L'assenza del nostro
'primo ministro pro-tempore' dal
Consiglio dei premier europei durante il cordoglio verso le vittime della strage di
Strasburgo è la fotografia significativa di una
settimana tragica, in cui sono emerse, oramai con evidenza, le inadeguatezze e la sprovvedutezza di questo Governo di fronte alle sfide del nostro tempo. Sfide che sono di natura politica generale, di sicurezza e di benessere economico
dell'Italia e
dell'Unione. Una prolungatissima e capricciosa trattativa su ogni dossier con gli
Stati membri dell'Ue, una polemica che li ha visti affrontare a
'muso duro' praticamente quasi tutti i
partners su tutte le questioni, alla fine ha condotto
l'Italia non a essere una nazione più rispettata, ma più
isolata, in preda ai
miasmi di una coalizione adatta solamente a
fare opposizione e
propaganda elettorale, ma assolutamente priva di una
univocità del progetto politico attraverso il quale s'intende proiettare
l'Italia nel prossimo futuro. I problemi non si risolvono in sei mesi: questo è vero. Ma i problemi non possono nemmeno aggravarsi. E la stipula di un
contratto non mette al riparo nessuna forza politica dall'incedere di
eventi mutevoli, di condizioni politiche generali che segnano la difficoltà del tempo nel quale viviamo, che esige un di più di responsabilità e di fermezza. Sono in crisi le grandi
democrazie d'Europa, ciascuna per motivi diversi:
l'Inghilterra che ne sta uscendo; la
Germania che vede il desìo dell'era
Merkel; la
Francia, per la fragilità di
Macron; la
Spagna con la sua fragilità politica e crisi territoriale.
L'Italia non poteva restarne immune e, anzi, ha peggiorato le condizioni e lo stato d'animo di molti settori, sia della vita pubblica, sia dello stato sociale. Possono anche andare avanti, questi nostri governanti, ciascuno tirando il proprio
'carro', ma le contraddizioni sono scoppiate assai prima del previsto e prima del
voto di maggio, che esse aspettavano con fiducia, sperando in un benevolo
'assegno' elettorale
'in bianco'. Questo non significa che é in campo ed è pronta
un'alternativa: il campo del
centro-sinistra è ancora segnato dalle sue sconfitte e divisioni. Ciò non toglie, che una
risposta politica sensata e
responsabile sia in via di formazione. Non si tratta soltanto di aggregati organizzativi, ma di nuove e più concrete
consapevolezze, che la strada che è stata intrapresa attraverso
'l'amalgama populista' non porta fuori il Paese dalla crisi, né rappresenta una prospettiva di rilancio. Inoltre, troppi
'veleni' sono stati immessi nella società, troppi
imperativi che rispondono alla
cultura dell'intolleranza verso il prossimo, che sia diverso per il
colore della pelle, o semplicemente perché
straniero. L'Italia, che è una grande nazione, deve poter difendere i propri legittimi interessi, sapendo farsi rispettare ed essendo in prima fila in
Europa, nel
Mediterraneo e nel
mondo, non rinchiudendosi in una stantìa versione
dell'autarchia fascista, che andava bene (absit..)
settanta anni fa e non nel
XXI secolo. I vecchi riformisti ci hanno insegnato come l'impegno per la
pace, la
libertà e
l'unità dell'Europa fosse il più risolutivo degli strumenti. Solo
l'Unità degli Stati d'Europa, in una cornice profondamente modificata, in cui prevalgano gli interessi reali dei cittadini, si conferma come disegno possibile.
Un'Europa sociale, che non lasci soli di fronte al proprio destino i ceti e le aree più povere, o quelle più in ritardo e lontane dai livelli di sviluppo e di benessere largamente diffusi. Questa è la grande sfida cui si trovano nuovamente di fronte i
Partiti socialisti europei: solo
"provando e riprovando" eviteremo di trovarci di fronte a una risposta ideologica consunta, rinnovando l'attualità, la forza e il fascino contenuto, da sempre, nel
messaggio socialista.