Matteo Messina Denaro, il boss della mafia arrestato nei giorni scorsi, è un appassionato di arte. A suo modo, ovviamente. Si sta infatti cercando, in questi giorni, un altro ‘covo’, in cui si pensa possano essere ritrovate numerose opere di valore, da tempo rubate o trafugate. Il noto ex latitante si è dato molto da fare nel settore, tramite una complessa rete di ricettatori e tombaroli. Si pensa addirittura di poter scovare alcuni reperti archeologici trafugati presso il sito del parco archeologico di Selinunte. E diversi pentiti, tra i quali Giovanni Brusca, hanno confermato l’interesse archeologico di Messina Denaro e la rilevanza dei suoi traffici per rastrellare risorse finanziarie. Si tratta di una passione, chiamiamola così, ereditata dal padre Francesco, detto ‘Ciccio’, noto trafficante degli anni ’60 del secolo scorso, che grazie a una trattativa riguardante l’Efebo Selinuntino, una statua di bronzo risalente al 400 a. C., era riuscito a intascare una grossa cifra per quei tempi. Eccolo l’interesse per l’arte e il patrimonio artistico di queste onorabili persone: esse non sono un patrimonio collettivo da conservare o da restaurare, ma una fonte di entrate di cui appropriarsi indebitamente. La mafia è capace di vendersi il nostro patrimonio artistico, che sempre più significativamente rappresenta il nostro Paese. Sempre Giovanni Brusca avrebbe rivelato che i siti dove furono collocate le bombe del 1993 furono scelti in base a un criterio storico-artistico: i Palazzi Lateranensi e il Velabro a Roma; gli Uffizi di Firenze; il Padiglione di arte contemporanea di via Palestro a Milano. Perché è la nostra cultura, il vero nemico da abbattere. E il nostro patrimonio artistico viene visto come un qualcosa da rubare. E’ come se la mafia avesse cercato di sottrarci la nostra identità. La quale, non corrisponde al confuso nazionalismo di sedicenti “Patrioti”, ma un qualcosa di millenario, che affonda le sue radici nella Storia più antica, agli albori della nostra stessa civiltà. La cultura è la nostra identità più autentica. Quella più profonda, basata su una ricerca continua della verità. E non certo sulle furbizie opportunistiche delle verità automatiche e superficiali.