Annamarie Jacir è la regista del film 'When I saw you', conosciuto a livello internazionale poiché racconta una drammatica vicenda accaduta sullo sfondo dell'eterno conflitto tra israeliani e palestinesi. Abbiamo perciò deciso di partecipare a uno degli incontri organizzati dalla Fondazione Aamod, che ci ha dato la possibilità di toccare con mano una realtà lontana, grazie anche all'intervento via Skype della giovane artista indipendenteIl 4 febbraio scorso, presso la
Fondazione Aamod (Archivio audiovisivo del Movimento operaio e democratico) abbiamo partecipato all'appuntamento mensile romano - in programma ogni primo giovedì del mese -
'Cineforum Palestina' (clicca QUI) in cui è stato proiettato il film della regista
Annamarie Jacir, 'When I saw you' (2012), alla presenza del
presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio, Salameh Ashour. Nel
2013, la pellicola è stata proposta alla candidatura per il
Premio Oscar, ma non venne candidata
dall'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l'organizzazione professionale degli
Stati Uniti fondata nel
1927 per sostenere lo sviluppo dell'industria cinematografica nazionale. Recentemente, il
12 gennaio scorso, l'opera è stata riprodotta a
Venezia per il secondo anno consecutivo, nella rassegna di film palestinesi intitolata
'Cinema senza diritti', un evento organizzato da
Maria Grazia Gagliardi e
Pina Fioretti per valorizzare la filmografia palestinese.
La tramaSiamo nel
1967, durante la
'Guerra dei sei giorni', in uno dei tanti campi per i rifugiati in
Giordania. L'undicenne
Tarek è un bambino curioso e dagli occhi scuri, che vive in una delle tante baracche del campo insieme alla giovane madre. Il bimbo è vispo e intelligente, ma non sa leggere e ha una vera passione (e talento) per i
numeri. È un bambino insoddisfatto e malinconico, alla continua ricerca di qualcosa (specialmente del padre), voglioso di tornare nella sua casa e nella sua terra. Una mattina decide di preparare il proprio zaino di pelle e sparire, andando verso quella terra e alla ricerca di quel padre di cui non ricorda neanche il volto. Cala la notte, il deserto immenso e silenzioso suscita una paura sconosciuta nel piccolo, ma il sonno ha la meglio su di lui. Al suo risveglio, davanti ai suoi occhi c'è un giovane uomo che gli porge la propria borraccia d'acqua e decide di portarlo con sé.
Tarek arriva in uno dei tanti campi di combattimento dei cosiddetti
'Fedayyìn', i gruppi militanti che combattevano quella guerra sanguinosa. Col passare dei giorni, il piccolo palestinese diventa uno di loro, vede in tutti quegli uomini coraggiosi la figura paterna e prova finalmente un po' sollievo, sentendosi al sicuro e, forse per la prima volta, a casa. Una mattina, però, vede arrivare sua madre, scampata alla distruzione del campo a causa di un missile. Questa è solo l'ultima motivazione che mancava a
Tarek per assumere un ruolo attivo in questa guerra. Alla decisione del gruppo di militanti di partire nottetempo per andare a combattere la loro guerra, il ragazzo ha tutte le intenzioni di andare con loro, ma il capo milizia lo obbliga a tornare in quella tenda nel bosco, piena di sogni e speranze. Stufo di quella vita e con l'insoddisfazione riaffiorata, decide di ripreparare lo zaino e rimettersi in viaggio verso la sua terra. La madre, al risveglio, si accorge della mancanza del figlio e allerta i miliziani, i quali organizzano subito un gruppo di ricerca.
Tarek è ormai al confine, innanzi alla frontiera di filo spinato e camionette di militari che lo divide da casa sua. La madre, alla vista di questa scena, corre, prende per mano il figlio e, insieme, si dirigono verso la loro
Terra promessa. Contenuti del filmÈ la storia di una guerra per la propria identità raccontata attraverso gli occhi di un bambino indifeso, che rende la
Palestina metafora di un qualcosa che non si conosce, che non tutti hanno ben chiaro, se non coloro che sulla propria pelle vivono e hanno vissuto questa vicenda.
"Ho scelto Tarek come bambino protagonista", ha ricordato la
Jacir in videocoferenza,
"perché aveva un enorme spirito di libertà, era un bambino e un adulto allo stesso tempo. E' un film-domanda", ha spiegato la regista "nel quale ci si chiede come quella generazione abbia abbandonato l'idea di combattere. È una critica alla leadership. E la risposta a tale domanda è: un giorno torneremo". Numerosi fattori, però, rendono impossibile il concludersi di questo conflitto. Bisogna dire che non vi è più lo scontro solamente fra due parti, ma un confluire di rapporti internazionali condizionanti e un giro di denaro dovuto allo scambio/vendita delle armi, che rende la fine del conflitto una mera utopia. Con la
'Guerra dei sei giorni' si attuò l'occupazione di
Gaza, la quale fino ad allora era controllata dal Governo egiziano de
Il Cairo, con la conseguente occupazione di
West Bank, ovvero la
Cisgiordania. Essa si concluse nel
1981, con le
alture del Golan cedute alla
Siria e la
penisola de Sinai annessa
all'Egitto, il quale la restituì l'anno seguente. La situazione era ed è molto complicata, tanto che
Annamarie Jacir ha espressamente affermato che
"c'è bisogno dell'appoggio della comunità internazionale, che fino a oggi ha assistito solo a fallimenti". Attualmente, l'ultimo conflitto è esploso nel
luglio del 2014 fra
Israele e l'organizzazione politico-militare di
Hamas, una forza creata nel
1987 che occupa e governa, da 8 anni a questa parte, la
Striscia di Gaza.La Storia ante litteramContestualizzando il periodo storico del film di cui abbiamo preso visione, lo sconcerto è innanzitutto quello di dover prendere atto di una
guerra 'perenne'. I motivi del conflitto sono riconducibili alle reciproche volontà di espansione territoriale e al successivo controllo di essi; al perverso rapporto fra Stato e religioni; alle diverse influenze straniere; al possesso di beni e risorse materiali preziose, quali per esempio il petrolio. Ma facciamo un passo indietro e vediamo quando e perché quest'eterna discordia ha cominciato a tessere le sue fila. Con la riapertura del
Canale di Suez, il 17 novembre 1869, si verificarono il primi attriti fra le popolazioni per il controllo del
'naviglio' artificiale situato in
Egitto e avente uno sbocco sia sul
Mar Mediterraneo, sia sul
Mar Rosso. Con l'avvento dell'era petrolifera e la scoperta degli innumerevoli giacimenti del
Medio Oriente, l'Europa imperialista e non solo, dopo aver aspettato il tramonto
dell'Impero Ottomano, cominciarono ad avanzare pretese verso quei territori, fino ad allora poco considerati. Con l'accordo (segreto) di
Sykes-Picot (1915-1916) tra
Regno Unito e
Francia, si stabilirono le diverse sfere di influenza:
Haifa, Iraq e Giordania sotto il
'mandato' della prima;
Turchia del sud, nord dell'Iraq, Siria e Libano sotto il controllo della seconda. Rimaneva fuori il territorio della
Palestina, che venne affidato agli accordi internazionali tra i governi di diversi Paesi. Fu in quel momento che il
sionismo politico, prendendo coscienza di sé, occupò alcuni territori vicino al fiume
Giordano, richiamando così l'idea del
Regno di Giuda e Israele conosciuto nella Bibbia. I
Trattati di Versailles assegnarono poi il
'mandato' per l'amministrazione della
Palestina all'Impero britannico, ma la minaccia di una guerra mondiale indusse il ministro degli Esteri inglese,
Eden, a proporre un accordo per la creazione di uno
Stato indipendente, sulla base di un'obbligata coesistenza etnica. Col finire della guerra, cominciarono i dissidi tra
inglesi, ebrei e arabi, fino a quando, nel
1947, la
Gran Bretagna decise di ritirarsi dal territorio, permettendo in tal modo
all'Assemblea generale delle Nazioni unite la divisione geografica della
Palestina in due parti: una affidata al popolo
arabo; l'altra al popolo
ebreo. Lasciati gli
inglesi alle spalle, venne proclamato, nel maggio
1948, lo
Stato di Israele. Immediatamente esplose la guerra, poiché gli
Stati arabi ritenevano che la creazione della nuova entità politica fosse un
atto di forza fondato su basi religiose e razziali. Prese dunque il via una lunga stagione di conflitti, tra i quali la
'Guerra dei sei giorni', raccontata appunto nel film della
Jacir e di territori occupati che divennero teatro di una guerriglia sanguinosa e perenne, come la
Cisgiordania o la stessa
Striscia di Gaza.