Noi socialisti del Nuovo Psi siamo stati i primi a prendere atto della
crisi irreversibile del bipolarismo, un sistema politico che in questi anni non ha saputo dare
risposte concrete ai bisogni del Paese. Un
nuovo soggetto politico in grado di riorganizzare
tutta l’area laica, socialista, liberale e radicale rappresenterebbe, perciò,
un contributo forte per lo sbocco positivo di questa crisi. In ciò, noi ci sentiamo vincolati da una decisione congressuale. Abbiamo infatti celebrato un
Congresso ‘vero’ che, fra l’altro, ci è anche costato una
dolorosa scissione da parte del Segretario Nazionale uscente proprio sulla questione politica delle
alleanze. Per cui, sarebbe davvero strano se noi adesso non confermassimo tale scelta. Questo è stato, infatti, il nostro punto di partenza: una decisione chiara nell’ambito del centro-sinistra in funzione del nuovo soggetto politico,
la ‘Rosa nel pugno’, da costruire assieme ai socialisti dello Sdi e ai radicali. Il nuovo soggetto deve essere una forza riformista che assuma responsabilità di governo e che, in quanto tale, cerchi di dare soluzioni ai problemi del Paese. La diatriba con
De Michelis, a questo punto, può considerarsi
superata. Egli ancora si attarda nella rivendicazione di un ruolo che non può più appartenergli, dopo aver abbandonato un Congresso che aveva perso sia sul piano politico, sia su quello organizzativo. Le cose, sotto tale aspetto, mi appaiono assolutamente lampanti e lineari e, se costretti, ci rivolgeremo alla magistratura, anche se lo faremo molto a malincuore, poiché secondo noi il nodo politico è stato sciolto da un
Congresso legittimo che ha eletto un
nuovo Segretario e, di conseguenza una nuova Assemblea nazionale, una nuova Direzione e, di recente, nuovi organi di Segreteria. L’alleanza con
lo Sdi e i radicali, invece, per quanto ci riguarda è ancora nella
fase di avvio. Per noi si è trattato una
scelta di fondo, che abbiamo confermato anche nella recente Direzione Nazionale: ma il nostro interesse è quello di costruire
un vero soggetto politico e non solo un’alleanza elettorale, perché le due cose sono
sostanzialmente diverse.
Se dobbiamo discutere e impegnarci per la costruzione di una nuova formazione politica, diviene infatti essenziale discutere assieme
la base programmatica. Il profilo di una compagine del genere dipende
dai contenuti, dai valori, dai programmi e dai simboli. Questa nuova forza deve rappresentare
la sintesi o, meglio,
la fusione tra l’esperienza dei socialisti riformisti e dei radicali. E, per far questo, è necessario un approfondimento della piattaforma che i radicali e lo Sdi definiscono
“i punti di Fiuggi”, che noi non possiamo accettare
a scatola chiusa. Se, invece, si vuole solo tentare un’alleanza elettorale, cosa che a noi interessa molto meno, tale operazione si può anche fare discutendo
solo su alcuni elementi programmatici, anche se, in tal caso,
il discorso diviene assai meno impegnativo. Ad esempio,
lo Sdi e i radicali, per parte propria, hanno
già presentato il simbolo della “Rosa nel pugno”: noi non abbiamo
nulla in contrario, in linea di principio, che sia questo il simbolo adottato dal nuovo soggetto politico. Però, abbiamo avanzato una proposta per
mantenere anche quello del garofano, allo scopo di tenere il nuovo soggetto politico strettamente
collegato alla storia socialista del nostro Paese, che non può essere, in nessun modo,
archiviata. Questa nostra proposta non ha ancora avuto un riscontro favorevole, ma continueremo a lavorare e ad insistere,
soprattutto con Boselli e con i socialisti dello Sdi, sull’obiettivo
dell’Unità socialista, che non è
affatto contraddittoria o alternativa al progetto di fusione con i radicali e che può allargare moltissimo l’area di un progetto che, altrimenti, rischierebbe di presentarsi con una base di consenso molto più ristretta. Per quanto concerne, infine, il tema della
laicità dello Stato, io ritengo che i socialisti, intorno a ciò, non debbano esprimere nessun atto di fede, poiché
la nostra laicità è a prova di bomba, a partire dalla
divisione con i comunisti, nel 1947, sull’approvazione dell’articolo 7 della Costituzione. Lo stesso
Concordato stipulato da
Bettino Craxi nel 1984 credo che mantenga
il principio della sovranità dello Stato, riconoscendo alla Chiesa una funzione importante. Certamente, gli accordi si possono aggiornare e rivedere. Tuttavia, io non parlerei per nulla
di abolizione o di superamento del Concordato, perché penso che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, in questi anni, abbiano funzionato, anche se, soprattutto in quest’ultima fase - e anche a causa del vuoto della politica – indubbiamente vi è stato un intervento sempre maggiore delle gerarchie ecclesiastiche sulla vita pubblica del Paese. Ma se di offensiva si tratta, certamente essa va bloccata, ragionando, però,
non certo in termini di scontro o di ritorsione.