Proprio in questi giorni, all’Hotel Bristol di Genova, si è tenuta una bella mostra fotografica di assoluto successo dedicata al maestro del cinema thrilling: Alfred Hitchcock. Ma pochi conoscono il vero segreto 'filmico' del mago del brivido: la fotografia. Ebbene, il grande artista che ha saputo rappresentare meravigliosamente ambienti, sfondi e colori delle scene ‘hitchcockiane’ fu Robert Burks. Sin da 1951, infatti, con ‘L’altro uomo’ – ‘Strangers on a train’, il mitico Burks diresse la fotografia de: ‘Il delitto perfetto’ (1954); ‘La finestra sul cortile’ (1954); ‘L’uomo che sapeva troppo’ (1956); ‘Il ladro’ (1956); ‘La donna che visse due volte’ (1958); ‘Intrigo internazionale’ (1959); ‘Gli uccelli’ (1963); ‘Marnie’ (1964). Ovvero, alcuni tra i più celebri capolavori di Alfred Hitchcock, vincendo anche un Oscar, nel 1956, per ‘Caccia al ladro’. Burks infuse il proprio talento in quelle opere, che senza il suo contributo non sarebbero state le stesse. Lavorare fianco a fianco con un vulcanico regista, amante delle improvvisazioni sul set, come Hitchcock, significò per Burks reinventare, volta per volta, nuovi stratagemmi e trucchi fotografici: non era per il mero posizionamento e la diffusione delle luci, come nello 'smarmellamento' di Biascica in Boris, bensì un teorico della creazione di uno stile vero e proprio.
'Intrigo internazionale' e 'Gli uccelli': luce uniforme ed espressionismo
Se in 'Intrigo internazionale' non si ha mai la 'sensazione' di passare dalla visione di una luce naturale a una artificiale, grazie all’uniformità dell'illuminazione, nel film 'Gli uccelli', ogni trucco, ogni trovata fotografica e cinematografica conducono verso una visione apocalittica. Nella scena finale de 'Gli uccelli', la fotografia di Robert Burks ritorna alla pittura, in quello stile visionario che fu caro all’espressionismo. Molti critici pensano spesso a 'Caccia al ladro', dove tutto sa di vacanza, di fantasia, di colori. Ma è in 'Vertigo' che Robert Burks raggiunse i suoi apici artistici, mostrandoci dei personaggi quasi in rilievo, sebbene nascosti nella penombra. In molte scene, sembrano quasi disegnati con le matite colorate. Ne 'La donna che visse due volte', titolo italianizzato di 'Vertigo', nella scena girata al museo vediamo una Kim Novak di spalle, quasi assorta nella contemplazione di un dipinto inquadrato di fronte. Questa 'immagine nell'immagine', che sarà poi ripresa anche da Dario Argento in 'Profondo rosso', incastona una fotografia come immagine in movimento, ponendo in contrasto il fascino del vivente davanti alla morte: un tema assai caro per Alfred Hitchcock. E sempre ripensando all'ispirazione che Burks rappresentò per i registi della generazione successiva, come il già citato Dario Argento nella scena finale di 'Profondo rosso', il tema degli specchi sottolinea la doppiezza dell'umanità. E nei primi piani in penombra, spesso presi di profilo, il negativo è l'originale, il positivo è contraffazione: un vero e proprio ribaltamento logico. Come non notare, infine, il tema delle righe e delle spirali, che si presentano e ripresentano continuamente? Una vera 'fissa' per i critici degli anni '60 del secolo scorso. Anche perché, nel periodo in cui uscì nelle sale, 'Vertigo' ottenne un'accoglienza alquanto 'tiepida': solo dopo si cominciò a notare la sua ricchezza, che provocò molti sensi di colpa. Ma del "senno di poi, son piene le fosse".