Per l’Italia e per l’Europa diventerà decisivo, nel futuro, poter vivere in
un’area mediterranea verso la quale guardare con speranza di pace. Ritengo, a tal fine, vitale ricostruire un dialogo virtuoso, innanzitutto politico, con i Paesi di matrice latina, cointeressati ad un
Mediterraneo pacificato, allargato e legato da molteplici interessi, non solo di natura economica.
L’asse del bene contro il male, che unisce Washington a Roma attraverso Londra, non può tralasciare il nostro doveroso compito di
riaprire un dialogo con Parigi e Madrid. Dunque, la risoluzione del conflitto israelo – palestinese rimane una questione
prioritaria. La straordinaria prova di maturità democratica offerta dal popolo palestinese dimostra che è possibile
riaprire un dialogo sul cammino della pace: non vi possono più essere
alibi di sorta. Non possiamo che augurarci la coesistenza fra i due popoli e la cessazione delle ostilità e delle ingiustizie. Non dobbiamo inoltre dimenticare i nostri sforzi del passato per il riconoscimento del movimento per la liberazione palestinese, che ebbe in
Yasser Arafat un leader mondiale a cui oggi, dopo la sua scomparsa, sono stati tributati gli onori del caso.
La scelta democratica del popolo palestinese non può che favorire uno sbocco pacificato in tutta l’area: essa non potrà non avvenire, con gradualità e senza precipitazioni. La stessa presenza occidentale nelle zone di conflitto e la loro permanenza non possono che alimentare la necessità di
rendere più ravvicinata l’autogestione e l’autodeterminazione di governi democratici in tutta l’area. Non è scongiurato in assoluto il pericolo di un’insorgenza del fanatismo politico e religioso, ma l’iniezione di una
dose democratica e di atteggiamenti tolleranti non potranno che incoraggiare molti Paesi a perseguire, nella loro diversità e complessità, la medesima strada.
E’ la cultura e l’influenza della democrazia che possono sconfiggere le tirannie, non le minacce di interventi militari.
Il carattere sempre più interdipendente del mondo impone e determina nuove responsabilità, rilanciando
il carattere multilaterale e cooperativo dell’azione degli Stati, in un bisogno sempre più crescente di solidarietà internazionale che scongiuri ogni evento negativo. Il mondo, infatti, accetta sempre meno
le crescenti disuguaglianze e disparità. E cerca, attraverso la cooperazione, di ridurre gli enormi divari allentando, dove è possibile,
il carattere distruttivo delle tensioni etniche ed incoraggiando
lo sviluppo democratico nelle aree del mondo più arretrate. Per questa ragione, non sono compatibili con l’esigenza di una
nuova multilateralità, di una nuova e più avanzata visione d’insieme,
gli atteggiamenti di chiusura, di arretratezza e di paura con le quali si affrontano le nuove sfide. Tanto più cresce e aumenta
la disuguaglianza nel pianeta, tanto più esso
si restringerà, obbligando le potenze economiche e più avanzate nel campo della democrazia e della tecnologia ad assumere sulle proprie spalle
un dislivello generato da una crescita diseguale e squilibrata dell’economia. Le società più avanzate possono
rinchiudersi in una logica territoriale o, come sta avvenendo nel caso del continente europeo, cercare di
allargare la sfera dei propri membri in una logica di
coesistenza pacifica e di virtuosa capacità di crescita economica.
Vicesegretario e Portavoce Naizonale del Nuovo Psi