Il Sen. Gianfranco Rotondi è il Segretario Nazionale della Democrazia Cristiana per le Autonomie. Ecco il suo parere intorno all’eventuale ‘rigenerazione’ di un centro politico italiano.

Sen. Rotondi, il bipolarismo è ormai un esperimento fallito?
“Dal bipolarismo non si torna indietro. Ma, tra i due ‘poli’, la Dc sceglie quello dotato di maggiori contenuti liberali e sociali, qual è oggi la Casa delle Libertà. Per questo motivo, ritengo positiva l'idea di Silvio Berlusconi di costruire una Federazione della Libertà, la cui collocazione europea sia quella del Ppe".

E allora che tipo di ‘centro’ potremmo immaginarci per il futuro politico del nostro Paese?
"Il mio ‘grande centro’ coincide con la Federazione del centrodestra, a cui lavora Berlusconi. E non sta in mezzo, ovviamente. Mi pare evidente che in Europa il centro rappresenti uno dei due schieramenti: accade così in Spagna, dove i poli si alternano, o in Germania e in Austria, dove decidono di collaborare. Ma con un'unica caratteristica: centro e sinistra, in Europa, sono i due ‘grandi poli’. Il primo fa capo al Ppe, l'altro ruota intorno al Pse”.

Lei ritiene che, allo stato, siano solamente i partiti più piccoli a voler ridiscutere gli equilibri politici più generali?
“Se hanno la capacità e la forza persuasiva di diventare ‘grandi’, i partiti più piccoli possono anche dettare tempi della politica: tutto si gioca sulla capacità di diventare protagonisti. E, in politica, la capacità di aggregazione su una proposta, un percorso o un progetto è vitale”.

Il suo partito è in grado di lanciare una campagna trasversale in grado di riformare nuovamente la legge elettorale?
“A noi sta bene la legge attuale. Al massimo, possiamo pensare a piccole modifiche. Il proporzionale è civiltà e rappresenta la Storia del nostro Paese: è in atto un tentativo, sia a destra, sia a sinistra, di tornare a mettere al Paese la ‘camicia di Nesso’ del maggioritario…”.

La farete una lista unica di democristiani alle prossime elezioni amministrative? Oppure dovremo attendere le europee?
“A mio parere, la prospettiva più concreta è quella delle elezioni europee”.

Sempre restando sul tema della riforma elettorale, come vanno le trattative ‘bipartisan’ predisposte dal ministro dei rapporti col Parlamento, Vannino Chiti? Su cosa ci si sta accordando, che lei sappia: doppio turno alla francese o proporzionale con sbarramento (magari non troppo elevato) alla tedesca?
“C’è molta confusione: io ritengo che bisogna fermare il tentativo di controriforma in atto. Che vinca il 'sì' o che vinca il 'no' alla prossima consultazione referendaria, la Democrazia Cristiana vuol dare un ‘altolà’ ai fautori di un ritorno al sistema maggioritario''.

Tra destra e sinistra non sarebbe ora di far nascere un terzo polo che abbia una consistenza politica ed elettorale positiva, in un quadro di alternanza democratica?
“La ‘fantasia’ italiana di un centro che si mette in mezzo ai due poli è, appunto, solo una fantasia. Solo in Italia qualcuno continua ad identificare la ‘destra’ come quella post-fascista, mentre in tutto il mondo essa è sinonimo di libertà. In America, chi vota a destra è un liberale, poiché i due concetti si sovrappongono, ovunque, tranne che qui da noi. E questo avviene anche e soprattutto tra molti miei ex colleghi della Dc".

Ma il ‘centro’ è un luogo puramente ‘geografico’ della politica italiana, oppure possiede una propria caratterizzazione ideologica ben precisa?
“Il ‘centro’ è una cultura, un valore storico e, al contempo, attuale. Tanto è vero che molti ci stanno provando a ricrearlo. Anzi, vi dirò di più: la differenza tra me, Mastella, Follini e Casini è che io voglio il ‘grande centro’, mentre loro ne parlano sin dal 1994 benché, fino ad ora, abbiano costruito solamente tanti piccoli ‘centrini’, a loro uso e consumo...".

Un partito di centro moderato, in Italia, deve essere per forza di matrice cattolica?
“Di ispirazione cristiana, ma non confessionale: come ci ha insegnato De Gasperi, lasciandoci in eredità, tra le altre cose, proprio questa ‘massima’ politica”.

C’è chi dice che inventarsi un’Italia di mezzo significhi semplicemente avere nostalgia dei democristiani: è così?
“La Dc non è mai stata un’Italia di mezzo, casomai una ‘mezza Italia’ e, forse, quasi tutta”.
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