“Agge a murì accis”, disse un giorno
Giorgia Meloni. Ma è una
biografia non autorizzata, anche se attraverso l’esilarante storia di
accise, promesse mancate, colpe ai governi precedenti,
“sterilizzazione” degli aumenti se aumenterà il
gettito Iva (vorremmo sbellicarci dalle risa, ma poi ci viene il mal di stomaco), la
presidente del Consiglio che girava
video con
imbarazzanti comparse e trovate da strada proprio contro le
accise, potrebbe diventare
vera biografia, per quanto non autorizzata. Non sta dando un bello spettacolo, questo
primo governo Meloni o delle
riscritture dei decreti dalle poche, pochissime, capacità. E non lo danno
Lega e
Forza Italia. E nemmeno il
Partito di maggioranza relativa, quei
Fratelli (e sorelle e cognati) d’Italia, che dall’alto del
26,6% del
66,6% dei votanti si comporta e parla come se avesse ottenuto un
plebiscito. Si direbbe, anzi, che impercettibilmente,
scivolone su scivolone, misure ad
uso sondaggio, elefanti scambiati per topolini, moscerini negli occhi altrui e
travi nei propri, idee poche e confuse, misure scritte in fretta e male, un potere interamente concentrato (insieme a una discutibile comunicazione) nelle mani della
presidente del Consiglio, questa
Meloni si stia avviando verso quel
suicidio politico che in molti paventavamo nel pre-elezioni, nonostante gli
incredibili sondaggi che la danno trionfatrice dei
voti possibili – perché se il
plebiscito non c’è, che almeno lo si celebri
immaginandolo, a beneficio di chi non si capisce. Anzi sì, ma ne parliamo un’altra volta. A consolazione di un intero popolo, il più che necessario ed urgente
decreto sui rave-party, di cui tutto un Paese sentiva la mancanza e l’altrettanto necessaria
guerra, inumana e insensata, contro le navi che
salvano esseri umani nel
Mediterraneo, all’insegna del
“fama, infamia, che importa: sarò ricordato” di
‘shakespeariana’ memoria, siamo di fronte
all’ennesimo trionfo italiano.