Elisabetta ChiarelliSocial, croce e delizia dei nostri giorni. Ma siamo proprio sicuri sia stato un male introdurli nelle nostre vite? No, perché alcuni aspetti positivi, che discendono dalla loro capillare diffusione, sono platealmente visibili. Oltre che essere un inequivocabile indice del livello culturale e intellettivo di chi ne fa uso, hanno un pregio indiscutibile: mostrarci l’effettivo grado di interesse - o meglio, di disinteresse - che gli altri hanno per noi. In fondo, riflettiamoci un attimo. Prendiamo Whatsapp: non è abbastanza palese che il nostro interlocutore non ci presta sufficiente attenzione, se quella spuntatura corrispondente al nostro messaggio, scritto o vocale, non diventa blu? Oppure, se chi visualizzava fino a qualche tempo fa le ‘storie’ da noi ‘postate’, poi ha smesso di colpo e definitivamente di farlo? Cosa può significare, se non che, questa volta, una ‘storia’ lo siamo diventati noi? Si, già sappiamo cosa verrebbe da dire: dalle foto non si può capire esattamente la realtà, perché i social appiattiscono tutto e tutti, livellano ogni sfumatura dell’essere, spengono ogni emozione. Vero, sicuramente. Ma se tutto converge al bene del mondo, come sosteneva Sant’Agostino, perché non ammettere che, forse, anche la Provvidenza, nel XXI secolo, può diventare un po’ social? Che l’Altissimo possa servirsi anche delle moderne tecnologie per illuminarci sulle nostre scelte? Si dice sempre che, se qualcuno scompare dalle nostre vite, ciò avviene perché il Signore ha percepito conversazioni che noi non abbiamo ascoltato. E chissà che, attraverso i social, non voglia avvisarci di cambiare strada, di allontanarci da chi mostra di non tenere veramente a noi. Sì, i social non diranno tutto della vita di una persona. E sono capaci di creare emozioni fittizie, di amplificare spesso notizie inesistenti o di sottacere informazioni reali. Ed è vero che dietro i nostri profili ci siamo noi, che li abbiamo creati e ne facciamo uso. Ma è anche vero che, come tutte le opere d’arte si emancipano dal loro autore, anche i social assumono, alla fine, una propria identità, una propria anima, una propria autonoma forza comunicativa, capace di affermare la verità. E la verità, si sa, arriva quando vuole. E, oseremo aggiungere, come vuole.





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