Una recente lettera
dell'Ordine dei medici di
Taranto al
ministro della Salute, al
presidente della Regione Puglia e al
sindaco, esprime il rifiuto della
conoscenza scientifica come base, nei secoli, del miglioramento delle condizioni dei cittadini fondate sulla
democrazia. Pertanto, va
criticata con durezza, perché dannosa alla libera convivenza.
L'Ordine dei medici scrive:
"E' inaccettabile che il lavoro possa comportare, o addirittura prevedere, il danno alla vita o alla salute di una parte della popolazione. I tarantini che vivono nelle vicinanze dell'impianto siderurgico, a causa di questa condizione, vengono declassati, in violazione della loro dignità umana e in spregio dell'unicità della loro vita, a meri strumenti della produzione, usurabili quanto necessario, se operai, o destinati a essere recettori inermi dei rifiuti tossici dell'attività industriale se cittadini". Ciò, secondo
l'Ordine dei medici di
Taranto è
"una diseguaglianza nei diritti all'interno della nazione. La situazione si configura come "ingiustizia ambientale. La condizione economica s'impoverisce a causa del territorio espropriato e reso inutilizzabile a causa della contaminazione". Tali concetti, espressi al giorno d'oggi - tra l'altro da persone che dovrebbero avere professionalità - eludono le più elementari regole del vivere nel
mondo reale, stando ai fatti. Diffondono
l'ideologia utopistica secondo cui potrebbero essere atti privi di difficoltà e di rischi
le scelte che i cittadini compiono per organizzare lo stare insieme e per procurarsi il lavoro. Per questa
ideologia, se difficoltà e rischi ci sono, è colpa del
sistema o di qualcuno che
imbroglia. Diffondendo questo, si cerca di cancellare la realtà. Difficoltà e rischi sono
insiti nel quotidiano. Sono stati limitati solo attraverso l'ampliarsi della
conoscenza, che ha individuato i mezzi operativi più adatti per ridurre i
pericoli dell'agire e che ha individuato nel voto di ogni cittadino il sistema più efficace per le scelte politiche ed economiche del convivere, così da ridurre quelle pericolose anche attraverso i
controlli. Ma
certezze totali e
definitive non possono esserci. Per vivere e operare esistono solo
meccanismi sperimentali, da vagliare in base ai
risultati. Le richieste avanzate
dall'Ordine dei medici (valutazione dell'impatto sanitario secondo le linee guida nazionali o autorizzazioni alla produzione legate all'epidemiologia di danno alla salute e alla vita, anche connesse alle ricadute ambientali) si giustificano solo nell'ambito di
comportamenti consapevoli dei pericoli reali e della necessità di scelte conseguenti. Altrimenti, equivalgono a un aizzare autolesionistico.
L'Ilva di Taranto è il monumento agli errori fatti da tutti: istituzioni nazionali e locali, sindacati d'ogni colore, cittadini che hanno messo la testa sotto la sabbia, sperando di poter prescindere dal conoscere i meccanismi indotti dalle
scelte compiute. Ma sono le scelte che consentono i
diritti ambientali e
creano ricchezza. Non il
moralismo utopico.
Presidente della Federazione dei Liberali italiani