Giovanna Albi

E’ Chemnitz, in Germania, la capitale europea della cultura per l’anno 2025, con un tema dedicato alla ‘città industriale’. Le varie iniziative in programma stanno già prendendo il via già in questo mese di gennaio, con un festival di strada e un calendario ricco di eventi, che porranno in evidenza gli spazi più nascosti di questa cittadina della Sassonia. Tra i progetti più interessanti, ‘Purple Path’: un percorso artistico che attraversa i comuni della regione, unendo città e campagna in una straordinaria rete all'insegna dell'arte contemporanea. Celebri artisti internazionali, come Alice Aycock e Tony Cragg esporranno opere in dialogo con il territorio, fondendo Storia e modernità, in un affascinante intreccio tra creatività e innovazione. La barriera divisoria che sembra separare, in molte parti d’Europa, la vita di città da quella di provincia discende da un errato effetto, a macchia di leopardo, della globalizzazione: tale critica viene ormai accettata pacificamente. Come nell'installazione ‘7 colours for a Chimney’ di Daniel Buren, che suggerisce la creazione di un ponte simbolico fra la tradizione e il futuro artistico della Sassonia, decorando paesaggi rurali al fine di rappresentare un'eredità artistica vibrante. L'itinerario previsto dai vari appuntamenti intende, appunto, rinsaldare il rapporto tra Chemnitz e le comunità circostanti, promuovendo uno scambio culturale che superi i confini territoriali e sociali, offrendo nuove opportunità di crescita e scambio. Ma dietro ogni angolo di Chemnitz c’è la Storia che si racconta. Come, per esempio, nel progetto dei ‘#3000Garages’, volto a trasformare le vicende del passato in una realtà tangibile. I garage, infatti, divennero luoghi di rifugio sia durante la seconda guerra mondiale, sia nella successiva epoca comunista dell'ex Ddr. E l’idea di riqualificare questi ambienti, trasformandoli in luoghi di incontro, ha prodotto un nuovo modello di convivenza per l’organizzazione di festival, laboratori culturali ed eventi, trasformando i cortili dei garage in aree di condivisione sociale. Anche altre iniziative, come il 'Garage-Campus' e la riqualificazione della Hartmannfabrik, riflettono tale approccio partecipativo ben radicato tra gli stanziali della regione, che nel caso di Chemnitz vede l’ateismo dominare per circa l’80% della popolazione, dopo un secolare dominio protestante e i regimi militaristi e totalitari subiti durante l'epoca ‘bismarkiana’ e nel XX secolo. “Non si tratta solo di presentare una sorta di diversità culturale della Sassonia”, ha dichiarato Andrea Pier, responsabile di Chemnitz 2025, “ma di creare strutture di lungo termine, che rafforzino in modo sostenibile il potenziale economico della regione”. L’intento inclusivo di queste parole è evidente: un’occasione simile non va sprecata rinchiudendosi dentro una gabbia di diversità razionalista. Tuttavia, in un’epoca in cui le religioni stanno dando il peggio di sé, la ‘diversità’ di Chemnitz è, senz’altro, una buona ‘boccata d’ossigeno’.


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