In un
bosco, un
contadino e una
persona di città non vedono le stesse cose: la loro percezione del luogo in cui si trovano è completamente
differente. Ciò è ancor più valido
nell’arte, dove è possibile vedere solo ciò che già si conosce. Nell’arte, infatti, le opere si sottraggono al loro destino di
semplice immagine. Ed è per questo motivo che, spesso, per comprendere un’opera
non basta guardarla, anche se la osserviamo a lungo. L’arte non è un
gioco a ostacoli: siamo noi osservatori a essere viziati dal
‘piattume’ della
società dell’immagine, la quale pretende che tutto sia rappresentabile, immediatamente fruibile, facilmente comprensibile. E questo accade non solo nel campo
dell’arte, ma anche in tutti gli altri settori della conoscenza: ci sentiamo tutti
medici, giudici, allenatori di calcio, attori e
maestri di scuola. Invece, non siamo nulla di tutto ciò. E questo abbassa notevolmente la
qualità del pensiero critico, che non è affatto
‘omologabile’. Non basta osservare un’opera d’arte con gli
occhi, dimenticando che è il
cervello l’organo che ci permette di ammirarla. E anche il
cuore, la passione e le nostre
sensazioni giocano un loro ruolo. Anche se è vero che il
gusto artistico è
relativo, ci sono alcune caratteristiche delle opere d’arte che possono essere considerate una
‘misura’, al fine di valutare senza troppe approssimazioni la capacità di un artista di
comunicare il significato del suo lavoro. Per questo motivo, persino la
critica viene da alcuni considerata
un’arte a sé stante. Ogni critico utilizza un approccio differente, ma esiste un vero e proprio
‘protocollo’ definito per criticare le opere d’arte. E non è affatto necessario essere un
curatore museale o uno
storico dell’arte, per valutare criticamente una
rassegna o una
mostra qualsiasi. Innanzitutto, perché un punto di vista
‘esterno’ risulta quasi sempre
più credibile per il suo
distacco, che aumenta la
razionalità del giudizio, anche quando l’opera è già immediatamente notevole di per sé, oppure ne risulta largamente riconosciuta la
validità. In secondo luogo, la
critica presa nel suo complesso, includendo cioè anche le
recensioni teatrali o
letterarie che, per esempio, spesso leggiamo sul presente
sito web di
approfondimento, seguono alcune
‘coordinate’ che sarebbe sempre bene usare come
strumenti, o
‘rudimenti’ fondamentali e che si possono riassumere nei seguenti punti:
a) descrizione dell'opera;
b) analisi tecnica;
c) interpretazione;
d) breve storia dell’artista o del periodo in cui egli generò la sua opera;
e) appartenenza a un
‘filone culturale’ preciso dell’artista e spiegarne, anche sommariamente, le caratteristiche;
f) influenze culturali o artistiche;
g) descrizione di alcuni dettagli minimali e di come essi si amalgamano insieme ad altri o nell’opera complessiva. Insomma, anche
l’arte è un qualcosa che bisogna
saper osservare, per presentarne una critica. Non si tratta del semplice
giudizio di chi nella vita
non fa nulla di artistico. Criticare – e ciò vale anche negli altri campi – non significa rimanere seduti sulla
‘scala di astrazione’ senza far niente. Anche perché si rischia di
scrivere o di
affermare sempre le stesse
banali fissità, poiché anche la
critica corre il pericolo di
schematizzarsi diventando
ideologia, totalità dottrinaria, in una parola:
dogma. Insomma,
l’arte rimane un momento di
pura soggettività dell’artista. E ogni artista bisogna saperlo
‘leggere’, anche quando non ci piace. Perché bisogna per lo meno sapere di cosa si sta parlando, quando si
critica un’opera o un
artista qualsiasi. Ed è questa la vera difficoltà della
critica, anche se ciò non riguarda, ovviamente, soltanto il nostro Paese, per fortuna.