Giovanna Albi

Esponente della nuova scena 'neon' contemporanea, Carla Campea, designer romana operativa dal 2008, è protagonista con la sua personale 'AmoR-Pop: NeonPopArt Icons', presso la Vaccheria di Roma. Dallo scorso 24 gennaio e fino al prossimo 24 febbraio 2025, la casa romana della Pop Art è diventata un laboratorio di luce e colori, tra icone, immagini e materia. Un'esposizione che, in realtà, è un viaggio nella Pop Art: un nuovo modo di amare le opere di Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, Marco Lodola e Mark Kostabi. Da Topolino a Elvis Presley, da Al Pacino a Charlie Chaplin, l’artista riflette sui temi del consumo, della memoria e della percezione, portando il visitatore a interrogarsi sul ruolo dell'arte nella vita di tutti i giorni attraverso questa mostra, che dialoga con lo spazio. Ecco cosa ci ha raccontato Carla Campea rispetto alla scelta del neon come linguaggio prediletto della sua arte, svelando qualche aneddoto sulle opere collezionate per Gué Pequeno e Alessandro Borghese, suoi grandi estimatori.

Carla Campea, il neon è uno strumento tanto iconico quanto complesso, che indubbiamente rappresenta un trend attuale in fatto di arredamento e design: cosa l'ha spinta a scegliere questo medium per la sua arte?
“L'aver captato che questo medium raffinato, storico e artistico, era la giusta modalità che poteva dar nuova vita a un’arte più contemporanea e moderna:  un mix esplosivo e sensoriale, dove la Pop Art e la Neon Art sono in pieno equilibrio, al passo con il tempi e, sicuramente, un trend attuale, ma con lo spessore artistico del neon”.

Nelle sue opere appaiono figure simbolo come Marilyn Monroe, Elvis Presley e Al Pacino, personaggi di spicco del cinema o della musica che tutti conosciamo: cosa la attrae di questi nomi e come si inseriscono nei suoi lavori? Che ruolo hanno per lei?
“Hanno tutti un comune denominatore: sono ‘icone’ del bene, del male, del pop, della musica, del cinema, dei fumetti. Rappresentano se stessi, ma fondamentale, per me, è la voglia di  rappresentarli tutti in una ‘chiave-pop’, enfatizzando o destabilizzando i loro ruoli solo attraverso tanta ironia”.

Parliamo di collezionismo: Alessandro Borghese e Gué Pequeno possiedono alcune sue opere: quali hanno scelto? C’è qualche aneddoto particolare legato a due personaggi ‘pop’, come quelli delle sue installazioni?
“Due grandi personaggi, ma soprattutto due bellissime persone, che hanno in comune l'amore per l’arte. Sono appassionati ed esperti cultori di arte contemporanea, tutti e due grandi collezionisti. Nel ristorante il ‘Lusso della semplicità’, a Milano, di Alessandro Borghese, c'è sempre un’esposizione di arte in corso e alcune opere permanenti, anche di grandi artisti. Il suo è  un ritratto che lo rappresenta  in veste da chef: quest’opera è stata anche sul set del suo programma televisivo: ‘Kitchen Sound’. Invece, Gué Pequeno l'ho conosciuto sui social e, vedendo i miei lavori, mi ha commissionato Mike Tyson con la tigre: l'immagine iniziale, che aveva scelto lui, non mi convinceva, artisticamente. Perciò, lasciando sempre i due soggetti, decido di cambiare completamente l’immagine, per avendo anche il timore di un rifiuto. Il giorno della consegna ci  siamo incontrati a Milano - lui vive a Lugano - e con  tanto entusiasmo mi ha confidato di essere un collezionista, rimarcando per ben due volte che questa è una tra le sue opere più belle”.

Guardando al futuro, dopo la mostra alla Vaccheria, sta lavorando ad altri progetti e iniziative? C’è già qualcosa che bolle in pentola?
“Si, certamente: ho già in programma due mostre sicure: una ai primi di marzo, l'altra a maggio, sempre a Roma. Poi, in primavera, c'è in programma un evento nella galleria di New York dove sono esposte le mie opere”.




In apertura, l'opera 'Dollaro 2020' di Carla Campea (foto di Pasquale Musto)

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