Quello di
'Necropolis', pubblicato ad aprile per i tipi di
Chiarelettere, è un immaginario che, pur alimentandosi di letteratura distopica, di ascendenze letterarie e filosofiche illustri, se ne discosta per creare qualcosa di molto diverso: si potrebbe citare allora la fantascienza di
Philip Dick, oppure la psichedelia dei romanzi più estremi di
William S. Burroughs, il pessimismo di filosofi quali
Nietzsche e
Cioran, le considerazioni
sull'essere-per-la-morte di
Heidegger, oppure ancora la psicanalisi di
Freud. Ma più che a un modello particolare, sia esso filosofico o letterario,
Giordano Tedoldi, l'autore di
Necropolis, rimane fedele a una sua idea di letteratura, quasi in antitesi alla gelida asciuttezza e allo stile asettico della prosa minimalista, assai in voga presso il panorama editoriale contemporaneo. Lo scrittore romano è ormai da tempo conosciuto come
'l'enfant terrible della nostra Repubblica delle Lettere', secondo le parole di
Gianluca Barbera. A cominciare dal suo esordio, nel
2006, con i racconti
'Io odio John Updike' (Fazi Editore), fino ad arrivare ai romanzi
'I segnalati' (Fazi, 2013) e
'Tabù' (Tunué, 2017). Ma a lasciare sorpresi è la complessità di scrittura di
Tedoldi, mai fine a sé stessa e sempre finalizzata a districarsi tra gli elementi narrativi in gioco. Una voce personale e matura, a volte addirittura caustica nella sua furia iconoclasta. Un'ironia tagliente, ma allo stesso tempo elegante. In
'Necropolis', terzo romanzo di questo autore, si viene catapultati, in quanto lettori, verso una realtà altra e futuribile, nel paese del
'Campo Terzo', seguendo da vicino il viaggio del
Maresciallo Yarden nelle vaste architetture di una fantasmagorica necropoli divisa in due parti distinte, alla ricerca di un luogo dove questi possa trovare, da vivo, una degna sepoltura. L'esplorazione di
Yarden in compagnia del tredicenne
Rama, suo nipote,
dell'androide Pierre e del
negromante Max, assume i contorni di una vera e propria
'catabasi', debitrice in parte di quella dantesca della
'Commedia' laddove visioni e spettri provenienti dall'oltretomba si mescolano a una tecnologia che consente la possibilità di dialogare e interagire con i defunti. Se la
'Necropoli Ovest' è scarna, caratterizzata dal motto
'Vivi per la tua morte' e da un'essenza mistica, opaca, la
'Necropoli Est', il cui motto è
'Muori per la vita degli altri', ha invece fatto proprio l'ethos della trasparenza ed è costituita interamente da una imponente struttura spaziale, trionfo della razionalità e della tecnica. Il
'Campo Terzo' che
Tedoldi ci descrive è dunque un mondo compromesso dalla
perdita di un 'centro', lacerato da fratture irreversibili e dalla crisi dell'uomo in un futuro possibile, che interroga il nostro stesso presente. Un mondo dove ogni sognatore
"riferisce di aver sperimentato la perdita del centro" almeno una volta alla settimana, all'interno di una incomprensibile
Visione Collettiva di cui nessuno riesce a comprenderne il significato:
"Come tutti, sogno la Visione Collettiva, ma non so cosa significhi. E penso che, in fondo, la domanda sia insolubile". Tra le pagine del romanzo incontriamo
militari decaduti, che si vedono costretti a diventare cavie per la diffusione di nuovi farmaci e droghe;
'semidonne', ovvero creature ermafrodite che profetizzano l'estinzione del maschio
"così come la scienza ha ucciso Dio"; un
poeta suicida, i cui versi riescono a colonizzare in maniera subliminale l'immaginazione dei suoi ascoltatori; un
virus di provenienza extraterrestre, la cui diffusione sembra essere collegata alla vendita di vaccini. Ecco, quindi, che l'operazione di
Tedoldi si fa politica e, allo stesso tempo, pura e autentica espressione giacché, come lo stesso autore ha riferito in un post su
Facebook: "Necropolis non è una distopia, ma una riflessione sulla Storia e sulla disperazione della civiltà", un'interpretazione in chiave letteraria del
'Disagio della civiltà' di
Sigmund Freud. Con questo libro, lo scrittore romano si conferma definitivamente come una delle voci più incisive e originali della nostra letteratura, consegnandoci un testo da leggere e rileggere per gli anni a venire.