Raffaello MorelliIl 29 gennaio scorso, i senatori Compagna (Ncd) e Manconi (Pd) hanno presentato - avvalendosi del lavoro di Federazione dei liberali (membro di Internazionale liberale), Liberali italiani e Nuovo Pli - il ddl S. 1290 (Misure al codice di procedura penale in materia di misure cautelari) che risponde alla condanna della Corte dei Diritti umani all’Italia per la violazione dei Diritti umani per il sovraffollamento delle carceri. Lo fa innovando profondamente la materia, al di là delle modifiche fatte di recente e in corso alle camere. Con i primi otto articoli ridefinisce e restringe le condizioni della carcerazione preventiva, legandola a casi precisi. Così gli abusi della custodia cautelare da parte della magistratura, con l’assistenza della stampa, saranno  molto meno agevoli (il che irrobustisce la regola per cui solo il processo può privare un cittadino della libertà) e si bloccherà il flusso di entrata nelle carceri dei non condannati. Con l’articolo 9, il ddl S. 1290 compie un atto di realismo con una forte carica innovativa in Italia. Gli effetti della condanna della Corte di Strasburgo fanno sì che dalla fine del prossimo maggio l’Italia rischi una multa di 60/70 milioni di euro per ogni anno di persistenza delle condizioni di sovraffollamento carcerario. Il  problema non viene risolto con i provvedimenti delle ultime settimane, né con le modifiche sul piccolo spaccio, né con l’eliminazione del reato di immigrazione clandestina, né con la dichiarata (12 febbraio) incostituzionalità, per motivi di tecnica legislativa, della norma sulla equiparazione di droghe leggere e pesanti sotto l’aspetto delle sanzioni. Al massimo, si potrà arrivare a liberare intorno ai 9 mila detenuti, cioè solo tra il 40% e la metà dei 20 mila reclusi eccedenti la capienza massima delle carceri (senza considerare il tempo per farlo, dato che, per i detenuti condannati in base alla norma incostituzionale, andrà rideterminata la pena in base alla legge del 1990 rientrata in vigore, senza la punibilità dei consumatori tolta dal referendum del 1993, e dunque una procedura non brevissima). L’art.9 del ddl S. 1290, invece, congiunge il principio di civiltà per cui, salvo delitti molto gravi (omicidio, strage, sequestro, rapina, associazione criminale,  violenza sessuale) un cittadino può essere privato della libertà solo dopo un giudizio definitivo, alla contingente e urgente necessità di rimuovere la causa della condanna della Corte dei Diritti umani, cioè il sovraffollamento carcerario. Ottiene questo risultato stabilendo, senza ‘arzigogoli’, che tutti i detenuti non condannati alla data di entrata in vigore di questa norma vengano messi in libertà. Un simile provvedimento libererebbe gli edifici carcerari di più di ventimila persone, risolvendo alla radice la causa del sovraffollamento. In più, questione essenziale, il ddl S. 1290 non avrebbe bisogno della quasi impossibile maggioranza dei 2/3 dei parlamentari che la Costituzione impone per amnistia e indulto (che oltretutto danno messaggi contrastanti con il significato della pena, che una volta erogata dovrebbe anche essere  espiata). Approvare il ddl S. 1290 di Compagna e Manconi sarebbe una vera e propria svolta politico-culturale. La convivenza non sarebbe più regolata in base alle ‘grida’ della sicurezza conformistica che, avendo paura di ogni novità, invoca i comportamenti comunitari al di fuori delle leggi e si affretta a chiedere il carcere. E, insieme, taglierebbe le ‘unghie’ alla giustizia come esibizione del proprio potere praticata da alcuni pm e da certa magistratura. Insomma, sarebbe un’iniezione di libertà civile, così carente in Italia.




Presidente della Federazione dei liberali
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