Vittorio Lussana

L’arroccamento del mondo scientifico ed intellettuale italiano, avvenuto in occasione della mancata visita del Papa all’Universita ‘la Sapienza’ di Roma, è diretta conseguenza delle prese di posizione e degli atteggiamenti di molti ambienti cattolici e della stessa Santa Sede. Intorno alla questione della moratoria sulla 194, ad esempio, le gerarchie Vaticane stanno esprimendo lo stesso genere di posizione affermata, in sede di Assemblea Generale dell’Onu, dall’Egitto e da altri Paesi che l’avevano ideata nel tentativo di mettere i ‘bastoni tra le ruote’ ad una risoluzione contro la pena di morte. Si tratta di Stati persuasi che la religione possa essere utilizzata in quanto strumento giuridico di organizzazione della società. Dunque, la vera questione che rimane aperta, al di là di molte apparenze, è quella di un ‘neoconfessionalismo’ che cerca di ottenere, attraverso l’uso della filosofia morale, determinati effetti di ‘influenza’ giuridico-sociale. Il che può anche andar bene, attenzione! Ma solamente quando ciò risulta convergere parallelamente con l’ordinamento di uno Stato laico, non quando dimostra di voler intaccare il principio di ‘distinzione’ tra legge materiale e legge morale. Inconsapevolmente, una gran parte di noi è portata a credere che ogni norma di comportamento concreto si debba trarre da un concetto della legge che coincida perfettamente con la norma morale. Ebbene, non è così o, per lo meno, non sta scritto da nessuna parte che sia sempre così. Se la legge materiale e quella morale coesistessero sempre e comunque, si potrebbe teorizzare persino la caduta di ogni distinzione tra pubblico e privato, che rappresenta, invece, la base di ogni autentico sistema liberaldemocratico. Un cattolico non se la sente di ‘staccare la spina’ al respiratore di Pier Giorgio Welby, nonostante lui stesso lo chieda? E’ un problema suo, privato, non pubblico. Egli non condivide che un malato terminale possa decidere di andarsene da questo mondo senza subire forme di accanimento terapeutico? Anche questo è uno scrupolo morale di carattere personale, che non può divenire una forma di discriminazione pubblica nei confronti della norma giuridica, la quale, per propria natura, tende a tutelare determinati diritti e ad individuarne dei nuovi. Il diritto di morire senza troppe sofferenze fisiche, lo vogliamo concedere a un individuo? Oppure riteniamo di dover intervenire in ogni frangente, anche contro la volontà del prossimo? La distinzione tra “carne e spirito” è la base stessa della religione cattolica, poiché il primo vero laico che ci chiese di guardarci dal “lievito dei Farisei” fu proprio Gesù Cristo. Dunque, all’Università ‘la Sapienza’ non era affatto in giuoco un diritto di libertà di espressione del Pontefice, quanto la possibilità di riuscire a dare una dimostrazione di autonomia, da parte del mondo della cultura, nei confronti di una visione ‘ideologica’ della religione, che si è fatta sistema in quanto portatrice di valori cristallizzati, non modificabili, che non possono e non debbono evolversi. Può anche darsi che si tratti di un ‘abbaglio’, ma a me pare che la Conferenza episcopale italiana sia spesso vittima di una concezione ‘negativamente assoluta’ della trascendenza, eccessivamente ortodossa, che alla fine rischia di darsi la ‘zappa sui piedi’ da sola. Si tratta di un’elaborazione che non intende esercitarsi attraverso un sistema di diritti, bensì in quanto ‘dovere di intervento’ nella sfera privata dei singoli individui. Ma questo genere di trascendenza non è affatto di natura divina, bensì umana. Dunque, è essa stessa relativa. L’amore, lo spirito, Dio stesso è sicuramente trascendente. Ma i suoi ‘interventi’, quando ci sono, giungono durante o alla fine di determinati processi, alle volte assai sofferti, non all’inizio. E la questione stessa della trascendenza divina, in quanto ultraterrena, non può venir banalizzata con la classica costruzione di una casa cominciando ‘dal tetto’. E’ questa la critica che vien fatta al mondo cattolico: esso dà tanto l’impressione di ripiegarsi su se stesso, verso una propria impronta storicista, dogmatica, che genera pregiudizi concreti e con effetti pratici. Un laico non crede che Dio non esista: molto più semplicemente, ritiene che Egli giunga, troppo spesso, con grave ritardo.




(articolo tratto dal quotidiano 'Avanti' del 17 gennaio 2008)

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Fabio Palmieri - Roma - Mail - mercoledi 23 gennaio 2008 12.33
In realtà qui ci troviamo di fronte a due muri di ignoranza ed arretratezza che si sono scontrati tra di loro: da un parte la Chiesa che pretende ancora di porsi su un piano di incontestabilità, di infallibilità, di dogma anche attraverso la riesumazione di concetti ed oscurantismi che parevano ormai abbandonati. Dall’altra parte i soliti intettettuali sinistroidi di bassa lega (professori compresi), gente che fonda lezioni e scrive libri sul nulla, che tiene conferenze su astrusità autoreferenziali, gente che in fondo ha paura della Chiesa come la Chiesa ha paura di chi dubita e ragiona. Questa volta hanno torto loro, quegli studenti e quei professori, ma tante altre volte ha avuto torto il Papa, uomo colto, ma criticabile come tutti noi. Forse meglio così, meglio che questi due mondi non si siano incontrati: il loro guardare il dito invece che la luna rischia di rendere il tutto sterile, inutile, e far arroccare ancor di più le reciproche posizioni. Gli uni intenti a segnare in rosso ogni piccola incongruenza della Bibbia, gli altri a negare l’importanza della conoscenza in nome di una fede cieca e dogmatica. Manca il buon senso, la mediazione, la tolleranza, attribuiti che poggiano sul dono più grande che l’uomo abbia mai ricevuto: l’intelligenza!
Antonio Moschitta - Foligno, Italia - Mail - lunedi 21 gennaio 2008 11.8
Concordo con l'articolo. Il discorso di inaugurazione dell'anno accademico in una Università Laica ha la stessa valenza del discorso Urbi et Orbi che un Pontefice impartisce dal balcone di San Pietro. E' cioè un discorso privo di contraddittorio che delinea le linee guida di una comunità. Sarebbe incongruo che un Laico si sostituisse al Pontefice in tale funzione. Analogamente sarebbe incongruo che un Pontefice si sostituisse a un Docente Laico nel delineare la linee guida di una organizzazione Statale e Laica, con un discorso in cui il principale valore Laico, la Ragione, viene implicitamente ed esplicitamente subordinato alla Fede. Il che è quanto viene pacatamente affermato dai Docenti che hanno sottoscritto le lettere di protesta. A mio avviso, ne segue che sia stato un grave errore sia l'invito del Pontefice, sia l'accettazione consapevole di tale invito. Le polemiche susseguenti, sollevate dal mondo cattolico, mi sembrano basate su argomentazioni pretestuose. Non è sostenibile l'argomentazione vittimistica di un Pontefice censurato, data la amplissima visibilità mediatica di cui quest'ultimo gode. Anzi, giacchè i Docenti hanno semplicemente esercitato il proprio diritto al dissenso, sono casomai coloro che li accusano di essere cattivi maestri a tentare forme di censura a posteriori. Inoltre, non è corretto appellarsi al ruolo di Docente precedentemente ricoperto dal Pontefice, giacchè non è da Docente che si sarebbe presentato alla Sapienza. Non è corretto neppure il tentativo di rinfacciare agli oppositori che un personaggio come Ahmadinejad sia stato ammesso a parlare in una Università Americana, in quanto quest'ultimo vi è andato da Accademico, rispondendo alle domande e accettando il confronto dialettico con un pubblico ostile. Peraltro, chi portasse questa argomentazione sarebbe a sua volta tacciabile di scarsa onestà intellettuale, avendo adottato criteri differenti in occasione della precedente visita del Dalai Lama. La reazione della chiesa cattolica si è materializzata in un prevedibile comizio con tanto di chiamata alle armi dei fedeli. Non mi aspettavo nulla di più. Il neotemplarismo di certa parte del clero non può che fuggire un serio confronto dialettico, da cui uscirebbe perdente. Mi preoccupano invece molto le reazioni di molti sedicenti politici Laici, che invece di difendere gli spazi laici da una indebita occupazione si sono schierati su posizioni clericaliste, evitando accuratamente di entrare nel merito della questione e perdendo gran parte della loro credibilità. Spicca su tutti "l'ateo devoto" Giuliano Ferrara, con la volgare e opportunistica piazzata demagogica sulla restituzione di una Laurea che non è riuscito a conseguire. Chapeau alla Emma Bonino invece, che è credo l'unica insieme ai Docenti di Fisica della Sapienza ad aver avuto il coraggio di dire apertamente come stanno le cose.


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