Pietro Pisano
Dopo il successo internazionale di ‘Dark’, gli autori dell’affascinate e cervellotica serie tv tedesca, Jantje Friese e Baran bo Odar, sono tornati in grande stile su Netflix con ‘1899’. Il prodotto televisivo è stato distribuito a partire dal 19 novembre dello scorso anno e, nonostante i buoni risultati di ascolti (257 milioni di ore di visualizzazione), che gli hanno permesso di rimanere nella top 10 per cinque settimane, ciò non ha convinto i vertici di Netflix a rinnovare lo show per una seconda stagione. La scelta del colosso dello streaming non deve stupire più di tanto: esiste ormai, nel panorama delle serie tv, un gran numero di piccole ‘perle’ che, nonostante l’apprezzamento incondizionato dei fans, sono state brutalmente cancellate e non più rinnovate per le stagioni successive. E’ questo il caso di ‘1899’, un lavoro pregevole, ma sicuramente complesso e di non immediata fruibilità, in controtendenza rispetto al trend delle serie televisive odierne: un rompicapo fantasmagorico che sembra uscito da uno strano incrocio tra ‘Titanic’ e ‘Lost’. Lo spettatore è invitato a seguire la storia del piroscafo di nome Kerberos, il quale trasporta con sé 1400 passeggeri da Southampton a New York City, alla fine del XIX secolo. La visione in lingua originale, in questo caso, è fortemente consigliata per poter immergersi nel caos babelico immaginato dagli autori, in cui lingue diverse cozzano l’una contro l’altra. Ogni passeggero della nave sembra voler fuggire da qualcosa e non è mai chi dice di essere, nascondendo dentro di sé un segreto inconfessabile. Ma i misteri non finiscono certo qui. Quattro mesi prima, infatti, una nave della stessa compagnia è scomparsa nel nulla con i suoi 1423 passeggeri, sempre in direzione New York, ma  secondo il capitano del Kerberos, Eyk, il messaggio di aiuto, recante dalle coordinate 44.57 e 59.60, potrebbe appartenere proprio al piroscafo scomparso, di nome Prometheus. Personaggi che non sono quello che dicono di essere, in fuga dalla loro vecchia vita e navi fantasma, misteri che si moltiplicano puntata dopo puntata: in ‘1899’ c’è tutto quello che i fans di ‘Dark’ potrebbero amare e quello che invece il pubblico generalista solitamente disprezza. Questo perché ‘1899’ è una serie televisiva che costringe lo spettatore a partecipare attivamente nella sua fruizione, lasciando ben poco spazio all’intrattenimento puro: il porsi continuamente delle domande su ciò che sta accadendo sul piccolo schermo è parte integrante del congegno narrativo messo in atto dagli autori. Il vero godimento dello spettacolo, in pratica, non consiste tanto nella rivelazione delle ultime puntante, come può accadere per un thriller convenzionale, quanto piuttosto nella stimolazione costante dell’immaginazione in chi osserva: un po’ com’era accaduto in passato per serie televisive quali ‘Lost’ e ‘Leftovers’. Menzione d’onore per l'eccellente fotografia e per l’ottima colonna sonora, che spazia tra vecchie canzoni rock dei Jefferson Airplane, Blue Oyster Cult, Black Sabbath, Echo and the Bunnymen e Jimi Hendrix, fino ad arrivare a David Bowie. Il finale, com’era prevedebile, lasciava presagire un ulteriore approfondimento di alcuni misteri lasciati in sospeso nel corso delle otto puntate. Ma Netflix ha deciso di non rinnovare la serie televisiva per una seconda stagione. Ci auguriamo che la petizione lanciata dai fans possa far cambiare idea ai vertici della piattaforma dello streaming, così da poter permettere agli autori di poter sciogliere i nodi lasciati in sospeso.





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