la propria capacità di individuazione dei presupposti basilari di alcuni importanti processi antropologici, affinché questi non si evolvano verso
forme frammentarie o disorganiche. Ragionando in una logica di liberalismo razionalistico - che talvolta genera in se stesso un elitismo culturale eguale e contrario ad altre e ben distinte concezioni burocratiche o di statolatria marxista -, si potrebbe ritenere che una società possieda, per sua natura e per proprio conto, molteplici strumenti di autoregolamentazione, richiamandosi, in tal modo, al vecchio nesso culturale della
‘mano invisibile’ che lungo la strada di determinati processi sarebbe in grado di correggere in automatico distorsioni e ingiustizie: purtroppo,
la società non è un mercato, non è, cioè, un luogo dove si producono ricchezze di carattere eminentemente materiale.
La società è la vera
forza-guida di un Paese. Gli accadimenti degli ultimi decenni ce lo hanno dimostrato:
il crollo del socialismo cosiddetto scientifico, la pace da difendere con le armi, la globalizzazione planetaria ci impongono di aggiornare le necessarie idealità e di ricercare nuovi punti di riferimento nelle esigenze di progresso civile del nostro Paese. Non basta credere che
molti giovani non riescano a sposarsi a causa di un quadro di precarietà professionale ed occupazionale non in grado di sorreggere la costruzione di nuove famiglie. E’ anche necessario comprendere che non ci troviamo più di fronte alle
generazioni del divorzio e dell’aborto, ma a quelle del post-divorzio e delle libertà civili da difendere o da conquistare.
I nostri figli hanno vissuto
autentici disastri familiari, hanno già
compreso a cosa e a quali sofferenze si può andare incontro, capiscono, oggi, tutto ciò che li circonda
meglio di noi. Non possiamo impedire loro di
apprendere dai nostri errori, di non trarre conseguenze ed esperienze dalla vita di tutti i giorni, dato che, anche nei casi più fortunati, essa comporta ricadute psicologiche e pratiche complesse.
Per tali motivazioni, noi socialisti siamo
favorevoli a strumenti come il patto di solidarietà civile e alle unioni di fatto: per offrire una
scelta agli italiani del futuro, nuove possibilità alle giovani coppie - anche del medesimo sesso -, di sviluppare con
impegno civile la società del futuro. Un socialista liberale non può non ragionare in questi termini e non può permettere che bilanci di natura psicologica o sentimentale vengano
ridotti a metodologie basate sulla mera contrattazione materialistica.
Pur affermando l’avvenuto
superamento della critica marxista alla famiglia borghese, non possiamo allo stesso modo ritenere che la società viva secondo
ambigui parametri di mercato, oppure secondo
logiche di filosofia morale che non comprendono appieno
il superamento di vecchi schematismi dogmatici.
E’ con provvedimenti come questi, insomma, che la politica può ancora dimostrare di essere
vicina ai problemi dei cittadini e di avere una
innovativa funzionalità di coordinamento civico della società italiana.
Parlamentare e Vicesegretario Nazionale del Nuovo Psi