Viene proprio da gridarlo a gran voce, di fronte all’ennesimo sfoggio di
‘buonismo’ perbenista sul tema relativo alla condizione dei
detenuti, in occasione della più nota
kermesse canora d’Italia. Passi pure la più
amata/odiata dagli italiani, con i suoi
sproloqui autoreferenziali su se stessa a otto anni; passi anche il
bacio omosex in favore di telecamera. Ma, per cortesia, lasciamo i
detenuti e il loro dramma fuori dalla
tv generalista, capace solamente di
banalizzare ogni questione pur di non risolverla. Sembra che il problema di questo Paese sia sempre lo stesso: l’incapacità di trovare tempi e luoghi opportuni per
affrontare i problemi; l’irresistibile attrazione nel ridurre tutto a una
buffonata; l’abuso del diritto in favore di un esercizio distorto e manipolato degli strumenti di
comunicazione e di
dibattito che il sistema istituzionale ci fornisce. In pochi mesi di
legislatura, si è letto e sentito di tutto: dall’attore intellettualmente impegnato che blatera, in seconda serata, sulla tragicità delle
condizioni carcerarie, attribuendo a queste il suicidio di una povera
detenuta, in realtà motivato dal rifiuto della sua
famiglia a riaccoglierla in casa, agli
sproloqui sanremesi delle
‘signore per bene’ in
completo Dior. Speriamo che, prima o poi, qualcuno ci spieghi come la
complessità e la
tragicità di certe tematiche, quali il
femminicidio, il
bullismo, il
razzismo o le condizioni delle nostre
carceri, possano giungere adeguatamente all’attenzione dell’opinione pubblica
tra una canzone e
l’altra, un
lazzo, uno
scherzo e una
‘cantatina’ al
karaoke. Questioni che avrebbero un senso se solo non fosse palese ciò che è tremendamente visibile agli occhi di tutti. Ossia, che a tutti questi
benpensanti dei
‘quartieri alti’ non gliene può importare di meno della sofferenza dei
detenuti, di chi subisce il
razzismo o qualsiasi forma di
discriminazione, dei
femminicidi o degli episodi di
bullismo nelle scuole. Tutto viene ridotto a
slogan, moda del momento, notizia del giorno, lasciando il tempo che trova. Oggi,
l’establishment e la
classe politica di questo Paese ama discorrere delle condizioni carcerarie con la stessa
‘allure’ modaiola con cui si parla delle recenti
vacanze invernali a
Cortina. Resilienza e gentilezza sono ormai diventati termini
odiosi per quanto siano stati abusati e trasudino di
ipocrisia, in una società che tutto sa fare tranne che essere
gentile con il prossimo. Noi ci confermiamo il Paese della
farsa che si confonde con la
tragedia, in cui ogni cosa finisce in
barzelletta, dove tutto diventa decoroso e presentabile purché lo si sappia raccontare. Una realtà in cui il motto disneyano
“se puoi sognarlo, puoi farlo” si colora di significati tutt’altro che rassicuranti. Una società, insomma, in cui si è perso il senso del
limite e non si riesce più a distinguere il
vero dal
falso. E un’umanità sempre più
alienata, adagiata sull’ossequio a
vuote forme, per sottacere od occultare la carenza abissale di
contenuti. E’ veramente triste constatare come tutto questo sia divenuto evidente proprio in
Italia, ormai diventata terra di nessuno sotto il profilo
culturale, ostaggio di
un’omologazione devastante, sempre più consolidata nel proprio ruolo di
Repubblica delle banane. Spesso, si dice che la
stupidità si associ alla
cattiveria: noi pensiamo che la
prima sia anche
peggiore della seconda; che un devastante
dramma sociale sarà il prezzo che ci troveremo a pagare sull’altare del
qualunquismo e della
banalizzazione dei problemi, funzionali a eluderne la soluzione oltreché facili strumenti per
colpire l’avversario nella bagarre politica; e che risuonino quanto mai attuali le parole proferite nelle scritture, così profondamente veritiere nella loro
dimensione laica, per le quali si dovrebbe dire
“sì” quando si deve dire
“sì” e
“no”, quando si deve dire
“no”. Tutto il resto proviene dal
Maligno.