Brandizzo (To), 30 agosto 2023. Quanto vale la vita di un
uomo? Questo è l’interrogativo che ha assalito l’opinione pubblica di fronte a quanto accaduto nella notte in cui
cinque operai hanno
perso la vita nello svolgimento delle proprie mansioni,
travolti da un treno, privi di ogni
tutela prevista per legge a presidio della loro incolumità. Se fosse possibile tratteggiare un acrostico della parola
'lavoro', sarebbe interessante cogliere le molteplici sfumature sottese a questo concetto. Iniziamo con la lettera
L come
libertà. La libertà garantita
all’articolo 4 della
Costituzione di scegliere quale professione svolgere, quale contributo rendere allo sviluppo della società. Ma si è davvero
liberi? Erano
liberi quegli uomini che hanno
perso la vita su quei binari, abituati a lavorare in
condizioni difficili, correndo ogni giorno rischi inimmaginabili. In fondo, è un
film già visto. Non sono passati molti anni dal disastro della
Thyssen Krupp. Ed è un vero peccato che nel nostro sistema normativo, il
reato di strage non sia punito a titolo di
dolo eventuale. Oltretutto, accanto all’accusa di
omicidio colposo plurimo, sarebbe stato necessario, in quel caso, imputare i titolari dell’azienda torinese per
riduzione in schiavitù. Perché è proprio questa la condizione di tutti coloro che sono
costretti ad
accettare l’inaccettabile per sbarcare il lunario, astenendosi, ovviamente, dal denunciare i
soprusi subiti quotidianamente, pena la perdita di quelle
poche certezze economiche su cui si fonda la propria esistenza e quella dei propri cari. Lettera
A come
amore. Amore per il proprio
lavoro, qualunque esso sia. Ebbene sì, forse non è solo
adattamento ciò che spinge il genere umano ad abbracciare con
spirito di abnegazione la sua
'croce' giornaliera. Non è possibile dire se sia semplice
autolesionismo o
resilienza, tanto declamata al giorno d’oggi nei
'salotti buoni': possiamo solo constatare, ancora una volta, che la cifra dell’essere umano idonea a renderlo ontologicamente superiore a tutte le creature viventi consiste nella sua
abilità, indipendentemente dal livello di istruzione o di estrazione sociale, nel cogliere un
senso e uno
scopo profondo nelle attività che si trova a svolgere, ancorché degradanti. Tanto emerge chiaramente dalle parole
dell’operaio che, rivolgendosi ai suoi compagni, in base a ciò che ci viene restituito dalle risultanze audio di quella notte, li
esorta a spostarsi all’arrivo del treno. Nel tono utilizzato dal giovane emerge, infatti, il profondo
senso di solidarietà che lo legava ai suoi colleghi, nonché la radicata consapevolezza che il suo
sacrificio quotidiano servisse a qualcosa. Lettera
V come
volontà. La volontà di lottare, anche solo per amore della lotta. Perché, come sosteneva il filosofo
Fichte, "il valore della libertà non risiede nella sua conquista, ma nello sforzo profuso per raggiungerla". Si studia, si lavora, si suda quotidianamente per un
risultato, anche a prescindere da esso. A tal proposito, risuonano quanto mai appropriate le parole di
Giovanni Falcone, che sosteneva quanto fosse necessario compiere fino in fondo
il proprio dovere, perché in ciò risiede la
dignità dell’uomo. Il dovere per il dovere. Perché solo portando a termine la propria
giornata lavorativa con diligenza e rigore, ci si sente veramente
in pace con se stessi. Lettera
O come
orgoglio. L’orgoglio di poter guardare chiunque negli occhi. Di non dover mai abbassare lo sguardo e dire
“grazie” ad alcuno, perché ci si è rifiutati di percorrere la
“strada in discesa”. Lettera
R come
rispetto. Il
rispetto che
non c’é da parte di tutti coloro che, ricoprendo un
ruolo datoriale, avrebbero avuto il sacrosanto
obbligo di proteggere la
vita dei loro
dipendenti, osservando le
leggi dello Stato. Rispetto di una
legge destinata a restare
lettera morta, vuota retorica se inattuata, se destinata a
“non camminare sulle gambe degli uomini" verso cui è destinata. Lettera
O come
onore. L’onore degli uomini e delle donne che ogni giorno perdono la loro
vita sul
posto di lavoro, morendo
nel corpo e nello spirito, lasciando le loro
case, i propri
familiari prim'ancora che faccia giorno, senza sapere se quella
luce torneranno a vederla.
L’onore per noi tutti, più privilegiati per le condizioni di vita, di essere loro
debitori per
l’esempio e il
contributo operoso reso
nell’anonimato di una quotidianità che scorre imperturbabile, traendo dal
sacrificio di costoro la propria
sicurezza.