Antonio SuraciPer Leonardo da Vinci 'la creatività è lo strumento della passione': la creatività, quindi, può dar vita a ciò che appare nella realtà quanto al suo contrario. La domanda che viene spontanea è se possiamo applicare quanto affermato da Leonardo anche alla nascita dei diversi sistemi di idee. Ritengo possa essere preso in prestito tale pensiero per tutte le azioni dell'uomo, sia in campo privatistico che intellettuale. Molti sistemi politici nascono dalla passione intellettuale di uomini che spesso, pur razionalizzando il proprio pensiero, mal interpretano il divenire dell'umanità. E' fuori discussione che dalla mente dell'uomo nascano idee che trovano il proprio fondamento nella passione, intesa quale sofferenza spirituale che produce o può produrre un sentimento di rivolta, spesso violento, sempre, comunque, finalizzato alla realizzazione di un'idea che può indurre non solo l'autore, quanto coloro che entrano in contatto con essa, a dar vita ad un sistema di idee; da questo sistema, reso omogeneo, può nascere una ideologia quale falsa interpretazione della realtà. Non vi è dubbio che alla base di qualsivoglia ideologia è possibile riscontrare un forte sentimento emotivo in grado di generare utopiche finalità per la cui realizzazione sono richieste azioni repressive che nello stesso sistema utopico vengono considerate legittime. Questo stato di sofferenza, che è alla base della passione, può creare, all'interno di un sistema politico, la necessità di dover passare dallo stato di rivolta a quello di rivoluzione. Quest'ultima abbisogna di quella creatività necessaria a delineare un modello alternativo ricco di innovazioni, facilmente, sul piano emotivo, condivisibili e tali da caratterizzare un sistema rivoluzionario in antitesi al modello esistente. Tali caratteristiche si possono riscontrare, pur con i dovuti distinguo storici, sia nel fascismo, sia nel nazismo che nel comunismo. Fulcro centrale di questi sistemi, definiti ideologici, è l'utopia dell'uomo nuovo. La passione ha generato lo strumento su cui poter coagulare il consenso necessario alla propria rivoluzione. L'uomo nuovo (quale derivato dell'elaborazione ideologica) rappresenta la rottura con i sistemi precedenti grazie alla quale è possibile porre fine a quella sofferenza individuale intrappolata in sistemi considerati nemici della libertà e dello sviluppo. Ma è un uomo nuovo utopico che per poter raggiungere il fine per cui è stato creato deve utilizzare strumenti spesso terroristici e convivere con la paura dello sterminio e della violenza di ogni genere. Se il fine era quello di creare una società migliore tendente ad una felicità universale, la realtà che si è ereditata da tali sistemi ideologici è costituita da una ancor più ristretta èlite di potere e dall'annullamento di quei valori sui quali poggia lo sviluppo dell'umanità, frutto anche del lungo percorso religioso che contraddistingue i diversi popoli che la compongono. L'uomo nuovo, in tutti i casi presi in considerazione, si è trasformato in lupus. Se la creatività è lo strumento della passione, dalla passione sono nate interpretazioni ideologiche, diffuse attraverso una falsa cultura e una falsa istruzione, che hanno ritardato lo sviluppo della società umana. Dalla passione, quale stato di sofferenza verso l'ambiente in cui si vive, possono sempre nascere in altri momenti storici nuovi sistemi ideologici, anche di derivazione democratica, che rischiano di condizionare altri decenni dello sviluppo umano. E fin tanto che esisterà l'uomo esisterà la passione ed è impensabile parlare di fine delle ideologie se non di quella di cui la storia ha sancito la conclusione del ciclo. Possiamo parlare di uno stato di crisi delle ideologie, sempre se rapportate a quelle ormai definite, ma non di fine, fin tanto che vive un'idea e da questa possa svilupparsi un sistema. Il pericolo è sempre in agguato e mai si farà abbastanza per rafforzare le democrazie se alle stesse non verrà dato lo strumento principale per creare il cittadino di cui necessitano, attraverso la conoscenza e l'educazione. Le democrazie attuali soffrono di questa carenza e il rischio che oggi corrono è il trionfo del populismo. La crisi delle ideologie, non sufficientemente arginata da idee e principi universalmente riconosciuti e resi fruibili a tutti, può dar vita ad un ulteriore sistema utopico, seppur a bassa intensità di violenza, che può rappresentare il passaggio post-ideologico necessario alla definitiva affermazione della democrazia quale sistema di popolo. Il populismo odierno è povero di formulazioni teoriche e nemico di qualsivoglia precedente ideologia. Al centro dell'azione populista c'è il popolo il quale, pur interpretando valori tradizionali, non è attore dello sviluppo, solo partecipe, ma ciò basta per farlo sentire motore della nuova impresa economica (non sociale) a cui è chiamato senza alcun bisogno di intermediazioni sindacali o di altra natura rappresentativa. Il populismo odierno parla direttamente al singolo individuo chiedendo allo stesso una diretta partecipazione (consenso) nello scardinare i vecchi centri di potere per crearne di nuovi. In sistemi democratici deboli si cerca di trasformare l'equilibrio tradizionale tra partiti e parlamento indebolendo entrambi con riforme organizzate dal vertice al momento al potere. Il fine ultimo è quello di un controllo dello sviluppo economico attraverso la cooperazione dei singoli ai quali, grazie alla regia dei mezzi di informazione e della comunicazione in generale, viene comunicato che l'ostacolo principale allo sviluppo sono gli strumenti di controllo, costituzionalmente previsti, e che è necessario riformarli attraverso una rivisitazione generale della stessa costituzione al momento in vigore. In un sistema così definito comanda la maggioranza al potere che, pur se priva di un disegno ideologicamente riconoscibile, nella sua anti-ideologia pone in essere strumenti di potere e controllo di generazione ideologica. Una forza con tale visione, qualora vada al potere, è in grado, attraverso sciagurate leggi, di modificare l'impianto sociale spesso con la complicità di settori di opposizione della politica e dell'opinione pubblica convinti, quest'ultimi, di agire all'interno di un sistema democratico seppur governato da un'unica forza elettoralmente premiata. Ciò dimostra che il crollo delle ideologie storicamente conosciute ha trascinato con sé la volontà di affermare quei valori democratici che risultano ancora oppressi da visioni post-ideologiche lasciando un vuoto occupato dall'illusione di coloro che, già attori nelle ideologie passate, si ritengono, attraverso il processo catartico vissuto, idonei a conciliare il passato con il futuro. E' importante tornare a riflettere sulla crisi delle ideologie anche per comprendere i luoghi comuni che hanno caratterizzato e impegnato il pensiero politico negli ultimi decenni. Non vi è dubbio che il pensiero marxista abbia influenzato gran parte del pensiero di sinistra sia socialista che laico, essendosi dimostrato, almeno in Italia, un grande alleato sul terreno delle conquiste sociali. Così come è altrettanto vero che molta parte del mondo intellettuale abbia seguito, pur con diverse sfumature, il solco tracciato dalla scuola marxista. Occorre precisare, però, che una cosa è l’ideologia altra è l’organizzazione dell’ideologia. Quest’ultima radicalizza l’ideologia finalizzandola ad un obiettivo da raggiungere in base al quale si paventa la soluzione dei problemi sociali che affliggono l’umanità o parte di questa. L’organizzazione ideologica così realizzata diviene il motore di controllo e gestione delle coscienze, che è altra cosa dall’ideologia quale coscienza e conoscenza, seppur individuale, che informa la vita sociale con valori di riferimento senza perdere la propria capacità di adattamento al progressivo sviluppo dell’umanità e che può essere separata dal potere al momento dominante. L’organizzazione del 'motore' rappresenta, in politica, il valore funzionale dell’ideologia. In Marx la credenza ideologica non è indipendente dal potere e la sua stabilità dipende dall’effettiva situazione di dominio. Il partito è il detentore del funzionamento di questo complesso meccanismo. Ciò ha rappresentato la diversità del sistema ideologico marxista rispetto ad altri sistemi. Diversità e stabilità nel delineare il futuro attraverso la critica del passato e del presente, che ha rappresentato per l’uomo comune impegnato nella vita sociale, spesso ai margini economici della stessa, il riferimento per il miglioramento delle proprie condizioni. Non aveva e non ha importanza se tale stabilità poggiava o poggia su una falsa interpretazione della realtà, importante era ed è appartenere ad un sistema politico le cui credenze lasciano spazio ad una visione di giustizia sociale all’interno della quale riconoscersi per migliorare il proprio status. L’illusione di partecipare ad un grande progetto politico e sociale ha rappresentato la condizione psicologica di tenuta del singolo in un sistema ideologico sostanzialmente statico tenuto in vita, e reso vivace, esclusivamente dall’individuazione del nemico di classe che in una economia capitalistica avanzata ha mantenuto sempre le stesse caratteristiche del padrone, seppur sfumato in strutture multinazionali o altro. Tali forme ideologiche nascono nei momenti di crisi, quando cioè le soluzioni appaiono difficili e le contrapposizioni arrivano al limite critico. Caratterizzati da una forte componente dottrinaria, supportata da una alta dose emotiva, tali sistemi poggiano su una attitudine attivistica dei singoli che si trasforma in una vera forza d’insieme. Il pragmatismo per tale sistema ideologico è la disponibilità al compromesso e non l’azione che può derivare da una accorta analisi sociale ed economica. Il progetto si ferma all'impostazione ideologica e tale impostazione è opposta alla visione pragmatica della realtà che contraddistingue le forze di diverso orientamento. Il pragmatismo deve essere sempre funzionale al raggiungimento del sogno prospettato. L’evoluzione dell’economia occidentale è stata la principale causa dell’allentamento dottrinario di simile ideologia, sfociata nella disponibilità di quest’ultima a dialogare con maggiore apertura con altre rappresentazioni ideologiche, più liberali e di diversa configurazione le quali, paradossalmente, si sono trovate a vivere uno stato di confusione intellettuale sebbene la conclusione del ciclo ideologico riguardasse solo il marxismo. La disponibilità dell’ideologia dottrinaria a vivere una stagione di dialogo e di apertura verso altre forme ideologiche ha portato molti a considerare tale evento come un processo di democratizzazione della vita interna del sistema politico marxista e quindi un fattore importante al quale prestare la dovuta attenzione. Ciò era dovuto inizialmente alla necessità di bilanciare l’enorme potere esercitato dalla forza cattolica di maggioranza e, successivamente, all’impossibilità di uscire da una stagione di dialogo e di attrazione verso un sistema ideologico che sembrava prossimo a condividere una stagione di rinnovamento della società. Il tracollo del sistema marxista, causato da diversi fattori, sia interni che internazionali, ha trovato arretrate le diverse scuole di pensiero che verranno trascinate nella ruina comunista senza avere la forza di ritrovare la propria originalità nella catastrofe politica. Saranno, erroneamente, proprio queste ultime a parlare di superamento delle ideologie alla ricerca di un diverso ruolo senza cogliere l’aspetto principale della crisi: la messa in discussione dell'ideologia marxista e quella relativa alla gestione del potere da parte cattolica. Oggi possiamo affermare, allora inascoltati, che la crisi ideologica riguardava i due massimi sistemi politici italiani e che questi, sfruttando ed abusando della trasformazione politica, rappresentano ancora oggi le uniche forze che condizionano la società italiana. Che le forze socialiste, comuniste o cattoliche si siano rinnovate attraverso alleanze di potere più o meno conservatrici non ha alcuna importanza; importante è rilevare come il trasformismo ideologico abbia favorito l’aggregazione di pezzi di potere, mantenendo di fatto l’impostazione originaria, che altrimenti non sarebbero sopravvissuti ad un reale cambiamento ideologico. Se di fine delle ideologie o di crisi dobbiamo parlare non possiamo non riferirci, quindi, che alle ideologie estreme che hanno dato vita ad un sistema dottrinario finalizzato alla conquista e/o al mantenimento di un potere. Il pensiero liberale e quello laico, veri detentori di un progetto per l'umanità, non rappresentano una ideologia in quanto nel proprio bagaglio culturale, sviluppatosi su base pragmatico-analitica, pur non escludendola in alcune fasi, sono estranee sia la possibilità di una interpretazione falsa della realtà che quella di una falsa motivazione per governare i processi politici e sociali. Non appartiene a queste forze il concetto ideologico marxiano inteso quale ‘falsa coscienza dei rapporti di dominazione tra classi’. Riportando indietro le lancette della storia, possiamo parlare di crisi delle ideologie restando all’interno del combinato marxiano e solo restando all'interno di questo possiamo accettare tale semplificazione. La necessità di ricreare un terreno ideologico maggiormente fertile e meno influenzabile da deviazioni sociologiche o filosofiche è avvertita da tutti, compreso il mondo cattolico e musulmano. L’impegno maggiore che si prospetta innanzi a noi è quello di governare i principi e i valori che da questa catastrofe culturale sono usciti, nell’ambiguità, penalizzati e strumentalizzati, attraverso vecchi schemi, sul piano delle nuove ideologie, più correttamente sul piano della nuova idea. Chi usò per primo il termine ideologia intendeva lo studio delle idee, sia sociali che religiose o culturali; con Marx e la successiva scuola è stata data un’accezione negativa a tale idioma. Occorre ripartire ab initio per rendere un giusto servizio alla cultura valoriale che con tale termine cerca di affermare non la falsa conoscenza della realtà ma il consolidamento di quei principi che universalmente riconosciuti quale norma superiore che informa la convivenza civile tra i popoli. L'uomo contemporaneo, post-ideologico, deve ritrovare la forza di passare dalla vecchia prospettiva ad una nuova attraverso la riscoperta di sé quale centro di valori che possono anche essere racchiusi in un'ideologia, ma quale contenitore in grado di evitare false interpretazioni di contrapposizione e di essere guida per un percorso che rafforzi le ragioni del vivere pacifico tra gli uomini insieme ai quali operare per la creazione di un sistema finalizzato al radicamento di valori condivisi e universali. Sappiamo che l'ideologia, in quanto tale, è impossibilitata a creare un sistema. Questo può essere determinato, nelle proprie linee fondamentali, dall'ideologia, ma se questa non è in grado nel contempo di generare un potere il sistema non può esistere. L'ideologia trasformatasi in potere dà vita ad un sistema. E ciò vale per qualunque espressione ideologica sia di destra che di sinistra. Ma come viene a definirsi il potere? La prima fase è la reazione contro un sistema: è qui che si creano i rapporti tra i sostenitori di un'idea. Tale incontro sviluppa la capacità del consenso a trasformarsi in forza per realizzare il potere, embrionale in questa fase, sorretto dall'ideologia. Il consenso è fondamentale per qualsivoglia sistema ideologico, mentre il potere è determinante per la realizzazione del sistema ideologico e per il suo mantenimento. Il potere stesso diviene sistema ideologico e il dogmatismo su cui poggia dà vita inevitabilmente ad una società a carattere nazionalista e illiberale. Ciò anche quando propugna idee internazionaliste. Tali caratteristiche sono riconoscibili nei sistemi costruiti sull'ideologia comunista, fascista e nazista. Non si cada in errore sull'internazionalismo comunista, questo non può poggiare se non su un forte sentimento nazionale trasfuso in un sistema più vasto. Abbiamo un nazionalismo finalizzato e non antagonista, ma che non per questo ha radici meno profonde. In tutti questi sistemi riscontriamo tali caratteristiche e ciò che li accomuna è di ambire a dare vita ad un nuovo sistema sociale attraverso la formula della creazione 'dell'uomo nuovo'. Quest'ultimo aspetto mette in evidenza l'altra componente essenziale per tali sistemi: il razzismo, di genere o culturale. Il sistema così formatosi diviene l'unico detentore della verità in grado di evolversi esclusivamente al proprio interno sino alla consunzione che origina dal venir meno del consenso. Questa visione implica l'eliminazione del pluralismo in ogni campo: politico, sociale, economico, la compressione della dialettica e, quindi, della libertà. Ciò dà origine a sistemi totalitari alla cui radice è il rigido cerimoniale dell'ideologia quale rappresentazione di una società venutasi a determinare su base dogmatica e realizzata attraverso la partecipazione di una massa che ambisce e crede di potersi trasformare in soggetto originale nell'evoluzione della storia dell'uomo. Parlare della fine delle ideologie è un azzardo in quanto, pur a fasi alterne, la ricerca di una qualunque verità e il crederla unica e originale può favorire la ripresa di sistemi antidemocratici e illiberali. Relativamente al periodo in cui viviamo è possibile parlare, quindi, di sconfitta di alcune tipologie ideologiche, ma non della loro fine. Là dove la democrazia non riesca a consolidare i propri valori-cardine (eguaglianza, giustizia e libertà) il pericolo a cui siamo esposti è quello che una qualunque verità che si contrapponga ad essa possa tornare a prendere il sopravvento attraverso un consenso reattivo alla inoperosità della democrazia stessa. Il primo pericolo che la democrazia può correre è quando al proprio interno si generano fenomeni pre-politici, ovvero dichiarazioni del potere che fanno presa sull'immaginario collettivo. Il populismo odierno che si basa sull'illusione della libertà di scelta gioca su delle regole, spesso improvvisate, mutuate dal liberalismo economico e sulla necessità di realizzare una politica di meritocrazia che poggia sullo sviluppo dell'egoismo sociale. Il potere in questo caso non prospetta una società armonica, ma si presenta come una anti-ideologia basata su un'armonia individuale raggiungibile attraverso un processo selettivo la cui applicazione è demandata ai diversi livelli in cui si articola il potere. Pur dichiarandosi nemico dell'ideologia, in questo caso, il potere utilizza gli stessi strumenti dei sistemi ideologici. Apparentemente sono strumenti elastici e per nulla rapportabili ad un sistema totalitario, ma non per questo al termine del processo si differenziano dai sistemi illiberali. Il nuovo fenomeno 'popolar-ideologico' è differente dal modello latino-americano in quanto agisce in un sistema più avanzato ed emancipato nonché su un modello di sviluppo economico in linea con i paesi maggiormente industrializzati. Solo in quest'ultimo contesto è possibile creare l'illusione della necessità di un sistema meritocratico rispondente ad una società a sviluppo economico ampio dove il medio livello di alfabetizzazione ha raggiunto una diffusione di massa. L'uomo nuovo che nasce da questo contesto non rappresenta la conditio sine qua non per trasformare una società ingiusta e arretrata, condizionata da una ristretta èlite borghese, ma rappresenta il fruitore, deideologizzato, di un sistema caratterizzato dalla necessità di un continuo sviluppo economico, capace di stabilizzare un medio-basso benessere collettivo, il cui fine è quello di separare il potere di derivazione economica da quello venutosi a creare su base sociale. Tutto ciò è possibile in quanto la proprietà dei mezzi di produzione, tradizionali e/o finanziari, ha esteso la propria influenza, nell'ultimo quarto di secolo, su quasi tutti gli strumenti della comunicazione e dell'informazione. Tale sistema utilizzato nella diffusione delle opportunità crea un consenso basato su un ottimismo percepito quale nuova finalità dell'individuo. Non più un sogno 'collettivo', bensì un sogno 'individuale'. La teoria dell'opportunità demandata al potere e da questo trasformata in una idea di “benessere possibile e raggiungibile individualmente” non è raffigurabile in una ideologia storicamente definita né può essere trattata come derivazione estrema del liberismo, anche se di questo è parente prossima. Ciò provoca, al contrario delle ideologia totalitarie che poggiavano sulla necessità del consenso di massa, una nebulizzazione della società le cui parti si aggregano o disaggregano a seconda degli obiettivi da raggiungere al momento. Fuori da questo schema appare difficile poter intercettare un consenso meramente qualificato. Le recenti crisi economiche in cui è precipitata la società, ad esempio, offrono la lettura di quanto sin qui esposto. In un sistema democratico a vocazione assolutistica il potere viene esercitato da chi ha la possibilità, attraverso la detenzione dei mezzi di informazione, di trasmettere una lettura dei fatti alterando la prospettiva futura delle diverse crisi in cui viene a trovarsi il potere. Se la fine del XX secolo ha sancito la fine delle ideologie dogmatiche, il XXI secolo soffre del fatto che alla crisi delle ideologie innanzi descritte non è stata sostituita altra idea, intesa quale rappresentazione utopistica dell'uomo proiettata in un futuro basato sullo sviluppo dell'umanità. Difatti la nuova lettura della società contemporanea soffre della mancanza di una idea innovativa che indirizzi la ricerca individuale della felicità con la riscrittura di regole sociali all'interno delle quali l'individuo possa esercitare liberamente un ruolo solidaristico senza dover annullare il desiderio individuale di una realizzazione in base alle proprie caratteristiche. Se questa appare la tendenza non vanno sottaciuti i residui ideologici del secolo passato: fondamentalismi, integralismi, sussulti di nazionalismi e forti connotazioni religiose nella proposta di rinnovamento sociale riscontrabili in diversi progetti di sviluppo avanzati anche dalle maggiori religioni monoteiste. In molti casi riscontriamo la formazione di sistemi politici su base ideologico-religiosa (Paesi islamici), tentativi di caratterizzare maggiormente alcuni sistemi politici in sistemi a forte connotazione religiosa (Israele) e sistemi laici, aperti al dialogo religioso, che, ancora deboli, sono esposti all'influenza di particolari modelli restrittivi di ispirazione religiosa (Paesi cattolici). A parte il fondamentalismo su base terroristica, le infiltrazioni nei sistemi laico-democratici sono favorite dall'indebolimento valoriale causato dalla ancora non avvenuta distinzione con i sistemi ideologicamente forti. La caduta di questi ultimi non ha favorito la ripresa dei valori illuministico-umanitari ma ha, di fatto, colpito direttamente il patrimonio valoriale proprio del pensiero laico. La grande confusione ideale, complici gli intellettuali, ha fatto sì che dalle ceneri dell'ideologia non tornasse in vita l'ideale laico artefice reale del benessere di cui godiamo e direttamente artefice non riconosciuto della trasformazione dei sistemi religiosi in senso più partecipativo e democratico. Il paradosso che hanno vissuto i sistemi democratici nella seconda metà del XX secolo mette in evidenza quanto questi abbiano in sostanza rafforzato la loro esistenza grazie alla contrapposizione ideologica del secolo, pur mantenendo una debolezza strutturale. Diverse sono le democrazie del Nord Europa (Inghilterra e paesi scandinavi) da quelle che occupano il resto del Vecchio continente, dove le democrazie si sono affermate attraverso la contrapposizione in molti casi violenta e frutto di conflitti mondiali. In questi ultimi casi non si è realizzata la piena democrazia partecipativa e liberale in quanto il crollo dei sistemi totalitari ha generato movimenti di massa, anche se non maggioritari, ma a forte connotazione ideologica. Questi sistemi, di fatto, nel tempo, hanno assorbito valori di derivazione socialista ma non sono riusciti ad elaborare e a realizzare, sul piano generale dei valori, un sistema originale che avesse in sé le caratteristiche di un sistema aperto su base valoriale e non ideologica. Caduta la contrapposizione ideologica, in queste democrazie ha preso il sopravvento il populismo mediatico, a dimostrazione di quanto fosse debole il sistema instaurato dopo l'ultimo conflitto mondiale. In sostanza, tutt'oggi, non brillano di luce propria. Non si è ancora giunti a costruire una società liberal-democratica perché lo stesso pensiero è stato fortemente condizionato dalle ideologie maggioritarie (comunista e cattolica) che hanno sopravanzato qualsiasi processo di maturazione individuale. La debolezza economica, la ricerca dell'affermazione individuale, l'indebolimento dei valori solidaristici paradossalmente esercitano un'influenza su gran parte della popolazione attraverso meccanismi politici di derivazione conservatrice che impediscono un serio approfondimento dei principi democratici basati sull'educazione, la giustizia, la solidarietà e la pace sociale. Queste società risultano più esposte ai fenomeni nazionalistici, xenofobi e razzisti. La mancanza di un ruolo propositivo dello Stato nel XX secolo ha causato la fine di un percorso liberale che dovrà essere ripreso. Percorso che non disegna società ideologicamente preconfezionate, ma auspica la libera partecipazione dei cittadini alla costruzione del proprio futuro senza condizionamenti ideologici, forti dei quei valori alla cui base sottostanno secoli di lucida elaborazione che può trarre maggiore forza e coerenza anche da altri pensieri una volta depurati 'dall'ideologismo' che ne trasforma il senso valoriale.




(articolo tratto dal sito www.repubblicaniroma.net)
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