Credo sia molto difficile poter dare, oggi, una risposta all’interrogativo:
“Che fare per l’Europa”?
Per poter rispondere ad una simile questione, infatti, bisognerebbe avere una serie di dati che attualmente ci mancano:
come si voterà alle Europee? Con quale
legge elettorale? Ci sarà lo sbarramento, l’incompatibilità fra i mandati parlamentari in Europa e in Italia? E ancora:
su quali energie possiamo contare? Quale concorrenza avremo di eventuali liste che si richiamano ai nostri stessi valori?
Si faranno le ‘liste uniche’?
Procediamo con ordine:
la legge elettorale. Che ci sia la volontà e la necessità di cambiarla è sicuro. Molto
meno sicuro è il fatto che ci si riesca.
Il proposito, condiviso dagli ‘stati maggiori’ della destra e della sinistra, è di fare una
legge con sbarramento e lista bloccata. Mi auguro che ciò non si giustifichi con l’opportunità di mandare in Europa
persone tecnicamente preparate, come se
in Europa la politica non ci fosse o non fosse politica anche
la misura delle zucchine ammesse sul mercato europeo. Anzi, si potrebbe osservare che se ad una
Costituzione che non disegna un’Europa di tipo federale ma lascia tutti i poteri nelle mani del
Consiglio Intergovernativo aggiungiamo anche un
Parlamento tecnico e politicizzato, constateremmo presto che, invece di fare un passo in avanti, abbiamo soltanto
camminato all’indietro.
Sappiamo, dunque, cosa si vorrebbe fare, ma non sappiamo altro. Nemmeno se ci sia l’intenzione di
recepire la Direttiva europea sulle incompatibilità, che lascerebbe un bel numero di posti vuoti gettando nella disperazione anche personaggi di peso, i quali, con l’instabilità dell’elettorato, vedrebbero scomparire anche una comoda ‘ruota di scorta’.
E’ evidente che, se passasse lo sbarramento,
la lista unica sarebbe quasi obbligata, a destra come a sinistra. Ma passerà? Per il momento, possiamo solo fare delle congetture.
Nel centrodestra spingono verso la lista unica
due formazioni in crisi, Alleanza Nazionale e Forza Italia, le quali non hanno nessuna voglia di ‘contare i voti’, nessuna voglia di sfidare
quell’implacabile termometro che è il voto proporzionale. A questi si oppongono
i democristiani di Follini, convinti di poter raccogliere consensi dai loro stessi alleati e, forse, anche dai ‘centristi delusi’ dell’opposizione. Si è già ‘chiamata fuori’
la Lega, che ha l’interesse prevalente di dimostrare che, al nord, i suoi voti sono
necessari ‘come il pane’.
Possiamo perciò concludere che, se non avrà un aiuto consistente dall’opposizione,
Berlusconi difficilmente riuscirà a vincere questa partita.
A sinistra, tuttavia, la situazione è
ancor più confusa, poiché ci sono più partiti e, soprattutto, perché
ci sono dei “sì” che in pectore sono dei ‘no’ e dei “no” che aspettano di conoscere il prezzo per diventare “sì”.
L’idea di
Romano Prodi di una
lista unica, fuori tempo e sconcertante, in luogo di favorire un chiarimento ha creato maggior confusione. Lanciata attraverso un’intervista pubblica, la sua proposta era, in realtà,
un diktat cui è fatalmente seguita una
‘marcia indietro’ (“Non mi candido alle Europee”), quando questa si è
arenata sul “no” di Rifondazione, Verdi e compagnia, trasformandosi in una possibile
unione tripartita Ds, Sdi e Margherita, con
l’Idv che ‘bussa alla porta’ ricacciata indietro dallo Sdi (“Non c’entra nulla col partito dei riformisti”) e tirata avanti dai Ds, secondo i quali – D’Alema –
Di Pietro rappresenterebbe la legalità contro l’illegale politica del governo sulla giustizia.
A questo punto, se non intervengono fatti nuovi,
la lista unica a sinistra non si fa. Ma, senza lista unica è molto probabile
non si faccia nemmeno quello sbarramento che a destra viene osteggiato dalla Lega e dall’Udc (con gli elettori non si sa mai: non sono sondaggi…) e che, a sinistra, sarebbe
un clamoroso favore a Bertinotti, ben lieto di poter inglobare nelle proprie fila i Verdi, i movimenti e i comunisti ‘rivali’ di Cossutta.
Fosse possibile trarre un pronostico da una simile situazione, io direi che, con molta probabilità, le elezioni vedranno
i partiti del centrodestra ognuno col proprio simbolo e, a sinistra, due sole formazioni: il partito dei riformisti e la sinistra antagonista, con Bertinotti, Cossutta, i Verdi e movimenti e tutto il mondo contro. La sorte di
Di Pietro è legata al
‘braccio di ferro’ tra Sdi e Ds. Tale situazione sarebbe per noi
favorevole, poiché la sinistra risulta clamorosamente
‘scoperta al centro’. Ha perfettamente ragione
Massimo D’Alema quando afferma che, a sinistra, chi ha mancato il compito è proprio
la Margherita, la quale non ha presentato
nessun uomo credibile per l’elettorato moderato. Tutto si è giocato sul nome di
Romano Prodi. E, se viene a mancare quello,
non sono certo Castagnetti o Rosy Bindi, Rutelli o Gentiloni che possono dare garanzie di moderazione.
Per la verità,
Francesco Rutelli tenta quel che può, ma ogni volta che azzarda una mezza parola deve poi retrocedere velocemente per non perdere il contatto con ‘la truppa’. E non credo che la presenza di
Boselli e Intini, anche se avrà il consenso di qualche
vecchio personaggio del Psi, valga a conciliare il mondo degli
ex comunisti con quel mondo di socialisti liberali, repubblicani, laici e radicali in cui Bettino Craxi ha trovato la forza per modernizzare l’Italia, battendo le due chiese, quella cattolica e quella comunista.
Questa conciliazione non è avvenuta e non può avvenire
senza la nostra presenza, perché siamo noi che abbiamo
tenuto alti i valori del laicismo, della democrazia e, soprattutto, della libertà e della giustizia, che la sinistra continua a calpestare tenendosi stretta la carta del
giustizialismo, fomentando il partito dei giudici e dando ancora retta a personaggi come
Di Pietro, che andrebbero lasciati nell’oblio ‘dorato’ che si sono guadagnati con le loro belle imprese.
La situazione
non sarebbe avversa nemmeno sull’altro fronte perché, considerati
Alleanza Nazionale e la Lega Nord fuori dal nostro mondo,
l’Udc di Casini e Follini, pur apprezzabile nelle sue posizioni, è totalmente imbevuto di spirito democristiano mentre
Forza Italia rappresenta, tutt’ora, un pianeta di tali dimensioni e talmente inesplorato che possiamo solo dire con certezza che
non ha ancora trovato le sue fortune nello spirito laico che noi, invece, intendiamo far valere.
Non vedo, dunque, nemmeno da quella parte, concorrenze dirette e mortali. Certo, sarebbe interessante sapere se, ad esempio,
Alfredo Biondi e tutti gli altri (e sono parecchi) che hanno annunciato sui giornali la costituzione di gruppi e di future liste liberali, avranno il fiato e i mezzi per arrivare a elezioni impegnative come quelle europee. E, oltre a quello che fanno gli altri, non sarebbe male se cominciassimo un nostro piccolo
censimento, una verifica delle nostre forze organizzative, poiché queste, congiuntamente a dei validi punti di riferimento sparsi sul territorio, sono elementi
indispensabili per il successo anche delle idee più brillanti.
La situazione generale non è contraria, insomma, e la sua stessa evoluzione non si pone di traverso ai nostri progetti e/o desideri. Potremmo addirittura
trovare occasioni di grande favore, ma occorre innanzitutto
riunire le nostre energie, sapere quali impegni siamo in grado di suscitare, insomma:
essere credibili. Questa è davvero la condizione essenziale in ogni cosa e, ciò, significa anche che
non dobbiamo restare con le mani in mano.
Reagire, lottare, riassociarsi e riorganizzarsi è soprattutto il compito e il dovere di chi è sconfitto, disperso, perseguitato e calunniato, di chi veramente
non intende ‘piegare il capo’ in segno di rassegnazione.
Non bisogna avere nostalgia del passato, che naturalmente non è stato esente da errori, bensì guardare al futuro, modificando con decisione una situazione che ha dato solo
frutti amari, perversi, avvelenati. Chi oggi guarda al futuro dell’Italia con intelligenza, con lungimiranza, con l’animo aperto, con passione civile e con spirito di dedizione verso il proprio Paese, non può non trovare in se stesso la forza per
concorrere ad una svolta decisiva e radicale per riportare una grande nazione, che non merita la sorte che sta subendo, sulla sua
strada maestra. E’ perciò nostro dovere assumere una
decisa iniziativa, compiendo un’analisi corretta della condizione in cui vive il Paese, la sua democrazia, la sua economia, il suo Stato di diritto e denunciando le cose come stanno a voce alta, al fine di contribuire a risolvere tutti gli elementi di crisi che si stanno accumulando nella società italiana.
Ognuno faccia ciò che può fare. E mi auguro si possa
farlo insieme.