Shinzo Abe, a lungo premier del
Giappone, è stato un primo ministro che ha saputo stabilizzare la
politica nipponica. Un esempio che dovremmo studiare e approfondire meglio, invece di continuare a proporre dei
leader divisivi come se vivessimo tutti quanti sugli spalti di uno
stadio calcistico. E le sue dimissioni di questi giorni, per motivi di salute, pone un problema di
'eredità' che non sarà semplice da risolvere per la
classe politica giapponese, dato che certi
leader carismatici, ma al contempo
competenti, non nascono come i
'funghi', al contrario di quanto si crede qui da noi. Di orientamento
liberista, egli ha saputo rafforzare i
consumi interni creando quel minimo di
inflazione che ha consentito al
Giappone di abbattere la propria
disoccupazione interna, nonostante le
congiunture economiche internazionali non fossero
semplici. Insomma, un
leader che ha sempre avuto le sue idee e, vivaddio, le ha realizzate: la vera
'misurazione' della
politica dovrebbe funzionare esattamente così. Certo, la crescita del
Pil non è stata imponente, nel suo lungo mandato di potere. Ma ribadiamo: ad altri non è andata molto meglio. A cominciare dagli
Stati Uniti. In ogni caso, è vera una cosa: i Paesi con un
alto debito pubblico -
Giappone e
Italia in primis - anche nelle fasi di ripresa
'trottano', ma non
'galoppano'. La
'Abenomics' ha tuttavia avuto il craggio di fare quelle
liberalizzazioni che i mercati chiedevano, riassorbendo un tasso di disoccupazione che, negli
anni '90 del secolo scorso, era divenuto preoccupante. Oltre a ciò,
Abe ha saputo rilanciare il settore delle
auto giapponesi, rafforzando la posizione del
'sol levante' sui
mercati internazionali. Ciò, nonostante le lunghe fasi di
crisi economica globale che il mondo intero ha attraversato e uno
'tsunami' devastante, nel
2011, che tutti ricordiamo. C'è molto da imparare da
leader di questo tipo: altro che le
'balle' di
Salvini. E si tenga anche presente la pandemia da
coronavirus di quest'anno, che ha obbligato il
Giappone a rinviare le
Olimpiadi di Tokyo, previste proprio per questo
'scorcio' di
fine estate 2020. Un'occasione per rafforzare gli
investimenti pubblici ed evitare le critiche provenienti dal
fronte socialdemocratico e da quello
'neo-ambientalista'. Negli
anni '70 del secolo scorso, proprio il
Giappone fu il Paese che per primo promosse l'idea del
risparmio energetico e gli investimenti nei settori a
basso consumo: una politica perseguita con
coerenza fino a oggi. E che dovrebbe essere rilanciata, anche al fine di esautorare l'opposizione, cogliendone i
suggerimenti migliori. Ma il vero
'segreto' del
Giappone, in realtà, è un altro: siamo di fronte a un
popolo socialmente 'compatto', orgoglioso delle proprie antichissime
tradizioni, ma altresì capace di
coniugare una politica di
modernizzazione con una
manutenzione attenta del proprio territorio, anche per via dei suoi numerosi
terremoti. Un esempio di
'normalità' e di
equilibrio che dovremmo emulare, anziché ostinarci nelle nostre
liti tardo-ideologiche da 'cortile'.