Gli ‘Stadio’ tornano con un nuovo album appena pubblicato dal titolo biblico: ‘Diluvio universale’, scritto in parte da Saverio Grandi insieme al leader della storica band Gaetano Curreri e la ‘title – track’ a firma Vasco Rossi. Ha collaborato anche Fabrizio Moro. Si tratta di un’opera artistica sull’amore che, tuttavia, affronta anche scottanti temi sociali.
Gaetano Curreri, il vostro nuovo lavoro è una sintesi tra rock e canzone d’autore. Gli Stadio appartengono a quella generazione di grandi talenti ‘sfornati’ dalla scuola dei cantautori bolognesi: è questa la garanzia del vostro successo durevole?
“Siamo un gruppo credibile e il nostro passato ne è la conferma. Se adottiamo come data di partenza il 1979, siamo al trentennale: ci sembra un buona dimostrazione di ciò che siamo riusciti a trasmettere alla gente. Fino a qualche tempo fa, gli Stadio si mettevano a servizio delle canzoni. Ora, per la prima volta, sono le canzoni ad essere al servizio della band e della nostra cultura”.
L’album si avvale della prestigiosa firma di Vasco Rossi: una conferma del vostro sodalizio storico?
“Vasco, che ha composto proprio il testo di ‘Diluvio universale’, non scriveva canzoni per gli ‘Stadio’ da dieci anni. Ha voluto che la cantassi io, in una versione rock quasi ‘urlata’, perché ho una faccia ‘perbene’. Inoltre, ha seguito tutta la produzione personalmente e minuziosamente, come se fosse concepita per un suo album”.
Il titolo ‘Diluvio universale’ evoca un futuro devastante, a tinte fosche: sembra quasi una denuncia sociale…
“Sono dodici canzoni che parlano d’amore, ma anche di questioni sociali. L’album è molto diverso dai precendenti, sia per le sonorità, sia per i temi affrontati: la prostituzione, l’immigrazione clandestina, l’ipocrisia delle leggi, la crisi della politica e quella dei valori all’interno della coppia, che diviene crisi dei valori universali nella società. Anche verso la Chiesa la fiducia è in ribasso: il risultato è un album di sicuro impatto emotivo…”.
Nella canzone ‘Benvenuti a Babilonia’ lei dice espressamente: “Nuoto eppure affogo”. Si può sopravvivere al ‘diluvio’? Si può tornare a sperare?
“Tra tutte le altre canzoni, ‘Benvenuti a Babilonia’ è quella che rappresenta una denuncia contro questa ‘bella Italia’ diventata sempre più una ‘babilonia’. L’America ha una speranza che si chiama Obama, ma noi? Abbiamo pensato soprattutto alla fase che stiamo vivendo: è un momento di grande trasformazione e bisogna guardarsi intorno. Chi ha idee e progetti li deve portare avanti. Il grande cambiamento è anche in queste cose, senza rimanere ancorati a certezze che non ci sono più. Dal ‘diluvio’ si può uscire solo tutti insieme. Ma, per far questo, bisogna riscoprire la solidarietà stando ai patti. ‘Diluvio Universale’ affronta, infatti, proprio il tema dei ‘patti’, soprattutto quelli non mantenuti…”.
Anche il brano dedicato a Marco Pantani è una canzone figlia di una tragedia…
“Si. Marco era un grande talento del ciclismo che è stato messo contro ad un muro e lasciato solo, perché non si è capito che si era infilato in un vicolo ‘cieco’: la droga è una ‘vigliacca’ che ti atterra e non ti molla più. Ci è dunque sembrato normale rendere omaggio a questo grande personaggio”.
E poi ci sono le canzoni d’amore, quello tradizionalmente ‘universale’ degli Stadio. Nel brano: ‘Non si accorgerà’, voi descrivete la stanca ritualità dei gesti e dei silenzi in un tipico rapporto di coppia, mentre ne ‘La mia canzone per te’, l’amore che si prova per chi siamo costretti a lasciare per sempre. E ancora, le esortazioni a ‘restare come siamo’: a che tipo di pubblico, solitamente, pensate di rivolgervi?
“Non abbiamo un pubblico predefinito: noi crediamo nella forza dell’amore, perché l’amore è la conseguenza stessa di questi temi. In ‘Diluvio Universale’ l’abbiamo espresso in maniera quasi spietata, ma certi album sono ‘figli’ dei momenti in cui li fai. A noi interessa, soprattutto, far arrivare la musica, oltre che i testi, alla gente. E questo nostro ultimo disco è perfettamente coerente con il nostro pensiero”.
Tra i vari gruppi italiani ce n’è qualcuno che apprezzate particolarmente?
“Personalmente, io ho sempre puntato ai ‘Nomadi’, forse per la mia ammirazione assoluta verso Augusto Daolio. Quando l’ho incontrato a Riva del Garda ho avuto la sensazione di toccare un pezzo di storia. Come John Lennon, era un pittore, aveva un animo anarchico e una sensibilità fuori dal comune. E’ stato un incontro che mi ha arricchito molto”.
Lei ha aperto di recente il concerto di Roma facendo esplicito riferimento al pensiero laico…
“Sì: sono credente, ma ho fiducia nel pensiero laico. Il mio amico Roberto Roversi mi ha parlato della crisi del pensiero laico nella società: esso è andato svanendo in quanto valore perché non si è voluto confrontarlo con i problemi attuali. Ma si tratta di una cultura che non deve avere nessuna paura, perché questo non è il momento di fermarsi. Le canzoni possono essere uno strumento in più per cercare di evitare gli errori del passato. In quest’ultimo album sono presenti contenuti importanti, solidi, come l’autenticità dell’essere, il ‘perdersi’ e il ‘ritrovarsi’. Come ne ‘La mia canzone per te’, un brano che non è stato scritto per Eluana Englaro, ma che ogni sera, quando la canto, mi riporta col pensiero a quella vicenda e all’inconsolabile dolore del padre, Beppino…”.