Ilaria CordìScelsi di fare la giornalista perché, quando ero una ragazzina, mio nonno mi disse che avevo "una buona penna". Da bambina, scrivevo poesie: a mamma, a papà, al nonno. Ne scrissi una anche per la nascita di mio fratello. Poi, un giorno, vidi una signora dai capelli rossi, al Tg1. Era brava, forte, aveva una penna in mano e diceva le cose con una semplicità encomiabile. Quella signora dai capelli rossi cambiò per sempre la mia 'penna': da 'scrittrice' di poesie a 'narratrice' di informazioni e novità. D'impeto scelsi il Liceo classico, per una sintassi letteraria più robusta. All'università optai per Filosofia, al fine di distinguermi da coloro che preferivano Scienze della comunicazione. Infine, presi una seconda Laurea in Informazione, Editoria e Giornalismo, per una specialistica più raffinata nel campo. Mi sarebbe piaciuto andare alla 'Luiss' o alla 'Bocconi', ma ho preferito 'volare basso'. Nell'arco di una decina d'anni, riconducibili alla cosiddetta 'adolescenza', ero passata dalla poesia ai più complessi sistemi della linguistica cognitiva, per analizzare le frasi dei politici italiani e i loro 'sottotitolati', perché ovviamente, in tutto questo periodo di parziale incoscienza, presi per lo meno coscienza del fatto che tutto è politica. Un salto di qualità, possiamo dire. Una qualità non riconosciuta da tutti, ma qualche soddisfazione ho cominciato a togliermela. Intanto, gli anni passavano e, nel corso di questi ultimi, le voci si susseguivano e dicevano sempre la stessa cantilena: "Lo sai che non c'è lavoro, vero"? In quel momento, sembravano aver ragione. Anzi, la situazione era peggio di quella che pensassi, ma 'incaponita' ho lasciato correre e ho proseguito per la mia strada, facendo alcune scelte sbagliate, altre giuste, tante di cui vado fiera e che rifarei ogni volta. Il giornalismo è un mondo che non permette di guardarsi indietro: devi stare sempre di 'punta' verso la notizia, altrimenti si perde anche l'ultimo posto della fila. Il tuo essere una persona, il tuo essere venuto al mondo, il tuo destino, poi, improvvisamente ti mette alla prova, come se non fosse già difficile affrontare una quotidianità costante e ripetitiva. Ma combatti anche contro il destino e vinci le tue 'battaglie' (perché la guerra non si può) e vai avanti. Riprendi il 'fil rouge' che avevi lasciato: "Lilly, aspetta che sto arrivando". Stampa curricola e vai. "Buongiorno, posso lasciare il curriculum"? Puntualmente, con un sorriso stanco e demoralizzato, ricevi sempre la stessa risposta: "Si, si, certo: quando arriverà il responsabile glielo consegneremo". Puntualmente, non ricevi risposta. Oppure, ti arriva una chiamata che ti dice: "E' la signorina Ilaria? Bene, abbiamo visto il suo cv (come di consueto i complimenti per quest'ultimo e la battuta "Ma lei ha fatto tutte queste cose'?): le andrebbe bene fare la comunicazione 'outbound' per 300 euro mensili più provvigioni"? Si badi bene che stimo chi riesce a dire questo tipo di cose: personalmente, non ne sarei capace. E comunque, per 300 euro se si è fortunati, full-time ancora meno. Decisi, perciò, di provare l'esperienza 'Garanzia Giovani': qualcosa che non consiglierei neanche al mio miglior nemico, o peggiore amico, perché da una Regione che non ha l'acqua nemmeno per "sciacquare i panni nel Tevere" sto ancora aspettando dei soldi da quasi un anno, per aver lavorato in un posto che mi ha fatto vestire da 'principessa' (e, per la cronaca, il vestito da Cenerentola mi stava un amore...). In base alle esperienze fatte e all'insegnamento dei miei genitori, mi son detta che il lavoro (qualsiasi esso sia) nobilita l'uomo. Ma le 'stellette' sulla divisa ancora non le ho viste, il mio conto in banca tende sempre più al rosso e la medaglia d'oro per la Patria ancora non l'ho ricevuta. Siamo sempre fermi sulla 'curva ascendente', dove si pensa che il giovane, pur di lavorare, faccia anche lo 'schiavo' per due soldi, quando arrivano. Vergogna. Vergogna, per chi pensa che i giovani non abbiano diritto a costruirsi una vita e un'indipendenza dai genitori. Vergogna, per una società che ci spinge a fare figli per poi non sapere nemmeno con cosa sfamarli. Vergogna, perché ci avete ammazzato i sogni. Si, studiamo controvoglia, ma lo facciamo; si, qualche volta ci ubriachiamo perché 'fa figo', ma il giorno dopo ricominciamo tutto da capo; sì, facciamo i 'figli di papà' perché la società ci obbliga a farlo, per mantenerci uno stile di vita alto a discapito di 4 vecchie mani che hanno sempre faticato. Ci costringono a emigrare per garantirci un futuro. Oppure, ci obbligano a rimanere perché noi siamo "l'Italia del domani". Rimaniamo e assistiamo alla perdita di valori di una politica corrotta e irresponsabile, per poi ascoltare, qualche anno fa, queste parole: "I bambini devono tornare a nascere e serve educare alla maternità. Ho in testa una nuova sfida: un grande piano nazionale di fertilità. Il crollo demografico non è solo economico, ma anche sociale. È una decadenza che va frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie. Bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema. E bisogna prendere decisioni per aiutare la fertilità, in questo Paese: e io ci sto lavorando. Sia chiaro: nessun retropensiero e nessuno schema ideologico, ma dobbiamo affrontare il tema di un Paese dove non nascono più bambini". Ad affermare queste cose, l'allora e attuale ministra per la Salute, Beatrice Lorenzin. Gentilissimo ministro, le donne (e gli uomini) non fanno più figli perché sono precarie, perché sono sfruttate, perché sono 'intontite' dalla perdita di morale, perché stanno ancora a casa con mamma e papà e costruirsi una famiglia diventa un sogno totalmente utopico: quasi come vincere al 'Superenalotto'. Nell'ultima Giornata della Gioventù, anche Papa Francesco ha sollecitato i giovani a non essere "giovani-divano". E qualche anno fa, una signora che allora era ministro del Welfare ci ha sollecitato a non essere "choosy". Infine, non tanti mesi fa, un altro ministro ci ha consigliato di "tirare due calci al pallone", invece di portare in maniera compulsiva curricula ad aziende e uffici. Tutte queste persone che dispensano consigli e pareri, con il vezzo mentale di sapere cosa è meglio per chi è giovane. E nessuno che si è preoccupato di creare nuovi mercati, nuove imprese, nuove opportunità. Per fortuna, nel frattempo è arrivato internet. E il mondo della comunicazione ha potuto prendere un sospiro di sollievo, riportando la funzione del fare informazione ai suoi princìpi di origine. In rete, ci sono 'vagonate' di 'fake news', ma anche questo, alla fine, è servito a farci tornare a parlare della figura del giornalista, dell'importanza del suo ruolo nella società e anche dei suoi limiti deontologici. In un mondo 'sregolato' è importante che qualcuno si ponga la questione di crearne qualcuna intelligente e innovativa. Per concludere questa 'arringa di sfogo', questo 'vomitare' la realtà per denunciare l'ipocrisia di una società ottusa, voglio dire ai tutti quei giovani che se ne sono andati per costruirsi un futuro, che noi, vostri coetanei, vi stimiamo e vi ammiriamo per aver avuto il coraggio di fare i bagagli e, tra le lacrime, lasciare tutto per rimettere in piedi la vostra vita. Saremo con voi sempre. Tuttavia, pensate anche a noi che non abbiamo avuto il coraggio di andarcene, che soffriamo di ansie e paure continue, che abbiamo preferito la certezza di mamma e papà, che prendiamo lodi e master convinti di diventare qualcuno, che vorremmo tanto cambiare le cose in questa 'Italietta' mortificante, cinica e tremendamente 'vecchia' nella sua mentalità. Pensate anche a noi, che scriviamo lettere a uno Stato mai nato, aguzzino di sogni. Io, di certo, non smetterò mai di fare la giornalista.


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Ilaria Cordì - Civitavecchia - Mail - lunedi 3 luglio 2017 11.21
Ti ringrazio Luigi.
Luigi - Pescara - Mail - lunedi 3 luglio 2017 10.52
Bravissima.
Ilaria Cordì - Civitavecchia - Mail - lunedi 3 luglio 2017 10.49
Ciao Sonia.
Ti ringrazio per il commento. E purtroppo si, la situazione non è bella ed era giusto denunciarla ancora.

Grazie ancora
sonia - lecce - Mail - lunedi 3 luglio 2017 10.28
Complimenti per l'articolo, hai centrato il problema dei giovani.


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