Elisabetta ChiarelliSembrava un film già visto. L’attacco alle istituzioni brasiliane, avvenuto nei giorni scorsi da parte di estremisti di destra ai danni dell’esecutivo presieduto dal leader democratico Lula, ci ha riportato indietro di cinquant’anni. La memoria è corsa al vile colpo di Stato perpetrato dai militari cileni, nei confronti del governo presieduto da Salvador Allende. I giorni dell’attacco, descritti sapientemente nel volume ‘La casa degli spiriti’ di Isabelle Allende (Feltrinelli, 1982), sono sembrati rivivere nei tragici passaggi di questo avvenimento così drammatico: i palazzi delle istituzioni saccheggiati, i disordini sociali, la cieca violenza. Lo smarrimento seguito ai soprusi è stato inaudito, poiché ha evidenziato, con tragica limpidezza, come il valore della democrazia sia direttamente proporzionale alla sua fragilità. E’ terribile riconoscere come tutto ciò che è stato oggetto di conquista, di strenua lotta per la libertà nel corso della Storia, possa essere messo in discussione in ogni tempo e in modi del tutto inaspettati. L’estrema precarietà del vivere che ne consegue, si accompagna tuttavia all’inebriante consapevolezza che la difesa dei valori su cui si fonda la società civile non sia rimessa all’esclusiva responsabilità delle istituzioni, bensì rappresenti una sfida quotidiana, un impegno alla portata di tutti. Fanno riflettere, in proposito, le considerazioni del leader brasiliano, Jair Bolsonaro, riportate dalle più note testate giornalistiche nazionali. Questi, nel declinare ogni suo coinvolgimento nei fatti occorsi, ha denunciato come la rivolta verificatasi intercetti un sentimento di ribellione verso il governo in carica, radicato nella popolazione. E se quindi alla base di ogni stortura, di ogni abominio della Storia, vi fosse proprio questo? Una progressiva degenerazione della società; un degrado delle coscienze, che troppo spesso è strumentalizzato da abili menti criminali. “Non ci riprenderemo più da questa inutile guerra”: risuonano drammaticamente attuali le parole della scrittrice Natalia Ginzburg, in merito alle conseguenze che il secondo conflitto mondiale e la persecuzione nazifascista hanno lasciato. L’innesco di dinamiche basate sulla violenza, sulla negazione dei diritti, genera un campo magnetico pericoloso, capace di propagare le sue onde dannose infinitamente. I ‘femminicidi’, la violenza sui minori e sui fragili, la stigmatizzazione del diverso che scandiscono dolorosamente la nostra quotidianità, altro non sono che il naturale sbocco di quella rabbia, di quella frustrazione sociale che ha alimentato, settant’anni fa, i totalitarismi più sanguinosi e disumani. E’ come se il tessuto sociale venisse contaminato irreversibilmente da quel male e non fosse più in grado di assorbirlo completamente. Ecco, allora, che proprio come un cancro che avvelena progressivamente le cellule di un organismo, quella crudeltà originaria si rigenera, assumendo molteplici forme, nella sostanza, sempre uguali a se stesse. La vorticosa rapidità con cui un tale processo degenerativo ha avuto luogo, produce l’effetto immediato di annichilire le coscienze, di addormentarle in un torpore d’impotenza. Si spiega, in tal senso, quel ‘sonno della ragione’ per cui, troppo spesso, dalle istituzioni non sembra giungere una risposta di netta riprovazione, di efficace contrasto dei fenomeni criminali. E’ sufficiente guardare in una prospettiva di diritto interno alle ultime novità normative in campo penale, per rendersi tristemente conto di come il traguardo perseguito dal legislatore sia rappresentato dall’impunità e non, piuttosto, dall’intento di emendare, o tutt’al più di  rieducare, i colpevoli. I valori di un popolo come scudo, come autentica difesa immunitaria dagli assalti dell'irrazionalità, altro non sono che il messaggio struggente rivoltoci da Cornelio Tacito nell’Agricola ed espresso sapientemente nel discorso di Calgaco. La suggestiva iconografia del ‘superuomo nietzschiano’, in grado di sollevare sulle sue spalle il peso di un’umanità in macerie, dovrebbe risvegliare nelle coscienze un senso inedito di responsabilità individuale per la salvaguardia dei diritti fondamentali, delle libertà inviolabili, dei principi etici e morali su cui si fonda una società civile. Se è quindi vero che dove batte il nostro cuore, lì è custodito il nostro tesoro interiore, come recitano le scritture e se in ragione di esse ci è offerta l’immagine di un Dio pietoso, pronto a risparmiare un’umanità corrotta dalla sua ira, fintanto che esista sulla Terra un solo uomo giusto, la risposta su quale sia la corretta postura mentale da assumere ogni qualvolta il fragile equilibrio della società viene infranto da eventi di inaudita inciviltà, ci viene fornita dalla Storia. Il pensiero corre alle parole pronunciate dal presidente statunitense, John Fitzgerald Kennedy, il quale esortava la sua gente a non pensare a ciò che l’America potesse fare per lei, ma a ciò che loro potevano fare per l’America. Perché i valori, anche se dormienti, sono sempre in attesa di essere risvegliati da chiunque intenda intraprendere la missione di riaffermarli. Proprio come ci viene rappresentato nella narrativa fiabesca, che nel celebrare l’impresa di un coraggioso cavaliere, pronto a sfidare ogni pericolo e ogni ostacolo per destare dal sonno la sua amata, altro non fa che rendere omaggio a tutti gli Amleto, i Romeo e Giulietta, i che Guevara, i Falcone e i Borsellino della letteratura e della Storia, i quali non hanno esitato a offrire la propria vita per la difesa di un ideale.





Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio