Social, croce e delizia dei nostri giorni. Ma siamo proprio sicuri sia stato un
male introdurli nelle nostre vite? No, perché alcuni
aspetti positivi, che discendono dalla loro capillare diffusione, sono platealmente
visibili. Oltre che essere un inequivocabile indice del
livello culturale e
intellettivo di chi ne fa uso, hanno un
pregio indiscutibile: mostrarci
l’effettivo grado di interesse - o meglio, di disinteresse - che gli altri hanno per noi. In fondo, riflettiamoci un attimo. Prendiamo
Whatsapp: non è abbastanza palese che il nostro interlocutore non ci presta sufficiente attenzione, se quella
spuntatura corrispondente al nostro messaggio, scritto o vocale,
non diventa blu? Oppure, se chi visualizzava fino a qualche tempo fa le
‘storie’ da noi
‘postate’, poi ha smesso di colpo e definitivamente di
farlo? Cosa può significare, se non che, questa volta, una
‘storia’ lo
siamo diventati noi? Si, già sappiamo cosa verrebbe da dire: dalle foto non si può capire esattamente la
realtà, perché i
social appiattiscono tutto e tutti,
livellano ogni sfumatura dell’essere, spengono ogni emozione. Vero, sicuramente. Ma se tutto converge al bene del mondo, come sosteneva
Sant’Agostino, perché non ammettere che, forse, anche la
Provvidenza, nel XXI secolo, può diventare
un po’ social? Che
l’Altissimo possa servirsi anche delle moderne
tecnologie per illuminarci sulle nostre
scelte? Si dice sempre che, se qualcuno scompare dalle nostre vite, ciò avviene perché il
Signore ha percepito conversazioni che noi non abbiamo ascoltato. E chissà che, attraverso i
social, non voglia avvisarci di
cambiare strada, di allontanarci da chi mostra di non tenere veramente a noi. Sì, i
social non diranno tutto della vita di una persona. E sono capaci di creare
emozioni fittizie, di amplificare spesso
notizie inesistenti o di
sottacere informazioni reali. Ed è vero che dietro i nostri
profili ci siamo
noi, che li abbiamo
creati e ne
facciamo uso. Ma è anche vero che, come tutte le
opere d’arte si emancipano dal loro
autore, anche i
social assumono, alla fine, una propria
identità, una propria
anima, una propria autonoma
forza comunicativa, capace di affermare la
verità. E la
verità, si sa, arriva
quando vuole. E, oseremo aggiungere,
come vuole.