L’On. Donato Bruno è parlamentare di
Forza Italia, nonché
Presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.
Presidente Bruno, può dirci innanzitutto qual è il suo parere in merito alla concessione di un provvedimento di clemenza nei confronti del detenuto Adriano Sofri?
“A Costituzione vigente, per concedere un provvedimento di grazia occorre la controfirma del Ministro della Giustizia, dunque di un’istruttoria di questi. Noi abbiamo tentato di modificare tale situazione per vedere se fosse possibile togliere al Ministro la facoltà di inibizione del provvedimento, atteso che il principio costituzionale che dà al Capo dello Stato il potere di concedere la grazia potesse essere attuato. Si è perciò proceduto alla modifica di un articolo del codice di procedura penale. L’innovazione era quella di un parere del Ministro Guardasigilli, obbligatorio ma non vincolante. Di contro, per non lasciare il Presidente della Repubblica completamente solo nell’esercizio di questo potere, ci era parso opportuno introdurre la domanda di clemenza da parte del condannato, oppure della moglie, del convivente, della convivente, dei figli o degli avvocati, ovvero di una platea abbastanza ampia, in grado di intervenire. Dinanzi a questa impostazione, nuova rispetto a quella di Marco Boato e di altri firmatari del progetto di legge, vi è stato il rigetto di una larga parte del centrosinistra, il quale ha sottolineato come, in tal guisa, si finisse col ritornare al codice del 1988, allorquando era intervenuta una modifica che non concedeva più al condannato il diritto di chiedere la grazia e che prevedeva, pertanto, che il Presidente della Repubblica e il Ministro della Giustizia potessero istituire il provvedimento a prescindere. Ora, giacché cambiava lo scenario della procedura tecnica, secondo quanto deciso in commissione, e il parere del Ministro diventava obbligatorio, pur non risultando vincolante, la sinistra ha ritenuto che, giuridicamente, si stesse compiendo un passo indietro. In seguito, la discussione, nel corso del dibattito alla Camera, è andata degenerando, nel senso che si è finito col prendere a pretesto solo ed esclusivamente la singola situazione di Adriano Sofri attraverso interventi di ricostruzione storica che si potevano anche evitare, se si voleva andare al nocciolo del problema, ferma restando, naturalmente, l’autonomia e la discrezionalità di intervento di ogni singolo parlamentare. Il disegno di legge, però, ha così finito col diventare un provvedimento in favore di una sola persona o addirittura ‘contro’ il detenuto Sofri, poiché ha generato uno schieramento che riteneva la norma in discussione un provvedimento ad personam che si contrapponeva duramente ad un altro che giudicava l’articolato addirittura contra personam. Alleanza Nazionale e Lega Nord hanno assunto, per parte propria, posizioni molto rigide e, su un preciso emendamento, quello specifico della domanda di grazia, per una manciata di voti è stato approvato il principio che, in ogni caso, il condannato doveva inoltrare la domanda al fine di promuovere l’azione di clemenza. A quel punto, si è creduto opportuno fermare il dibattito in aula, al fine di rimetterlo alla commissione. Nel corso di questo complesso passaggio parlamentare vi è stato, tuttavia, un fatto nuovo: la proposta di modifica costituzionale del provvedimento di grazia così come licenziata dal Senato nell’ambito del progetto complessivo di riforme istituzionali. Nella riscrittura dei rapporti fra governo, Senato, Camera, Presidente della Repubblica e funzionamento della Corte Costituzionale, è infatti prevista la possibilità di rendere al Presidente della Repubblica pieni poteri di concessione del provvedimento di clemenza, senza più bisogno della controfirma del Ministro Guardasigilli”.
La questione è stata oggetto di trattative segrete, oltreché di polemiche strumentali?
“Trattative nascoste non ce ne sono state, anche se è pacifico che questo tipo di provvedimenti siano carichi di significato politico. Il Presidente della Repubblica aveva dichiarato che intendeva concedere la grazia ad Adriano Sofri, mentre il Ministro di Grazia e Giustizia aveva risposto che non ci pensava nemmeno lontanamente. Il Presidente del Consiglio, con una lettera inviata al ‘Foglio’, aveva dichiarato di essere d’accordo con la concessione di un atto di clemenza nei confronti del detenuto Sofri, per quanto di sua competenza. E anche altri esponenti politici si erano espressi favorevolmente, compreso Sandro Bondi, cioè il Coordinatore Nazionale di Forza Italia. Questo, in sostanza, era lo scenario politico entro cui si muoveva il progetto di legge…”.
Perché, allora, questo sconcertante ‘tira e molla’ tra il Ministro Castelli e il Capo dello Stato?
“Questi sono problemi che riguardano il Ministro della Giustizia, non il Capo dello Stato, anche se devo sottolineare di non trovarmi nella testa di Roberto Castelli. In ogni caso, egli fin da subito ha dichiarato di ritenere che non esistessero i presupposti per concedere la grazia a Sofri in quanto, a suo modo di vedere, la questione riguardava un periodo sul quale ancora si deve far chiarezza. Inoltre, a torto o a ragione, un numero di anni di detenzione, a suo dire limitato, di Adriano Sofri non gli appariva motivazione sufficiente per trattare un provvedimento di grazia”.
C’è chi, di recente, avrebbe pensato ad una ‘soluzione belga’, cioè alla remissione del mandato per un sol giorno da parte del Guardasigilli, per favorire l’intervento diretto del Capo dello Stato: lei cosa ne pensa?
“Il Guardasigilli non ha detto che per lui la questione era indifferente: ha detto proprio no. La posizione del Ministro Castelli, a torto o a ragione, è una sua posizione politica ed egli non pare minimamente intenzionato a mutare il proprio parere per favorire la concessione del provvedimento…”.
Non si potrebbe predisporre un atto di clemenza più generalizzato anche per altri ex terroristi, anche al fine di chiudere definitivamente un’epoca di contrapposizioni ideologiche con un gesto di ‘superiorità morale’ dello Stato?
“Personalmente, credevo che il tempo fosse maturo per fare proprio questo, poiché il provvedimento che stavamo redigendo poteva benissimo essere valido anche per molti altri casi. Tantissime leggi sono costruite per avere effetti su un evento che si verifica, o che si è verificato, ma sotto la cui fattispecie può veder rientrare altre situazioni: questa, appunto, poteva essere un’occasione per andare a rivedere la ‘dualità costituzionale’ tra Presidente della Repubblica e Ministro della Giustizia sulla concessione della grazia. Purtroppo, anche il relatore, l’On. Carlo Taormina, si è trovato di fronte ad una forte opposizione di An e Lega, pur cercando di fare il possibile per giungere ad una soluzione positiva. Quanto poi accaduto in aula è stato assolutamente negativo, perché la sinistra ha deciso di abbandonare la discussione proprio nel pieno della votazione finale. Mi spiego nel dettaglio: la Camera dei Deputati poteva benissimo non rispondere al cento per cento ai desiderata dei proponenti. Al Senato, infatti, ovvero nel passaggio successivo, se erano emerse volontà nuove o distinte, queste potevano venire registrate per poi essere riproposte all’approvazione definitiva dell’aula di Montecitorio. Invece, abbandonando il dibattito la sinistra ha commesso un grave errore politico, poiché ha lasciato sola l’odierna maggioranza, la quale, con l’opposizione di An e Lega, ha finito col ritrovarsi in una posizione di forte imbarazzo”.
Lei ritiene che Sofri sia il ‘mandante morale’ dell’omicidio del Commissario Calabresi?
“Non voglio entrare nel merito della vicenda, né in quanto già stabilito: c’è una sentenza passata in giudicato e non sta certo a me sindacarla. Di sicuro, è anche giusto andare a vedere il comportamento del detenuto, poiché se è vero che siamo tutti quanti ispirati ad un principio di recupero dei detenuti, nel caso di Sofri, come anche in altri, ci sarebbero gli elementi per ottenere un provvedimento di clemenza. Ma questo è il solo parere che posso offrire, ovvero quello strettamente tecnico. Il nodo che eravamo chiamati a sciogliere era il seguente: esisteva la possibilità di rendere al Presidente della Repubblica quel potere, che la Costituzione gli assegna, di concedere la grazia? Questo era il tentativo intorno al quale ci siamo impegnati. E, ripeto, a Costituzione vigente, ciò non è possibile, poiché il terzo comma dell’83 C. blocca la facoltà del Presidente, citando espressamente il potere di controfirma del ministro di Grazia e Giustizia”.
Veniamo a qualche analisi di stampo sociale: lei ritiene che gli italiani siano un popolo giustizialista?
“No. Io credo che gli italiani, che sono rimasti profondamente segnati da alcune vicende, siano per un principio di certezza della pena. Io non so se Adriano Sofri sia effettivamente colpevole o se la sua condanna sia in linea con ciò che si ritiene abbia commesso, ma ritengo che gli italiani, una volta che una sentenza è stata emessa, non digeriscano che mediante un provvedimento si rimetta in libertà un soggetto che ha subito una condanna. Quindi, ritengo gli italiani un popolo che desideri, allorquando ad una persona venga comminata una pena di un determinato numero di anni, che quel numero di anni questa persona li debba scontare. Teniamo anche presente l’esistenza di tutta una legislazione ‘premiale’ che tanti criticano come un qualcosa che aiuta persone che non lo meriterebbero affatto e che, tuttavia, è legge dello Stato e risulta vigente. Per quel che riguarda poi Adriano Sofri nella sua vicenda specifica, devo anche dire di aver registrato umori e sensazioni i quali - al di là di un filone ben identificato che ha voluto combattere una battaglia politica precisa sulla grazia -, di fatto mi hanno portato a ritenere che la maggioranza degli italiani un provvedimento di clemenza non l’avrebbe visto volentieri”.
La politica e l’informazione faticano ad informare approfonditamente i cittadini su tante questioni: c’è forse qualcuno impegnato in operazioni di ‘cover up’ informativo?
“Non parlerei di ‘cover up’. Il problema è un altro: anche quando facciamo riunioni su singoli problemi, finiamo col riunire 150 - 200 persone che spesso sono da tempo preparate e informate intorno a determinati argomenti, mentre la maggioranza dei cittadini sono sensibilizzati ad un problema solo se televisione e giornali decidono di operare nel senso di un reale approfondimento qualitativo. Nel caso di Sofri, ad esempio, c’è stato un gran battage pubblicitario che ha confuso le idee di un gran numero di cittadini, senza fornire elementi concreti di riflessione. Il punto in questione, cioè, era: Adriano Sofri, che ha già scontato un certo numero di anni, ha ancora bisogno di rimanere in stato di detenzione ai fini di una propria riabilitazione? Posta così, forse il problema sarebbe stato giudicato con un’ottica diversa, molto più chiara per tutti, poiché una carcerazione di molti anni, secondo molta gente può dare, in alcuni casi, effetti realmente riabilitativi. Se invece si cerca di far passare il messaggio: dovremmo concedere la grazia a Sofri, lui però non la vuol chiedere perché non riconosce lo Stato che lo ha condannato ma che invece dovrebbe rendergliela come forma di autoscusa nei suoi confronti, ecco che si finisce con l’innescare una logica talmente perversa che molti cittadini rimangono disorientati”.
Un’ultima domanda, in qualità di Presidente della Commissione Affari Costituzionali: che tipo di riforma istituzionale è stata progettata in materia di giustizia per evitare, in futuro, nuove ‘querelle’ di questo tipo?
“Per quel che concerne il sistema giudiziario nel suo complesso, non lo andremo a toccare direttamente, se non nella parte che riguarda l’elezione del Csm, quella della Corte Costituzionale e quella, appunto, del potere di concessione della grazia, per la quale si intende lasciare totalmente libero il Capo dello Stato nelle proprie facoltà ponendo fine al quel ‘rapporto duale’ col Ministro Guardasigilli di cui abbiamo appena discusso. Queste sono le tre materie che saranno oggetto di modifiche costituzionali in sede di riforma dell’ordinamento. Sull’elezione dei componenti della Corte Costituzionale, ad un criterio iniziale che voleva portarli a 19 elementi, si è poi ragionevolmente tornati a 15: quattro nominati dal Presidente della Repubblica, quattro scelti dalle magistrature superiori e 7 eletti dal Senato federale. La mia impressione rimane quella di uno sbilanciamento, ma la questione è ancora oggetto di discussione e riflessione, anche nel senso di concedere anche alla Camera la possibilità di potersi anch’essa esprimere su tale argomento. Confermare una Corte Costituzionale composta da 15 membri è, a mio parere, un fatto positivo, insomma, ma il criterio di elezione è ancora oggetto di riflessione. Sulla grazia, come già detto siamo quasi tutti d’accordo nel lasciarla come potere esclusivo del Capo dello Stato. Per quel che concerne, infine, il Csm, si sta studiando un criterio elettivo diverso da quello attuale, che vedrà il Senato entrare a far parte della scelta mediante i medesimi criteri professionali – professori universitari, esperti giuridici, avvocati iscritti all’albo professionale da più di 15 anni –, ma con una logica numericamente diversa di elezione”.