Raffaello MorelliIl Governo Draghi ha giurato. Quindi, si può dare un primo giudizio sul come ci si è arrivati e sulla sua composizione, nonché  riflettere sulla sua presumibile durata. Al Governo Draghi si è arrivati con un percorso assai rispettoso delle procedure della Costituzione. E’ bene che siano state sconfitte le manovre al di sopra del parlamento, avallate per troppo tempo dai mezzi di comunicazione. Il Governo Draghi è nato dalle dimissioni del Governo Conte 2 - tuttora con la fiducia delle Camere - in base alle sagge indicazioni del presidente Mattarella, nel pieno esercizio del suo ruolo e ha poi preso forma nello stile dell’ex presidente della Bce, che predilige l’agire al fare discorsi roboanti. Così, la sua vasta esperienza tecnica, congiunta a una dimostrata sensibilità nel valutare gli impatti sui cittadini delle scelte economiche – comprovata nel salvataggio dell’euro all’insegna dell’impostazione più coerente dei valori Ue, che ha sconfitto l’austerità – è riuscita a dar vita a un governo in piena continuità politico-culturale con il precedente (l’onorevole Meloni ha già constatato che nel Governo Draghi c’è più di mezzo Governo Conte 2). Per un giudizio sulla composizione del Governo Draghi occorre, pertanto, una premessa: il valore effettivo lo darà la sua effettiva capacità di essere ‘squadra’. Lo sguardo ai nomi dei ministri consente, però, alcune valutazioni. Intanto, smentendo i fautori della discontinuità, è un governo con più ministri politici (15) che tecnici (8) e un minor peso delle donne rispetto al Conte 2 (il genere va coniugato con la competenza e non è un valore in sé).  Inoltre, ci sono due consistenti e caratterizzanti impegni politici: un rinnovato ruolo al ministero per la Transizione ecologica (cioè impresa e cantieri devono aver consapevolezza dei riflessi ambientali) e la volontà di realizzare la transizione digitale nella Pubblica amministrazione e nella struttura imprenditoriale. Impegni affidati a due tecnici di rilievo: il fisico Cingolani, suggerito da Grillo e il manager Colao, già utilizzato da Conte nella tarda primavera del 2020, per preparare il piano di rilancio economico, poi non attuato per le resistenze burocratiche. Comunque, il fatto più significativo nel Governo Draghi è l’assenza di incarichi in ‘tema-Ue’. La qual cosa significa che della materia se ne occuperà il presidente del Consiglio. In prima persona – visto che lui è un convinto assertore dei valori del ‘progetto civile Ue’, nonché parte della ristrettissima schiera di esperti dei suoi meccanismi – e con la collaborazione dei ministri economici, persone a lui molto legate già prima. Non è insignificante anche la scelta di ministri politici: rivali sì, ma tutte personalità che nei rispettivi gruppi (anche quello sovranista) svolgono l’attività politica in un quadro moderato ed europeista. Infine, una riflessione sulla presumibile durata del nuovo esecutivo. Non se ne parla (nell’illusione che le novità siano eterne), ma è il vero ‘convitato di pietra’. Anche perché, la durata si interseca con la scadenza di Mattarella, tra neppure un anno. Da una parte, l’interrogativo è sulle tensioni per le insoddisfazioni politiche: come reagirà la sinistra barricadiera? Peseranno i protestatari del M5S gonfiati dai media contro Grillo? Come motiverà il Salvini a spasso e la radicale svolta della Lega? Dall’altra parte, è verosimile che il governo durerà finché Draghi avrà materia per svolgere il suo compito nell’agevolare il ‘Recovery Plan’, mediante programmi italiani adeguati a finanziare la transizione all’economia ambientale e l’innovazione digitale. Sulla durata, insomma, più che i numeri precisi penso valga il criterio usato nelle ricette di cucina: durerà quanto basta.




Presidente della Federazione dei liberali italiani


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