Anche
l'America vola verso la legalizzazione della
cannabis. Oltre che per l'elezione del nuovo
presidente degli
Stati Uniti e il rinnovo del
Congresso, in numerosi
Stati americani si è votato su vari
quesiti referendari, tra cui la legalizzazione della
marijuana. Gli elettori di
Arizona, New Jersey, Montana e
Sud Dakota hanno votato a favore della
legalizzazione della
marijuana a scopo ricreativo. Sale così a
15 (16, con il distretto di
Columbia) il numero degli
Stati Usa dove i cittadini di età superiore ai
21 anni possono liberamente fare uso di
cannabis. E' stato inoltre approvato in
Mississippi il quesito referendario sulla legalizzazione della
marijuana a
scopo terapeutico, portando a
35 il numero degli
Stati in cui è legale l'uso medico della
marijuana. Secondo
Bloomberg, l'erba è, in qualche forma, legale per il
70% della popolazione statunitense. E un terzo del Paese non ha nemmeno bisogno di specifiche necessità di tipo
medico. Il risultato referendario ha avuto un effetto benefico anche sugli indici di
Wall Street, che hanno visto un rimbalzo positivo dei titoli delle aziende che operano nel settore della
canapa. Ciò che si è notato nell'opinione pubblica americana è che, a differenza del passato, tutto questo è avvenuto senza molto
clamore. Ma proprio questo è il momento che le
aziende di cannabis e i loro
investitori stavano aspettando: essere considerati
un'industria legittima e rendere la
cannabis normale come il
'cibo spazzatura', gli
alcolici e gli altri
vizi che si trovano da tempo nei negozi di tutta
l'America. La nuova
amministrazione Biden non potrà non affrontare il tema della
legalizzazione della
cannabis a livello federale, vista anche l'apertura dell'opinione pubblica americana verso questo tema. Secondo un sondaggio del
2019, effettuato dal
'Pew Research Center' (Centro di ricerca Pew, un
think tank statunitense che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica, andamenti demografici sugli
Stati Uniti e il mondo in generale,
ndr), i due terzi degli americani affermano che l'uso di
marijuana dovrebbe essere legale, confermando un costante aumento di consensi nell'ultimo decennio: la quota di adulti statunitensi che si oppongono alla legalizzazione è scesa dal
52% nel
2010 al
32% di oggi. Ma non è mutato solo l'orientamento
dell'opinione pubblica: la
legalizzazione della
cannabis viene auspicata soprattutto dalle aziende che hanno
investito nel settore e che, in un periodo economico non facile, sono tra le imprese che stanno trainando in modo positivo gli indici di
Wall Street. Se il presidente uscente,
Donald Trump, non ha mai ostacolato o fatto
'barricate' contro gli
Stati che, prima o durante la sua presidenza, avevano scelto di regolamentare il
mercato della marijuana, il nuovo presidente,
Joe Biden, durante la campagna elettorale ha promesso che la sua amministrazione perseguirà la
depenalizzazione della
marijuana e l'annullamento definitivo delle pene per le persone con precedenti
condanne per
detenzione di cannabis, favorendo anche la legalizzazione della
cannabis medica attraverso una serie di
'linee guida' generiche, al fine di consentire ai singoli Stati come stabilire le proprie politiche. Inoltre, la vicepresidente,
Kamala Harris, nelle cui vene scorre
sangue giamaicano, è stata recentemente molto chiara in favore della legalizzazione. Durante un'intervista rilasciata qualche tempo fa a
Charlamagne Tha God, il conduttore del popolare programma radiofonico di
New York intitolato
'The Breakfast Club', la
Harris ha anche ammesso di aver
fumato marijuana "tanto tempo fa", ha chiarito la politica dei
'democrats' in materia e ha usato parole molto semplici e molto chiare:
"L'erba dà gioia a molte persone e noi abbiamo bisogno di più gioia, di questi tempi". Secondo
Karen O'Keefe, direttore delle politiche statali per la
'Marijuana Policy Project', la più grande organizzazione che lavora esclusivamente alla riforma della politica sulla
marijuana negli
Stati Uniti, fondata nel
1995 da
Rob Kampia, grazie alla quale sono state approvate
13 leggi sulla
cannabis medica negli ultimi
15 anni, "un numero record di Stati legalizzerà la marijuana nel 2021, sia per le pressioni finanziarie, sia per l'imperativo di ridurre molti fatti di ingiustizia sociale non necessarie nelle interazioni tra polizia e civili". Matthew Schweich, vicedirettore del progetto, per parte sua spera che la decisione degli elettori
nell'Election Day costituisca
"un punto di svolta per un dibattito nazionale" e ha affermato che
"la ragione per cui c'è un dibattito al Congresso sono le vittorie che ci sono state a livello statale", auspicando infine che
"il Congresso affronti e risolva il problema a livello federale già a partire 2021". Insomma, mentre in
Italia si
'pasticcia' sugli emendamenti sanitari inerenti agli estratti della
'cannabis light', non recependo le direttive europee - come avvenuto, invece, in
Svizzera, Spagna, Francia e
Germania - senza avere una
visione progettuale di lungo respiro nonché lasciando nell'incertezza un
settore economico sano e con delle potenzialità enormi in un periodo di crisi economica,
dall'America arriva un forte
'vento' che strappa alle
mafie una merce che proprio le
politiche proibizioniste finiscono col far circolare in forme
incontrollate e
nocive. Probabilmente, se gli
antichi greci avessero introdotto la coltivazione della
cannabis, anziché quella della
vite e se
Gesù Cristo avesse condiviso con gli apostoli una
'canna' alla fine dell'ultima cena, oggi probabilmente parleremmo di
ben altro.