Pietro PisanoTutti dietro a ‘Perseverance’, per vedere cosa diamine potrebbe trovare su Marte. E invece, la notizia arriva direttamente dalla Nasa, dove la biondissima scienziata irlandese, docente presso la Open University (Uk), Lauren McKeown, è riuscita a provare ‘l’ipotesi di Kieffer’. “Questa ricerca presenta la prima serie di prove empiriche per spiegare un processo ancora non del tutto noto, che si pensa modifichi il paesaggio polare su Marte”, riferisce la studiosa. “L’ipotesi di Kieffer è stata ben accettata per oltre un decennio, ma fino a ora era rimasta confinata a un contesto puramente teorico. Gli esperimenti mostrano prove tangibili che i ‘ragni’ su Marte possono essere scolpiti dalla conversione diretta del ghiaccio secco, dal solido al gas”. Niente a che vedere, dunque, con una famiglia particolare di ‘aracnidi marziani’, che avrebbero potuto dar vita alle ipotesi peggiori di contattisti e ufologi, ovvero che la tipologia più probabile di extraterrestri che potremmo incontrare sarebbe di natura ‘insettoide’. Per fortuna, non si tratta di questo. Stiamo, invece, parlando di una scienziata da sempre ‘in fissa’ per canali, crepacci e depressioni della ‘crosta marziana’. In questo caso, stiamo parlando di scanalature create da alcuni gas, definiti ‘spiders’ dal geofisico Hugh Kieffer, a causa delle loro forme. Canali e crepacci che lo scienziato americano aveva studiato attraverso le osservazioni orbitali delle primissime sonde satellitari inviate dagli americani. Si tratta, insomma, di strani canaloni a forma di ‘stella marina’ che si trovano, principalmente, nelle regioni polari meridionali del pianeta rosso, mai osservate su nessun altro corpo celeste, cometa o asteroide del nostro sistema solare: un fenomeno che avviene solamente su Marte, probabilmente a causa della sua particolare distanza dal sole e per la sua orbita intorno alla nostra stella. La ricerca condotta dalla scienziata Lauren McKeown ha ricavato, finalmente, una prova concreta di quella che era nota come ‘ipotesi di Kieffer’, la quale ipotizzava l’origine di queste ramificazioni frattali di Marte nell'innalzamento di anidride carbonica congelata. Un processo di superficie, che modifica in continuazione il paesaggio polare del pianeta. La qual cosa è indubbiamente interessante e originale: un po’ come se ci recassimo in Groenlandia per una vacanza estiva e, tornandoci l’anno successivo, la trovassimo geologicamente diversa, con vallate, montagne e vulcani che l’anno prima non c’erano per niente. L’idea di un pianeta ‘geologicamente dinamico’, che cioè continua a mutare i suoi paesaggi da un anno all’altro, fino a oggi veniva accettata dalla comunità scientifica solo come mero assunto teorico, dato che si trattava di un’ipotesi palesemente plausibile, che capita anche sulla Terra, benché con tempistiche evolutive assai più lente, quasi impercettibili. Ma l’esito degli esperimenti della ‘biondissima’ McKeown ha mostrato che i modelli di ‘ragno’ che osserviamo dall’orbita intorno a Marte possono essere scolpiti dalla conversione diretta del ghiaccio secco dallo stato solido, direttamente a quello gassoso. Infatti, Marte è più lontano dal sole rispetto a noi. Pertanto, nelle sue stagioni invernali, l’anidride carbonica (Co2), di cui è piena la sua atmosfera, si congela al suolo. Ma quando il pianeta, durante la stagione primaverile, si riavvicina al sole, la sua orbita comincia a riscaldare il ghiaccio, che diventa gassoso senza passare per lo stato liquido. Tali ‘lastre’, infine, si spaccano, creando gli strani canali scolpiti nel terreno. Il geofisico Kieffer, lo studioso che aveva formulato per primo questa teoria, aveva provato a ricreare il processo in laboratorio, ma non era mai riuscito a ottenere le prove di quanto aveva intuito. Ora che, invece, conosciamo il fenomeno, possiamo studiare ancora più a fondo la natura di Marte e dei suoi cicli stagionali.





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