Ora che il risultato del referendum è stato metabolizzato, vale forse la pena di esporre alcune considerazioni e proporre una piccola provocazione laicista.
Pannella e i radicali - Assistiamo al triste
contrappasso di una vita politica spesa
controcorrente, della capacità di rappresentare la maggioranza degli italiani
partendo da posizioni minoritarie. Pannella, che ha
‘fecondato’ gran parte della politica italiana, vive oggi
il crepuscolo di una posizione tanto autoreferenziale quanto sterile.
Due gli errori più gravi: non aver capito che
l’istituto del referendum è stato ucciso dall’overdose somministrata agli italiani proprio dai radicali, e che da quello sulla responsabilità dei magistrati, il cui risultato è stato disatteso dal parlamento, la vera battaglia radicale non era
proporne di nuovi, ma battersi per l’applicazione dei risultati popolari. Ed eventualmente
riformare l’istituto adeguandolo ai tempi. Ma c’è stato anche un grave errore di comunicazione:
la parola vita è stata regalata agli avversari. La fecondazione è un modo per dare la vita, mentre
è passato il concetto che fosse il contrario, cioè morte.
La Chiesa cattolica - Sin dal giorno della sua elezione, Papa Benedetto ha posto l’accento sul
ruolo universale della Chiesa, ricordando che appunto questo è il significato originario del termine cattolico. A fronte di questa enunciazione le gerarchie si sono spese, e hanno speso, oltre l’immaginabile non per una questione mondiale, che è già piccola cosa in confronto all’universo, non per una questione europea, che è piccola cosa in confronto al mondo, bensì
contro una legge ordinaria di un piccolo Paese. Questo enorme impegno, a fronte di un obiettivo così modesto, perpetrato con astuzia tattica, è l’esatto opposto della idealità fondamentale che si prefigge. La Chiesa ha vinto la battaglia, ma ha perso l’onore. Presto se ne accorgerà.
I laici astensionisti - Alcuni laici di chiara fama hanno assunto una
posizione convergente con le gerarchie ecclesiali.
Marcello Pera ha spiegato questa scelta argomentando, tra l’altro, che bisogna porre un argine al
calo di tensione etica degli italiani. E che i laici devono guardarsi dal
trasformare i capricci in desideri e i desideri in diritti. L’osservazione è acuta, e sottolinea un problema vero. Ma
la soluzione adottata non è condivisibile in quanto
nega alla radice il metodo laico. Non propone al singolo uno strumento di emancipazione ma impone per legge un principio (apparentemente) etico. Inoltre, il dichiarato appoggio alla scelta astensionista, pur se legittimo, appare quanto meno
inopportuno per chi siede sullo scranno più alto del Parlamento.
I laici integralisti - La posizione astensionista di questi laici ha indotto
reazioni inaccettabili. Le legittime, quanto non condivisibili, motivazioni sono state vissute come
un tradimento. Alcuni, che appartenevano
al glorioso Pli, hanno voluto dare l’ennesima dimostrazione di come abbiano sciupato i loro talenti
denunciando alla magistratura il presidente del Senato per istigazione all’astensione. Cioè per un reato di opinione. Una volta
i liberali si battevano per abrogarli questi reati fascisti, oggi invece questi signori si ingegnano per
integrare le competenze della magistratura inquirente con materia esclusivamente politica.
La provocazione - La Chiesa cattolica percepisce, ogni anno, qualcosa come
2000 miliardi grazie al gettito
dell’8 per mille. La percentuale degli italiani che esprime la propria volontà in tal senso è minima, si dice
meno del 3%. Il fatto è che il gettito di tutti quelli che si astengono viene ripartito secondo la percentuale di opzione espressa da coloro che invece esprimono la propria volontà.
Che facciamo, cambiamo il criterio di ripartizione dell’8 per mille o il metodo di computo dei voti referendari?
Articolo tratto dal quotidiano "L'opinione di Firenze" del 17 giugno 2005