C’è un
deficit di libertà, in Italia, nel campo della protezione e dell’estensione dei diritti civili, un deficit di nuove libertà pubbliche, una crisi già evidenziata dalla sconfitta referendaria sulla
fecondazione assistita. Si è riacceso un confronto che rischia di trasformarsi in uno
scontro fra laici e cattolici del nostro Paese. Vi sono
ragioni politiche e ragioni etiche che continuano non a separare, ma
a differenziare i punti di vista fra l’una e l’altra visione della vita, della società e della realtà.
I laici hanno il dovere di
misurarsi sempre con le visioni e le prospettive della
religione e di
rifiutare le banalità di certe forme vetuste di ateismo, di anticlericalismo o di materialismo. La questione, tuttavia, nel nostro Paese rimane aperta. E riguarda, innanzitutto, un bisogno sempre espresso della libertà umana che non può, in nessun campo e per nessuna ragione, essere limitata. Per questo motivo,
la laicità di cui parliamo e che sosteniamo non é soltanto la soluzione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, ma
una dottrina dello Stato e della politica, una moderna
filosofia della libertà. Affrontare con antico e permaloso cipiglio un problema che non mina l’esistenza e la tutela della religione, nasconde un
fondamentalismo, politico ed etico, che va respinto, pena la messa in discussione dei solidi e ben ancorati
principi di laicità scolpiti all’interno della nostra
Costituzione repubblicana.
La Chiesa svolge un ruolo
importante su un piano sociale:
l’associazionismo cattolico, quando ha obiettivi di
solidarietà e di promozione culturale, risponde ad un’esigenza reale del Paese. Ma quando si mescola nei
processi economici o nei meccanismi di opinione può essere perfettamente accusata di
un carattere relativista non meno sospetto di altri relativismi. La svolta progressista, sul piano sociale, è iniziata, in questo Paese, durante gli anni settanta con il
referendum sul divorzio. Ed è normale che, oggi, la Chiesa cattolica intenda ripartire dalla sconfitta dei referendum sulla fecondazione medicalmente assistita. Tuttavia, è anche necessario comprendere che svolgere una funzione politica di attenzione ai diritti civili corre di pari passo a quella dei diritti sociali, al fine di fornire una spinta ed un governo alle
giuste aspirazioni di autonomia e di libertà di tanti uomini e donne ricercando un giusto
equilibrio istituzionale fra le insopprimibili esigenze di sicurezza sociale e di libertà. In materia di modernizzazione del Paese, diritti civili e diritti sociali corrono, insomma, di pari passo. E, per questo motivo, in sede di stesura dei propri punti programmatici
socialisti, liberali, laici e radicali oggi non possono non far riferimento alla richiesta di pari diritti e di pari dignità per le
coppie di fatto. Per molti osservatori, questa appare questione tutto sommato
secondaria, un rifare il verso alla Spagna moderna per gettare una provocazione nel cuore di un’Italia cattolicissima. Ma la verità è che non vi è nulla che corrisponda di più ad un’altissima e nobile
etica laica se non il
far uscire dalla vergogna l’umanità nascosta, quella che spesso non si vuole vedere o che si fa finta di non vedere. E non vi è nulla di compassionevole se affermiamo che
migliaia di uomini e di donne, conviventi di fatto, da tempo attendono un riconoscimento giuridico, che vi sono problemi sociali drammatici, che non è più tollerabile che il nostro Paese rappresenti il
‘fanalino di coda’ nell’applicazione
dell’aborto farmacologico, così come nella
ricerca scientifica, opzione allontanta proprio
dall’elusione dei quesiti referendari del giugno scorso. Non vi è nulla di scandaloso nel fatto che
socialisti, laici, liberali e radicali vogliano oggi
aprire un dibattito che possa schiudere gli occhi a molti, che avvii una
discussione feconda e non banale, in sintonia con le
socialdemocrazie europee. Da più parti sono state sollevate obiezioni sul
carattere dirompente della polemica politica avviata contro le
gerarchie cattoliche del nostro Paese. Tuttavia, francamente io osservo che, in questa polemica, nonostante gli eccessi,
si sottolinea un problema che c’è, che esiste, nel nostro Paese. Lo hanno cominciato a porre forze politiche dalla solida e concreta
cultura laica, osservatori politici attenti, come ad esempio gli amici della redazione di
www.laici.it, e studiosi di rango che si domandano se
esiste veramente un rapporto di
‘parità nella libertà’ tra la Chiesa e lo Stato italiano.
Ha scritto di recente Sergio Romano: “La tentazione di occupare il vuoto lasciato dalla politica da parte della Chiesa è forte: fra i vescovi che partecipano alla vita politica e gli ‘atei devoti’ si è creato un brutto intreccio che oscura il confine fra la Chiesa e lo Stato e che non gioverà, in ultima analisi, né all’una, né all’altro”. In questi ultimi anni è nata
un’Italia molto diversa da quella delle generazioni post-unitarie. Non la riconoscerebbero come propria
Cavour e i cattolici - liberali, autori di una buona legge, quella cosiddetta
delle ‘Guarentigie’; non la riconoscerebbe
Mussolini, deciso, a suo tempo, ad usare la Chiesa e il cattolicesimo italiano per un progetto nazionale e imperiale; non la riconoscerebbero
Sturzo e De Gasperi, sempre attenti a difendere, ad un tempo,
l’indipendenza civile dei cattolici e le prerogative dello Stato; non la riconoscerebbe, infine,
Bettino Craxi, promotore di una
revisione del Concordato che ebbe il merito di limitare il potere della Chiesa sulla società. Il problema, lo ripeto, c’è. Esiste. La sensazione rimane quella di una
Chiesa cattolica che, dopo aver ricevuto una grande mano dallo Stato italiano, oggi
tenda a prendersi anche il braccio. Privilegi ed ingerenze non possono essere ritenuti
corretti binari di condotta politica: noi dobbiamo rispettare
il messaggio evangelico, ma non quando esso viene ‘trasformato’ in
disposizione dogmatica e strumentale, tesa a ledere e a violare la sovranità dello Stato e la libera determinazione dei cittadini. L’appello all’astensionismo in occasione dei referendum ha
violato vistosamente i Patti concordatari. Quando si sottoscrivono dei Patti, questi poi
vanno rispettati. E quando uno dei contraenti li vìola, l’altro ha il dovere di alzare la voce per farli rispettare. In questo senso, l’appello è stato mosso nei confronti di chi, oggi, sente il dovere di
difendere la laicità dello Stato, la sua libertà e la sua sovranità. Le recenti minacce della
teocrazia iraniana confermano, più di tante parole, quanti rischi si nascondano dietro l’insorgenza dei
fanatismi religiosi. E dietro la rivolta giovanile nelle
‘banlieu’ parigine non si cela solo
la disperazione e la povertà, ma una nuova bandiera di identità religiosa, blandita contro l’occidente, le sue opulenze e le sue contraddizioni. Per questo, tanto più
la temperatura del fanatismo religioso saprà scendere, tanto più si potranno compiere sforzi significativi per
contenere i rischi di un conflitto di civiltà. Se
l’Europa comunitaria saprà trovare la forza della coesione e dell’unità politica, essa
è destinata a svolgere un ruolo essenziale negli anni a venire.
Segretario Nazionale del Nuovo PSI