Elisabetta ChiarelliTale non può che essere definita la Maria di Nazareth raffigurata da Barbara Alberti nel romanzo: ‘Il Vangelo secondo Maria’ (Bur Narrativa), già edito una prima volta nel 1979. Quest’opera pone all’attenzione del lettore un tema: il rapporto tra la realizzazione della donna nella società e il suo ruolo di madre. Il personaggio di Maria tratteggiato dalla scrittrice potrebbe essere paragonato all’Ulisse rappresentato da Dante Alighieri nella Divina Commedia: “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”. L’aspirazione a raggiungere i più alti livelli nella professione e nella formazione culturale, presidiata dalla stessa Costituzione italiana, resta tuttavia troppo spesso un traguardo difficilmente raggiungibile nella società odierna. Frequentemente, le donne si trovano a dover scegliere se essere madri o dedicarsi completamente alla propria ascesa lavorativa. Mancano investimenti adeguati da parte dello Stato per potenziare strutture, che affianchino le donne nel loro duplice compito di lavoratrice e di madre. Qui l'autrice, Barbara Alberti, pone la Vergine nell’obbligo di compiere una scelta: la sua libertà di crescere ed evolvere culturalmente o la maternità non programmata. Ovviamente, l’una non esclude l’altra: incolpare un’entità superiore o la società stessa di questo 'gap', allontana dalla soluzione. Così come di Maria vengono celebrati, per i due terzi dell’opera, il radicato spirito d’indipendenza, la potenza inventiva e una volontà ferrea a tal punto da abbattere qualsiasi ostacolo alla sua crescita individuale. In lei, come in tante altre donne, risiede il 'germoglio' di una rivoluzione culturale: la forza di rifondare una società in cui la donna non debba rinunciare più a nulla per essere felice.





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