È questione di queste ultime settimane il serrato dibattito, sia all’interno della società vaticana, sia di quella civile internazionale, dei molteplici casi di abusi sessuali perpetrati da preti cattolici nei confronti di bambini e ragazzi in diverse diocesi nazionali ed estere. Tra i casi più eclatanti vi è senza dubbio quello tedesco, confessioni postume di prelati ‘pentiti’ che ammettono di aver abusato di minori per anni durante il proprio servizio sacerdotale e pastorale. Inoltre, dopo la condanna ai preti pedofili americani, con la richiesta di risarcimenti milionari alle vittime degli abusi e dopo il caso avvenuto nell’Irlanda cattolica, dove i prelati sono giunti perfino a richiedere nel passato il voto del silenzio a due bambini di nemmeno quindici anni sulle violenze subite, la questione sulla castità dei preti, ma soprattutto sul comportamento dell’intera Chiesa cattolica nel corso della sua Storia prende il sopravvento e coinvolge, con forza, tutta la società, credente e non credente. Perché il comportamento omertoso condotto fino a oggi dalla Chiesa di Roma appare sempre più un abuso di potere nei confronti delle vittime, delle loro famiglie e dell’intera comunità. Gli abusi sessuali commessi su bambini e bambine costituiscono un delitto mostruoso, che ai nostri occhi appare ancora più grave perché commesso a discapito della parte più debole della comunità: i minori, che per loro stessa natura (il mancato raggiungimento della pubertà o della maturità) non hanno ancora raggiunto un livello cognitivo che li possa proteggere, o almeno cercare di proteggere. Sono bambini ancora non sono consapevoli della propria sessualità, né della sessualità in generale, che nella loro innocenza si sono affidati a degli adulti, a dei consiglieri spirituali perché ritenevano di riceverne protezione, non violenza. Il delitto, già odioso di per sé, diviene ancor più infame se commesso da un chierico, da un prete, da un vescovo, da un rappresentante della Chiesa cattolica, da un uomo che ha donato la sua vita all’evangelizzazione, all’insegnamento della morale e dell’etica, all’educazione e alla predicazione del bene, al rifiuto del male. Il problema, probabilmente, è favorito dalla sessuofobia o dalle diverse forme di repressione sessuale che, tuttavia, non colpiscono solamente i sacerdoti per il voto di castità compiuto all’inizio della loro missione: la connessione tra pedofilia e dogma celibatario non è ‘diretta’, così come non vi è alcun legame scientifico che colleghi la pedofilia all’omosessualità. La recente affermazione del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, rimbomba e si amplifica per la sua illogicità, per la sua sconnessione. Ed è apparso assurdo che la Chiesa, ormai incapace di dare al mondo un segno chiaro e deciso sulla propria posizione, debba ripiegare su accuse senza senso, prive di fondamento scientifico. La Chiesa di Roma è sempre più in difficoltà di fronte a un ‘bombardamento’ mediatico e sociale che la vede accusata di aver taciuto di fronte a delitti così crudi e così diffusi al suo interno, di aver nascosto i colpevoli, di averli negati alla giustizia laica e nazionale, di aver creato un muro davanti alle vittime e alle loro famiglie, di aver chiuso gli occhi di fronte alle richieste di aiuto dei suoi fedeli. La Chiesa, così facendo, ha infranto il suo mandato, ha ‘tradito’ il suo gregge, non è stata in grado di ‘controllare’ i pastori che essa stessa sceglie e forma e poi invia in tutte le parti del mondo per ‘accudire’ le comunità di credenti. Non è sufficiente e anzi appare ancor più deludente l’affermazione di chi sminuisce la gravità dei fatti e si appella alla scusa che “casi simili sono presenti anche nelle altre comunità religiose”. È possibile che la pedofilia esista anche nelle altre Chiese, così come il fenomeno appare sempre più presente nelle società laiche, ma il cattolicesimo non ci insegna a guardare “la trave nel nostro occhio”, anziché occuparci “del granellino di polvere in quello degli altri”?