L’On. Federica Rossi Gasparrini è parlamentare del gruppo Udeur – Popolari per l’Europa e componente della commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati.

On. Rossi Gasparrini, il bipolarismo è ormai un esperimento fallito secondo lei?
“Io credo di no. Però sta dimostrando tutti i suoi limiti, perché in Italia, purtroppo, esistono formazioni politiche che non riescono ad essere, o non hanno interesse ad essere, forze di governo. Pertanto, le due coalizioni sul campo sono ostaggio di compagini che spingono in direzioni non sempre idonee ad un buon governo del Paese”.

Quale tipo di ‘centro’ potremmo immaginarci per il futuro politico del nostro Paese?
“Io sono sempre stata una convinta fautrice del ‘bipolarismo spinto’. Poi, però, si deve anche prendere atto della situazione complessiva del Paese. Io credo che, se alcune forze di area di centro, che non voglio definire ‘moderate’ in senso stretto, bensì moderne ed attente ai bisogni dell’Italia, creassero una nuova ‘federazione di centro’ che vuole candidarsi al governo del Paese - non dico ‘in esclusiva’, perché non riuscirebbe ad essere più di tanto determinante sul tipo di coalizione da proporre - allora forse potremmo rendere meno forte il peso dei partiti e delle organizzazioni ‘estreme’…”.

Lei non crede che, allo stato, siano solamente i partiti più piccoli a voler ridiscutere gli equilibri politici generali?
“Penso di no. Certamente, è più facile per i partiti ‘piccoli’ poter pensare ad uno ‘sganciamento’ dalle attuali coalizioni, al fine di dar vita ad una terza forza. Tuttavia, anche i partiti più grandi, talvolta, hanno grosse difficoltà ad interloquire con l’elettorato, non potendo fare una politica che corrisponda realmente all’ispirazione degli elettori…”.

Il suo partito è in grado di lanciare una campagna trasversale in grado di riformare nuovamente la legge elettorale?
“Se ciò divenisse determinante, sì. Perché Mastella ha coraggio, è una persona determinata ed ha una grandissima capacità politica. Secondo me, queste sono qualità importanti e l’Udeur potrebbe diventare un soggetto in grado di rafforzare veramente una nuova ‘coalizione di centro’. Un progetto di questo genere non solo lo spero, ma lo auspico, poiché il Paese, in questo momento, sta attraversando una fase di sofferenza. Di recente, un articolo ha riportato una dichiarazione dell’Unione europea che dimostrava come, in Italia, un cittadino su cinque sia a ‘rischio povertà’ e come i nostri giovani siano in condizioni di disagio profondo, senza lavoro o con poche prospettive. Proprio questo dovrebbe essere un tema su cui lavorare tutti ‘pancia a terra’: se non si combatte la povertà del Paese, per la salvaguardia dei giovani o per la protezione delle persone anziane, per quali motivi si dovrebbe decidere di diventare dei parlamentari”?

La farete una lista unica di democristiani alle prossime elezioni amministrative? Oppure dovremo attendere le consultazioni europee?
“Penso che ci saranno degli esperimenti, poiché si sta ormai affermando il principio che senza ‘ideologismi spietati’ si debba andare incontro al territorio, accettandone le scelte. Quindi, presumo che ci saranno, a seconda dei luoghi e delle candidature, liste ‘diversificate’. Ciò potrebbe accadere anche nella scelta degli schieramenti, pur privilegiando la coalizione di centro-sinistra. In ogni caso, non è detto che il centro-sinistra debba essere la sola opzione possibile, a livello locale, ed il simbolo sotto cui ‘correre’ potrebbe anche essere quello della nuova ‘federazione’. Naturalmente, queste sono decisioni che spettano a Mastella, anche perché non è detto che questa nuova ‘federazione’ debba per forza essere composta unicamente da democristiani: personalmente, preferisco pensare ad una ‘federazione di centro’...”.

Sempre restando sul tema della riforma elettorale, come vanno le trattative bipartisan che erano state predisposte dal Ministro per i Rapporti col Parlamento, Vannino Chiti? Su cosa ci si sta accordando, che lei sappia? Doppio turno alla francese o proporzionale con sbarramento (magari non troppo alto) alla tedesca?
“Non sono molto informata su cosa stia emergendo negli incontri di Vannino Chiti: so per certo che si tratta di un gran lavoratore e che sta cercando una mediazione. Tuttavia, credo sia presto per capire quale direzione potrà prendere una eventuale proposta di legge sul rinnovo del sistema elettorale. Insomma, credo sia ancora un discorso prematuro”.

Tra destra e sinistra non sarebbe ora di far nascere un ‘terzo polo’ che abbia una consistenza politica ed elettorale positiva, in un quadro di alternanza democratica?
“Voi state parlando con una persona che, fino a qualche mese fa, vi avrebbe detto no: meglio il ‘dualismo all’americana’. Oggi, invece, vedo in parlamento schieramenti, idee e divisioni su principi che sono, tante volte, assolutamente omogenei ed in cui ci si divide solo perché proprio ci si deve dividere, mentre poi, quando ci si confronta, il pensiero è comune. Ecco, a questo punto, penso sia ora di ragionarci sopra. O, quanto meno, di cominciare a farlo. Perché credo che questo Paese sia in grande difficoltà. Personalmente, sono ormai giunta alla conclusione che, per il bene della democrazia italiana, si debba riflettere senza pregiudiziali. E se dovesse anche nascere una ‘terza forza’: ben venga”!

Il ‘centro’ è un luogo puramente geografico della politica italiana, oppure possiede una propria caratterizzazione ideologica precisa?
“Nella realtà delle cose, il centro c’è già: è l’area del confronto sereno su principi universali e non settari, su temi che guardano al bene di tutti i cittadini, da quello del ‘profondo sud’ a quello del ‘profondo nord’, senza contrapposizioni profonde. E’ questo che il Paese si aspetta dal parlamento e dalla politica: delle risposte equilibrate. Ad esempio, in questo momento, il parlamento è come bloccato. In quanto parlamentare, mi dà la sensazione che ci sia quasi l’ordine che i deputati non debbano legiferare, soprattutto su quei temi che voterebbero tutti o quasi. Ecco perchè dico che il centro c’è già: si tratta di decidere se lo si vuole far emergere o se è solo un fatto ‘tattico’, perché ideologicamente è molto più forte di quanto non si creda. E noi di area moderata avremmo una gran voglia di una politica maggiormente equilibrata ed efficace. Essere moderati significa essere razionali in senso positivo, guardare alla storia, al passato e, al contempo, al futuro. Naturalmente, non in un futuro di ‘sradicamento’, bensì di prosecuzione della nostra cultura e delle nostre tradizioni, che sono le più belle. Spesso, tra parlamentari sorridiamo, perché ci capita di parlare lo stesso linguaggio, anche se poi votiamo diversamente…”.

Un partito di centro moderato, in Italia, deve essere per forza di matrice cattolica?
“Non è che deve, ma lo sarà, perché la cultura della moderazione e la stessa cultura italiana per molti cittadini prende l’avvio proprio da principi di matrice cattolica. Anche il liberalismo, che in passato è stato un nemico acerrimo della cultura cattolica, ha poi subito fortissime influenze da parte di quella tradizione. Quindi, il cattolicesimo, in fondo, ci ha insegnato a guardare ‘all’altro’, in senso sociologico, con attenzione e con rispetto, a capire che il prossimo vuole le stesse cose ed ha gli stessi bisogni che abbiamo noi. Non possiamo presumere che una persona diversa da noi abbia diritto a meno, bensì dobbiamo guardare a lui con amore, con attenzione, con altruismo. Ecco, dunque, in cosa risiede la mia cultura di ‘donna cattolica’. Poi, voglio sottolinearlo, io mi sento anche una donna liberale, perché sono favorevole a non vincolare l’economia aspettandomi, però, che l’imprenditore sia generoso e non gretto. Comunque, la mia sensazione, è che l’Italia sia permeata da sani principi, anche se poi abbiamo delle ‘devianze’ assurde. Forse è ‘colpa’ della televisione che impazza, o di alcuni film e di alcuni ‘giochi per ragazzi’ a spingere in altre direzioni. Questa è, tuttavia, una situazione di cultura generale che abbiamo importato da altre nazioni o che, peggio ancora, abbiamo introdotto ‘acriticamente’, senza distinguere ciò che sappiamo consapevolmente non essere adatto all’evoluzione culturale dell’uomo”.

C’è chi dice che inventarsi un’Italia di mezzo significhi semplicemente avere nostalgia dei democristiani: è così?
“No, secondo me, non è affatto così. Io incolpo gli uomini della Democrazia cristiana, soprattutto quelli dell’ultima fase, di non avere fatto spazio, con il loro comportamento, ad un rinnovamento interno, utilizzando in modo personale interessi di natura generale, senza rispettare quei principi per cui dichiaravano di essere stati eletti e per cui dicevano di voler fare politica. Li accuso perché non possiamo dire che la Prima Repubblica sia finita in modo sereno. Io me lo ricordo, quel periodo: fu una fase terribile, perché si percepì clamorosamente che c’era tanto ‘marcio’. Quindi, io non ho rimpianti della fase storica degli ultimi quindici anni o di quella che ha preceduto la ‘caduta degli dei’. Tuttavia, alcuni principi della Democrazia cristiana in seguito li ho veramente rimpianti. E reputo che al Paese, nella realtà, i partiti manchino, perché non c’è più il senso di una crescita all’interno di un sistema in cui ci sia la possibilità di selezionare, di formare per bene le persone alle responsabilità politiche: all’inizio fai il consigliere comunale; poi il sindaco; in seguito, il consigliere regionale e così via… Ecco: c’era veramente un iter preciso, un vero e proprio cursus honorum. Tutto questo spesso viene a mancare. Noi abbiamo buttato via il ‘bello’ e il ‘brutto’ del nostro sistema politico. Ma se voi mi chiedete se ho ‘nostalgia’ della Democrazia cristiana sappiate che io rappresento, in parlamento, un filone preciso di quella tradizione politica, che porte dentro di me con grande onore. Se vogliamo dunque rilanciare veramente questa grande cultura politica, dobbiamo ripartire da De Gasperi”.

Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio