Dopo gli avvenimenti dei mesi scorsi e le terribili vicende della Basilica della Natività di Betlemme, abbiamo incontrato l'ambasciatore israeliano in Italia,
Ehud Gol, per tentar di capire quali siano oggi le effettive possibilità di ripresa di un dialogo tra israeliani e palestinesi sul problema della coesistenza dei due popoli in Medio-Oriente.
Ambasciatore Gol, qual è il suo giudizio su quanto è accaduto nei mesi scorsi in Medio Oriente?
“Il conflitto tra Israele ed il mondo arabo è nato dal fatto che una vasta maggioranza dei Palestinesi non ha ancora riconosciuto, dopo quasi cinquant’anni, l’esistenza di Israele e degli Israeliani. Per il mondo arabo, come per il leader Arafat, Israele è una presenza estranea in Medio Oriente, destinata a scomparire. Con la violenza. E’ sempre stato questo l’obiettivo dei palestinesi: distruggere Israele. Dal 1948 ad oggi, ben cinque guerre sono state combattute con questo scopo. E continueranno ancora, fino a quando i Palestinesi non si convinceranno del fatto che Israele esisterà sempre e non sarà mai distrutta”.
Che giudizio si è fatto di Arafat? Lo ritiene un grande leader, un pacificatore o piuttosto un politico che ha sempre seguito la politica del “doppio binario”?
“Arafat è un terrorista, un fomentatore del terrorismo, un politico cinico. Era presidente di Al- Fatah già nel 1964, ossia ben tre anni prima della Guerra dei Sei Giorni del 1967, quindi tre anni prima dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, tre anni prima che iniziassero gli insediamenti dei coloni. Il movimento palestinese di Arafat non nasce come risposta all’occupazione di terre che gli arabi sostengono essere proprie e pertanto pretendono di possedere, bensì come movimento di terrorismo destinato a distruggere Israele. Quest’obiettivo oggi non è cambiato. E quanto è accaduto negli anni appare adesso più chiaro. Intendo dire, quando Arafat parlava di pace, nei suoi numerosi viaggi in Europa, in visita a capi di Stato, contemporaneamente dava l’ordine ai suoi uomini di uccidere gli israeliani. La sua è una politica dal doppio volto: mentre dice di voler la pace incita alla guerra. E’ un cinico ed un terrorista.
Per Arafat non esiste la soluzione “due Stati per due Popoli”; per quest’uomo esiste e sempre esisterà un solo Stato: quello palestinese. Se davvero si vuole la pace in queste terre, a questo leader rimane una sola via d’uscita: quella di abbandonare per sempre la via del terrorismo e indossare un’altra divisa, divenendo il capo laico e politico di un futuro stato”.
Se Rabin fosse ancora vivo, secondo lei, avrebbe saputo gestire meglio di Sharon la situazione in Medio Oriente?Sarebbe stato in grado di raggiungere un compromesso?
“Non credo che la situazione creatasi dipenda dalla personalità di alcun uomo di stato israeliano, sia esso Sharon, piuttosto che Rabin. Le risposte del governo israeliano al terrorismo palestinese sono naturali e qualsiasi leader, israeliano e non, avrebbe reagito nello stesso modo ai 45 attacchi suicidi che abbiamo subìto da settembre, ai 20 casi di auto – bomba esplose nelle nostre città, ai quasi 100 civili uccisi in quest’ultimo anno e mezzo di terrorismo arabo. Rabin, credo, avrebbe agito nel medesimo modo”.
Esiste una “soluzione possibile”a questa guerra che da troppo tempo lacera due popoli, uccidendo migliaia di uomini, donne e bambini?
“Di soluzione ne esiste solamente una: il dialogo pacifico fino all’accordo definitivo tra Israele e i palestinesi. Nel luglio del 2000, del resto, eravamo già molto vicini a questo traguardo: a Camp David, assieme al presidente Clinton avevamo fatto una proposta di pace agli arabi che comprendeva la possibilità di uno Stato palestinese, la spartizione di Gerusalemme e lo smantellamento degli insediamenti. Ma Arafat ha rifiutato, scatenando la sua “Intifadah” che, onestamente, non ha aiutato il popolo palestinese in alcun modo. Esiste un piano di pace sul tavolo delle diplomazie internazionali: quello di Tenet. C’è poi il piano Mitchell. Entrambi hanno come premessa la fine della violenza, soprattutto quella degli attacchi kamikaze contro la popolazione civile. Il primo passo è dunque fermare il terrorismo palestinese: è compito di Arafat, unico vero responsabile. Solo dopo potremo tornare al negoziato, nella speranza di arrivare finalmente ad un accordo”.
Le Sacre Scritture raccontano che quando Cristo mise piede in Gerusalemme disse: "Città che uccidi i profeti, tu sarai maledetta nei secoli"!
“Israele è la Terra Santa e lo è per le tre religioni monoteiste. Inoltre, per noi Israeliani, rappresenta il focolare nazionale - e non solo religioso - , la casa storica del nostro popolo.
Certo, questa terra è teatro di un odioso conflitto, ma si tratta di uno scontro politico, non religioso”.
Quale ruolo dovrebbero giocare USA ed Europa in ambito diplomatico?
“Gli Stati Uniti hanno sempre giocato un ruolo decisivo di intermediari e continueranno a farlo. Per quel che concerne l’Europa, questa ha tradizionalmente avuto una posizione troppo schieratamente filo – palestinese. Per tale motivo, Israele l’ha sempre considerata un intermediario poco affidabile. Ci auguriamo che nel futuro adotti una posizione di maggiore equilibrio verso il conflitto medio-orientale, tale da permettere a questa potenza di impersonare un ruolo più efficace”.
Ambasciatore, lei conosce di persona il delegato dell’Olp in Italia, Nemer Hammad?
“No, assolutamente. I nostri rapporti sono inesistenti, e tali rimarranno. Non ho alcuna intenzione di stringere con lui alcun genere di contatto”.