Elisabetta ChiarelliBrandizzo (To), 30 agosto 2023. Quanto vale la vita di un uomo? Questo è l’interrogativo che ha assalito l’opinione pubblica di fronte a quanto accaduto nella notte in cui cinque operai hanno perso la vita nello svolgimento delle proprie mansioni, travolti da un treno, privi di ogni tutela prevista per legge a presidio della loro incolumità. Se fosse possibile tratteggiare un acrostico della parola 'lavoro', sarebbe interessante cogliere le molteplici sfumature sottese a questo concetto. Iniziamo con la lettera L come libertà. La libertà garantita all’articolo 4 della Costituzione di scegliere quale professione svolgere, quale contributo rendere allo sviluppo della società. Ma si è davvero liberi? Erano liberi quegli uomini  che hanno perso la vita su quei binari, abituati a lavorare in condizioni difficili, correndo ogni giorno rischi inimmaginabili. In fondo, è un film già visto. Non sono passati molti anni dal disastro della Thyssen Krupp. Ed è un vero peccato che nel nostro sistema normativo, il reato di strage non sia punito a titolo di dolo eventuale. Oltretutto, accanto all’accusa di omicidio colposo plurimo, sarebbe stato necessario, in quel caso, imputare i titolari dell’azienda torinese per riduzione in schiavitù. Perché è proprio questa la condizione di tutti coloro che sono costretti ad accettare l’inaccettabile per sbarcare il lunario, astenendosi, ovviamente, dal denunciare i soprusi subiti quotidianamente, pena la perdita di quelle poche certezze economiche su cui si fonda la propria esistenza e quella dei propri cari. Lettera A come amore. Amore per il proprio lavoro, qualunque esso sia. Ebbene sì, forse non è solo adattamento ciò che spinge il genere umano ad abbracciare con spirito di abnegazione la sua 'croce' giornaliera. Non è possibile dire se sia semplice autolesionismo o resilienza, tanto declamata al giorno d’oggi nei 'salotti buoni': possiamo solo constatare, ancora una volta, che la cifra dell’essere umano idonea a renderlo ontologicamente superiore a tutte le creature viventi consiste nella sua abilità, indipendentemente dal livello di istruzione o di estrazione sociale, nel cogliere un senso e uno scopo profondo nelle attività che si trova a svolgere, ancorché degradanti. Tanto emerge chiaramente dalle parole dell’operaio che, rivolgendosi ai suoi compagni, in base a ciò che ci viene restituito dalle risultanze audio di quella notte, li esorta a spostarsi all’arrivo del treno. Nel tono utilizzato dal giovane emerge, infatti, il profondo senso di solidarietà che lo legava ai suoi colleghi, nonché la radicata consapevolezza che il suo sacrificio quotidiano servisse a qualcosa. Lettera V come volontà. La volontà di lottare, anche solo per amore della lotta. Perché, come sosteneva il filosofo Fichte, "il valore della libertà non risiede nella sua conquista, ma nello sforzo profuso per raggiungerla". Si studia, si lavora, si suda quotidianamente per un risultato, anche a prescindere da esso. A tal proposito, risuonano quanto mai appropriate le parole di Giovanni Falcone, che sosteneva quanto fosse necessario compiere fino in fondo il proprio dovere, perché in ciò risiede la dignità dell’uomo. Il dovere per il dovere. Perché solo portando a termine la propria giornata lavorativa con diligenza e rigore, ci si sente veramente in pace con se stessi. Lettera O come orgoglio. L’orgoglio di poter guardare chiunque negli occhi. Di non dover mai abbassare lo sguardo e dire “grazie” ad alcuno, perché ci si è rifiutati di percorrere la “strada in discesa”. Lettera R come rispetto. Il rispetto che non c’é da parte di tutti coloro che, ricoprendo un ruolo datoriale, avrebbero avuto il sacrosanto obbligo di proteggere la vita dei loro dipendenti, osservando le leggi dello Stato. Rispetto di una legge destinata a restare lettera morta, vuota retorica se inattuata, se destinata a “non camminare sulle gambe degli uomini" verso cui è destinata. Lettera O come onore. L’onore degli uomini e delle donne che ogni giorno perdono la loro vita sul posto di lavoro, morendo nel corpo e nello spirito, lasciando le loro case, i propri familiari prim'ancora che faccia giorno, senza sapere se quella luce torneranno a vederla. L’onore per noi tutti, più privilegiati per le condizioni di vita, di essere loro debitori per l’esempio e il contributo operoso reso nell’anonimato di una quotidianità che scorre imperturbabile, traendo dal sacrificio di costoro la propria sicurezza.





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