La recente
Cop (Conferenza Onu delle Parti contro i cambiamenti climatici del pianeta, ndr) tenutasi di recente a
Glasgow, in
Scozia, non sarà stata tutta un
“bla, bla, bla” come strepitato da
Greta Thunberg per le strade di
Milano, ma invero oggi appare come una
serie di accordi internazionali e
provvedimenti ancora solo
genericamente accennati. Al punto da farci constatare di essere ancora, su questo versante politico, a
‘carissimo amico’. Il mondo si è trovato nella condizione di poter fattivamente invertire il
cambiamento climatico, ma non è riuscito a farlo. E il
2022 rischia di trasformarsi nell’ennesimo
‘anno storto’. L’intesa tra
Pechino e
Washington sembrava aver acceso alcune speranze, per qualche giorno. Infatti, per non entrare in
collisione frontale, le due potenze hanno preferito deviare sulle
emissioni di metano: niente di
seducente, dal punto di vista ambientale, dato che le attese più sentite ricadevano sulle
emissioni di Co2, considerando tutto il carbone che la
Cina consumerà ancora nei prossimi anni. E invece, niente da fare: i
ghiacci polari sono destinati a
scomparire e il
livello delle acque dell’intero pianeta a
innalzarsi. Insomma, il grido d'allarme sul
riscaldamento globale continua a restare
inascoltato dalla
politica mondiale. Ed è per questo motivo che il
documento finale emerso dalla recente
Cop26 appare
deludente. Pur delineando un
quadro generale che comprende tutti i possibili aspetti del
cambiamento climatico, nessuna
iniziativa concreta su un’area specifica viene intrapresa: sembra quasi che
nessuno sappia da dove cominciare. Una
vaga volontà complessiva di ridurre le
emissioni per rallentare il riscaldamento del globo
non serve a granché, nel momento e nella misura in cui tutta la
Co2 emessa negli ultimi due secoli resta lì esattamente dove si trova, mantenendo ancora a lungo
l'effetto serra. Una prima idea consisteva nel
catturare l'anidride carbonica dall'atmosfera e utilizzarla come nuova forma di
combustibile. Ma di questo, nel
documento finale emerso dalle lunghe
giornate scozzesi, non vi è alcun cenno. Una seconda ipotesi poteva esser quella di prevedere un
piano di investimenti in ricerca e sviluppo: un’operazione scientifica paragonabile al
‘Progetto Manhattan’ per salvare il pianeta, rimuovendo la
Co2 dall'emisfero atmosferico o mettendo in pratica altre tecniche di
bioingegneria. Se riuscissimo infatti a ripristinare la
calotta polare artica, per esempio, si innescherebbe un
circolo virtuoso, poiché il nuovo ghiaccio contribuirebbe a
raffreddare la Terra, proteggendo i
fondali polari, che senza ghiacci galleggianti sul mare rischiano di
rilasciare il metano che essi trattengono: un fenomeno che, già di per sé, sta provocando l’innalzamento della
temperatura terrestre. Insomma, da qualche parte bisogna
cominciare. Se ci sono problemi di
sostenibilità finanziaria, si scelga l’idea più
conveniente o le soluzioni più
ingegnose. Potrebbe, infatti, già essere
troppo tardi: siamo sul punto di
condannare a morte il nostro il
pianeta. Senza renderci conto che, così facendo,
condanniamo noi stessi e le
generazioni future.